Dario Di Vico, Corriere della Sera 08/11/2014, 8 novembre 2014
LIMITI AGLI SCIOPERI, SPETTACOLI SALVI LA RITIRATA DEI DURI DELL’OPERA
Nel pieno di quello che viene considerato l’ennesimo autunno caldo italiano spuntano, in due situazioni (territorialmente) lontane tra loro, accordi che prevedono una moratoria degli scioperi o comunque un «raffreddamento della conflittualità». La sorpresa diventa doppia quando si scopre che a siglare queste intese sono le rappresentanze sindacali degli orchestrali e dei lavoratori dell’Opera di Roma e del Teatro Massimo di Palermo che, per vie diverse, sono arrivate alle medesime conclusioni. Ovvero che senza accettare un drastico piano di tagli agli stipendi e senza concordare limitazioni pur temporanee alla possibilità di far saltare gli spettacoli non si va da nessuna parte.
Ma come è stato possibile che la lirica italiana sia diventata nel giro di poco tempo un laboratorio di relazioni sindacali pragmatiche? Così ragionevoli da capovolgere il senso della felliniana «Prova d’orchestra» che invece denunciava il sindacalismo anarcoide di origine sessantottina?
La prima riposta è immediata: i sindacati hanno dovuto fare di necessità virtù. In entrambi i casi, a Palermo come a Roma, avrebbero rischiato grosso, in Sicilia c’è da coprire un buco di tre milioni e nella Capitale si era già materializzata l’ipotesi di un clamoroso licenziamento collettivo e della liquidazione del teatro. Senza rimettere in discussione produttività e flessibilità — termini che sanno di fabbrica e che questa volta verranno usati per misurare concerti e balletti — i due enti non avrebbero avuto futuro.
Racconta Francesco Giambrone, sovrintendente del Teatro Massimo di Palermo dal luglio di quest’anno: «Non è solo una resa, è anche cambiato il clima culturale. Se non fosse stato così non saremmo riusciti a negoziare un accordo con i sindacati velocemente e in silenzio. I teatri devono mettersi in condizione di produrre di più e lo devono fare contenendo i costi. Una volta sarebbe stato impossibile, ora tutti conveniamo che è la sola strada che abbiamo davanti». L’intesa sottoscritta in Sicilia tra le parti (Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom, Fials-Cisal e Fondazione Teatro Massimo) prevede per il 2014 un taglio straordinario dei costi del personale pari a 1,3 milioni (nelle buste paga più ricche vorrà dire anche 5 mila euro annui in meno mentre sulle quelle più modeste il calo sarà di 1.200 euro annui), mentre dal 2015 entrerà in vigore un accordo triennale che farà calare di 840 mila il monte stipendi oltre a riorganizzare tutta una serie di funzioni aziendali. A garanzia di questo percorso di risanamento i sindacati si sono altresì impegnati a una moratoria per una serie di spettacoli «a bollino rosso» che non posso assolutamente saltare come le tournée all’estero e gli eventi sponsorizzati. In totale le serate che a fine 2014 saranno tra le 70 e le 80 dovranno diventare dal 2016 almeno cento.
A Roma la svolta culturale dei sindacati è stata ancora più repentina e la scelta di ridurre la conflittualità decisamente radicale. Davanti i rappresentanti dei lavoratori avevano il rischio concreto di 180 licenziamenti e persino della liquidazione del teatro, ma avevano anche vissuto una drammatica spaccatura dei sindacati con la Cgil in posizione oltranzista e gli altri più possibilisti. Cosa è cambiato? Secondo Massimo Di Franco, responsabile della Cisl, «non potevamo lasciare la scena a cooperative anonime che avrebbero varato una produzione raccogliticcia, dovevamo salvare la qualità». Per Alberto Manzini della Cgil: «Siamo tornati a discutere perché abbiamo visto un atteggiamento diverso da parte del sovraintendente Fuortes. Accantonati i licenziamenti non c’è nessuna remora a sfidare l’azienda sulla produttività, anzi». Nel concreto il risanamento prevede il congelamento del premio di produzione e la rinuncia a varie indennità, di cui diverse anacronistiche .
Ma la vera novità è nell’impegno a produrre di più: finora gli orchestrali dell’Opera di Roma erano impegnati solo 125 giorni l’anno mentre Venezia — solo per fare un esempio — lavora il doppio. In virtù dell’intesa «salva teatro» le recite liriche (salvo Caracalla) nel 2015 da 51 diventeranno 71. Quanto agli scioperi Cisl e Cgil hanno ancora qualche divergenza lessicale, i primi sono per una moratoria mentre i secondi optano per «relazioni industriali che raffreddino la conflittualità». Ma lo spartito è comunque cambiato.