Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  novembre 08 Sabato calendario

QUEL VORTICE POTENTE CHE NASCE DAL MARE


«È un fenomeno abbastanza raro, il ciclone che si è abbattuto su Lampedusa e sulla Sicilia ed ha delle caratteristiche uniche nel panorama degli eventi meteorologici di una certa violenza» spiega Massimiliano Pasqui dell’Istituto di biometeorologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). Intanto, ha una sua classificazione precisa «Tropical like cyclone», cioè cicloni di tipo tropicale per distinguerli da quelli veri tropicali ben più grandi e disastrosi.
Infatti questo si è generato come evoluzione dell’area ciclonica che ha portato il maltempo di questi giorni. «Proprio per tale motivo — aggiunge Pasqui — viene anche chiamato “minimo secondario” e a favorirlo sono state le particolari condizioni ambientali che ha incontrato, una sorta di combinazione anch’essa eccezionale di correnti, disponibilità di energia fornita dal mare e uno scontro con masse d’aria piuttosto compatte».
Il risultato è quindi un ciclone di dimensioni più piccole, cinque volte meno rispetto ai fratelli maggiori degli oceani che raggiungono i 400 chilometri di diametro. Anche i venti sono naturalmente inferiori con una velocità intorno o di poco superiore ai cento chilometri orari, un valore che li pone al livello più basso della scala Saffir-Simpson.
Tuttavia, come è facile capire, non sono certo trascurabili perché la forza generata può essere distruttiva anche in zone lontane dall’«occhio» centrale nelle quali i flussi sono meno intensi. Inoltre, le sue caratteristiche favoriscono la nascita di temporali di forte intensità e le zone che possono risultare più colpite sono quelle costiere. «Insomma — precisa Pasqui — il fenomeno in grado di durare fino ad un paio di giorni è anomalo nella sua natura ed è difficile esprimere una previsione perché non è in questo momento possibile capire l’evoluzione della situazione in maniera ragionevole e precisa».
Tanti, perciò, sono i motivi che lo rendono un particolare oggetto di studio da parte dei fisici dell’atmosfera. «Si tratta di un ciclone unico e atipico — nota Andrea Buzzi dell’Università di Bologna e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr —. Nel Mediterraneo però si manifesta in media quattro volte l’anno, mentre colpisce l’Italia una o due volte sempre nell’arco dei dodici mesi. Uno studioso del Massachusetts institute of technology (Mit) di Boston li ha classificati proprio come “Mediterranean Hurricanes” per la loro specifica identità».In genere per svilupparsi hanno bisogno di zone di mare aperto e soprattutto di una differenza di temperatura notevole tra la superficie e l’aria sovrastante la quale innesca una dinamica delle correnti piuttosto intensa e complessa.
Sono soprattutto il calore e l’evaporazione marina a fornire l’energia capace di alimentare il fenomeno. I cicloni, in genere, hanno la loro stagione che si sviluppa in particolare tra luglio e ottobre e settembre è il mese peggiore. In novembre si è nella fase discendente ma pure dicembre può riservare delle sorprese perché alcuni statisticamente si verificano persino nelle ultime settimane dell’anno.
«Qualcosa di analogo ai piccoli cicloni mediterranei — ricorda Buzzi — lo si può vedere nelle zone polari, ma la situazione in quel caso, pur con alcune similitudini, resta molto diversa. Siamo comunque davanti ad un fenomeno strano che per le sue caratteristiche impegna da tempo i ricercatori».