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 2014  novembre 09 Domenica calendario

ADDIO ALLA PADANIA, ARIETE MEDIATICO DEI LUMBÀRD


MILANO L’8 gennaio 1997 il debutto in edicola, con un articolo a firma Umberto Bossi, il prossimo 30 novembre l’addio ai lettori. Dal primo dicembre la Padania, ultimo giornale di partito, non sarà più in edicola e nemmeno sul web. Dopo diciotto anni di battaglie secessioniste, di invettive a tutta pagina contro «Roma ladrona», sopravvissuto alla cacciata del Senatur e rilanciato dal nuovo corso del segretario Matteo Salvini, il quotidiano padano chiude i battenti. Venerdì è stato comunicato al comitato di redazione l’avvio della cassa integrazione per tutti i dipendenti dell’Editoriale Nord. I soldi sono finiti, si fermano le rotative. Tutta colpa dei tagli all’editoria decisi dal governo Renzi, accusa Salvini. Ma il sindacato dei cronisti interno all’azienda attacca anche la dirigenza di Via Bellerio, che «nonostante le prospettive di crescita dei consensi politico-elettorali che tutti i sondaggi le riconoscono, ha deciso di non rinnovare il proprio contributo al bilancio dell’Editoriale Nord».
COLPO DI GRAZIA
Poiché la crisi infuria anche sui conti del Carroccio, non c’erano alternative, replica Salvini. «La Lega è al risparmio su tutto e quindi non ha rinnovato il proprio contributo all’Editoriale. In questo caso si tratta però anche dell’ennesimo bavaglio calato dal governo Renzi, il quale riduce i contributi per l’editoria che esistevano da anni», contrattacca. E così «oltre alla Padania chiuderanno centinaia di piccole testate locali e di settimanali storici. Chi ci perde è solo il territorio e la libertà di informazione. Mi dispiace perché sono migliaia di posti di lavoro che Renzi taglia come se nulla fosse». Il sogno della secessione si infrange così contro lo scoglio della mancanza di quattrini, peraltro foraggiati con generosità alla Padania proprio dal governo centrale dal cui il Carroccio sogna di sganciarsi. Grazie ai contributi all’editoria solo nell’ultimo triennio nelle casse del giornale sono affluiti oltre 8 milioni di euro: 2,6 milioni nel 2011, 3,4 milioni nel 2012, poco più di 2 milioni nel 2013. E ora, senza il paracadute dei finanziamenti di Stato, il quotidiano di via Bellerio si è schiantato al suolo. «Comunque non ci arrendiamo, lavoriamo per restare almeno su internet», promette Salvini. Che dal 2006 al 2013 è stato anche direttore di Radio Padania, unico media di partito sopravvissuto ai tagli.
«SCELTA POLITICA»
La direttrice Aurora Lussana si allinea all’analisi del segretario. «Indubbiamente ci sono stati anche errori gestionali interni nel passato ma questa botta del taglio al fondo per l’editoria ha decurtato dell’80% i nostri introiti e poiché la Lega non può più garantirci il contributo che ha sempre dato siamo in ginocchio. Fin dal marzo scorso - spiega - abbiamo ridotto all’osso le spese e il personale, fatto sacrifici di ogni tipo ma non basta. Col taglio drammatico dell’oligarca Renzi per noi finisce la corsa». Ma il comitato di redazione punta l’indice contro i vertici del partito. «Anche in via Bellerio è stata fatta una scelta politico-editoriale che ha condotto alla cancellazione di una testata che ha rappresentato l’unica voce delle battaglie del movimento e che oggi è l’ultimo quotidiano di partito sopravvissuto in edicola». Quattordici giornalisti e cinque tipografi andranno in cassa integrazione mentre Salvini, pronto a lanciare una nuova formazione politica e determinato a prendersi il centrodestra, dovrà farlo senza il fuoco amico della Padania.