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 2014  novembre 09 Domenica calendario

SE UNA LEGGE IMPEDISCE LE SPARATORIE NEI FILM


«Mi sono affrettato a girare tante scene di sparatorie delle fiction che ho attualmente in produzione — “Squadra mobile” e “Squadra antimafia” — perché non so che farò da domani. Se la situazione non si risolverà sarò costretto ad andare all’estero». Perché ora il problema è che sul set, in Italia, non si potrà più sparare.
Pietro Valsecchi, uno dei migliori produttori cinematografici e di serie televisive che abbiamo in Italia (qualche titolo dei suoi successi: «Distretto di polizia», «Ris Delitti Imperfetti», «Il capo dei capi») è dunque corso ai ripari mettendo fretta ai suoi attori, ma certo la questione deve trovare una soluzione seria. Venerdì, in un comunicato congiunto, Anica, associazione nazionale delle industrie cinematografiche; e Apt, associazione dei produttori televisivi, hanno diramato un comunicato molto allarmato: «A partire da oggi ogni fornitura di armi ad uso scenico si ferma, e con essa si fermano tutti i set cinematografici e di fiction d’azione. Le perdite economiche si annunciano ingenti. Tutto ciò a causa della Legge che regolamenta la detenzione e l’uso delle armi a uso scenico». Una legge che una commissione ha cambiato con «norme tecnicamente opinabili, oggettivamente inapplicabili».
Una situazione tipicamente italiana. Spiega infatti Valsecchi a cui chiediamo di spiegarci come funzionano le sparatorie sui set. Le armi sono vere o finte? «Come accade in tutta Europa si spara con armi vere, modificate ovviamente. Le stesse fabbriche d’armi applicavano le modifiche necessarie affinché le pallottole non potessero uscire dalla canna. E certificavano che la pistola sparava a salve. Da qualche tempo una commissione del Ministero degli Interni stava lavorando per cambiare le cose. Che sono appunto cambiate da venerdì. Ma secondo le armerie queste nuove modifiche non vanno bene e dunque le armi non possono essere certificate. Da qui il blocco totale».
Domanda ingenua: perché non usare pistole giocattolo? «Perché si vedrebbe. È una questione anche di peso, del rapporto che l’attore/gangster/killer instaura in quel momento con l’arma. Con il giocattolo non si crea». Se non fosse che di mezzo ci sono posti di lavoro che potrebbero saltare, ci sarebbe da ridere. In America i ragazzini sparano nei licei e noi non possiamo più fare dei bei polizieschi.
Conclude amaro Valsecchi: «Spero davvero che ci si incontri e che il problema venga risolto. La Taodue (società di produzione di Valsecchi, ndr) dà lavoro a 15mila persone all’anno. E io voglio continuare a produrre e mantenere l’industria qui, in Italia. Ma se non mi mettono più nelle condizioni di girare un film d’azione che devo fare?».