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 2014  novembre 08 Sabato calendario

LE NASCOSTE IMPERFEZIONI DELL’ITALICUM


Dopo otto mesi, torna in scena la legge elettorale: il risveglio della Bella addormentata. Adesso Renzi ha fretta, Berlusconi ha flemma. Sicché la querelle è tutta sui tempi, sul calendario che dovrà celebrare il lieto evento. Anche l’idea di trasferire il premio di maggioranza (dalla coalizione al partito più votato) non ha acceso troppe baruffe tra i due commensali. L’essenziale, per il primo, è d’agguantare un altro trofeo, sventolandolo dinanzi agli elettori. L’essenziale, per il secondo, è che continui a sventolare la legislatura, dato che lui non riesce più ad agguantare gli elettori.
Domanda: ma non potremmo fare presto e bene? Perché l’ Italicum è un male, anzi un maleficio costituzionale. Ci è capitata già una volta (col Porcellum ) l’esperienza di una legge elettorale stracciata poi dalla Consulta. Due volte no, sarebbe un imbroglio al quadrato. Sennonché l’ Italicum imbroglia i principi iscritti nella Carta. Quali? Primo: la parità di genere. Promossa dall’articolo 51 della Costituzione, bocciata nel testo uscito il 12 marzo dalla Camera. Secondo: le pluricandidature. Per effetto di quel testo, capi e caporali di partito possono candidarsi in 8 collegi, diventando plurieletti; dopo di che dovranno scegliere, giacché nessuno può sedersi contemporaneamente su 8 poltrone. E i loro votanti negli altri 7 collegi? Buggerati. Terzo: le liste bloccate. Dunque parlamentari nominati dai partiti, anziché scelti dai cittadini. Per la Consulta (sentenza n. 1 del 2014) questo sistema «ferisce la logica della rappresentanza».
Ma con l’ Italicum i nominati restano, la ferita pure. Tuttavia il colpo mortale — al buon senso, oltre che alla Costituzione — è ancora un altro. Perché l’ Italicum s’applica alla Camera, non anche al Senato. Lì resta un proporzionale puro, il Consultellum . Ma è ragionevole votare con due marchingegni opposti? Risponde, di nuovo, la Consulta: questa scelta schizofrenica «favorisce la formazione di maggioranze non coincidenti nei due rami del Parlamento, pur in presenza di una distribuzione del voto nell’insieme sostanzialmente omogenea». E dunque offende «i principi di proporzionalità e ragionevolezza». Insomma, non è in questione la legittimità di qualche differenza tra Camera e Senato. Dopotutto, le nostre assemblee legislative hanno già numeri diversi (630 deputati, 315 senatori), una diversa anagrafe (25 e 40 anni per occuparvi un seggio), un diverso corpo elettorale (alla Camera si vota a 18 anni, al Senato a 25).
Non è un problema neppure la scelta fra maggioritario e proporzionale. L’uno sacrifica la rappresentatività del Parlamento in nome della governabilità, l’altro procede in direzione opposta. E infatti abbiamo fin qui sperimentato sia il primo che il secondo: votando con un proporzionale nella prima Repubblica, con un maggioritario durante la seconda. L’importante è non elidere del tutto il valore di volta in volta recessivo, privandoci d’un minimo di democrazia o privando la democrazia della stessa possibilità di funzionare. Ma è altrettanto importante che la scelta — quale che sia la scelta — esponga una motivazione razionale, ed è qui che casca l’asino, anzi l’ Italicum . Perché il supermaggioritario della Camera viene annullato dal superproporzionale del Senato, lasciandoci infine con le tasche vuote: senza democrazia, senza governo.
Domanda bis: ma i nostri legislatori non lo sanno che la loro creatura è figlia illegittima della Costituzione legittima? Lo sanno, lo sanno. Anche se hanno cercato d’appellarsi alla riforma del Senato, per giustificare la trovata. Balle: ammesso che la riforma veda mai la luce, ammesso che il Senato elettivo finisca nel cassetto dei ricordi, la nuova legge elettorale sopravvivrebbe in ogni caso. Ne cadrebbe una parte, tutto qui. Abrogata per estinzione del suo oggetto, come succede quando la legge tutela una specie animale che in seguito s’estingue. E allora perché hanno cucito un vestito su misura per la Camera, lasciando il Senato a pelle nuda? E perché adesso non ci mettono una toppa? Risposta: perché è tutta una finta, un barbatrucco. Fingono di risolvere i problemi, e intanto ne creano di maggiori.
Michele Ainis