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 2014  novembre 09 Domenica calendario

COSÌ MIO FIGLIO ARBITRO PICCHIATO IN CAMPO MI HA RESO FIERO DI LUI»


DALLA NOSTRA INVIATA Martignano (Lecce) Se esistesse un giorno esatto per diventare adulti Luigi saprebbe qual è stato il suo: domenica 26 ottobre, su un campo da calcio della provincia di Lecce.
Infilato nella divisa da arbitro e con l’energia dei suoi 17 anni, «è un po’ come se quel giorno fosse diventato grande», per dirla con suo padre Daniele. Ha capito che il rispetto delle regole è meno comune di quanto gli fosse mai sembrato. Ha imparato che la ragionevolezza e la giustizia sono armi potenti contro la violenza e si è fermato a riflettere sul senso dello sport e della competizione.
Mentre incassava pugni e calci da sconosciuti, Luigi non immaginava il modo di vendicarsi ma l’angoscia del padre che, al di là della rete, lo aveva visto prima sopraffatto in campo e poi scomparire nello spogliatoio. È un poliziotto, Daniele Rosato. Sa per esperienza che basta l’insensatezza di un violento — uno solo — per fare danni enormi. «Papà starà morendo di preoccupazione» sapeva fin troppo bene Luigi. E mentre tastava il naso gonfio di botte non restituiva né pugni né calci, piuttosto pensava a sua madre Antonella, che avrebbe visto l’acqua rossa di sangue lavando la maglietta nera.
«Possibile arrivare a tanto per un gioco?» si è chiesto quel giovane arbitro mentre l’ambulanza lo portava in ospedale. Possibile, sì, come raccontano troppo spesso le cronache. E stavolta è capitato proprio a lui, per un fischio non gradito durante la partita di seconda categoria fra l’Atletico Cavallino e il Cutrofiano.
Botte e insulti. «Quando l’ho visto mi è sembrato terrorizzato ma si è sforzato di sorridermi e mi ha buttato le braccia al collo» racconta Daniele. «Papà non ti preoccupare, va tutto bene» ha mentito Luigi, «ho solo perso tanto sangue dal naso...». Quel «tutto bene» è diventato una prognosi di 21 giorni per contusioni varie e una distorsione del rachide cervicale. Suo padre ci ripensa e si emoziona: «Mi ha commosso quel suo insistere per rassicurarmi e il dispiacere che provava per quello che era successo, più che per se stesso. Mi ha quasi chiesto scusa per ciò che avevo visto...».
Fosse stato un problema al computer Luigi (classe quinta all’Istituto Tecnico di Maglie) avrebbe saputo subito cosa fare, bravo com’è da meritare un 10 in informatica per aver creato una app... Ma stavolta il problema era la mancanza di rispetto, l’arroganza. Quale app usare? Quel ragazzino si è messo davanti al computer e ne ha inventata una fatta di parole semplici: una lettera «per dire grazie al buono che c’è», riassume suo padre Daniele. Per far arrivare i suoi ringraziamenti alla Federazione Gioco Calcio, ai «colleghi arbitri di tutt’Italia», agli amici per «non avermi mai lasciato solo» e, soprattutto, ai suoi genitori. «A te papà, grazie» ha scritto «perché oltre a sopportare freddo, vento e i soliti insulti rivolti a me, hai sopportato tanta rabbia per quello che è successo... grazie perché solo con il tuo abbraccio mi sono sentito al sicuro». E «grazie a te, mamma, perché nonostante lavavi la mia divisa sporca di sangue con gli occhi lucidi di pianto, mi hai incoraggiato e sostenuto con il tuo sorriso».
Una pagina che ha commosso tutti, non certo un «discorsetto così», come l’ha chiamato Luigi.
«È la cosa più bella che io abbia mai letto» dice Daniele. E spiega: «Due sere dopo l’aggressione l’hanno invitato a una riunione di arbitri. Ci ha detto “mi sono preparato due appunti per i giovanissimi” e avrebbe dovuto leggerlì lì. Ma davanti all’applauso della sala si è emozionato e non è riuscito a farlo, così ha poi diffuso quel che aveva scritto via facebook». Un tripudio. Le parole di Luigi hanno sfondato i muri dell’indifferenza e nell’arco di poche ore hanno fatto il giro completo del mondo patinato del calcio. Gli hanno mandato messaggi in migliaia, la sua lettera è diventata una bandiera contro la violenza nel calcio, lo hanno chiamato gli arbitri suoi idoli da sempre. Pierluigi Collina ha scritto di lui sulla Gazzetta ricordando se stesso arbitrare da ragazzino: «Ho rivisto il mio papà che come il suo mi ha accompagnato tante volte..».
«Io ho solo scritto dei pensieri semplici, è pazzesco» si è stupito Luigi parlandone con i suoi e con sua sorella Giulia.
Suo padre sorride: «A casa ci sembra di vivere un sogno. Con quelle parole mi ha ripagato di tutti i sacrifici che un genitore può fare per un figlio. E la cosa di cui andiamo più fieri è che Luigi è riuscito a trasformare la brutta parentesi di quel giorno in un’opportunità per far passare un messaggio positivo». Ci è riuscito usando una app speciale: il buonsenso.