Gianni Di Capua, Il Tempo 10/11/2014, 10 novembre 2014
IL CASO DELL’AMBASCIATORE BOSIO. NEL DUBBIO IL GOVERNO SCAPPA
Nel suo primo giorno da ministro degli esteri, Paolo Gentiloni avrebbe dovuto/potuto fare una terza telefonata. Concluse le conversazioni con i fucilieri Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, avrebbe dovuto/potuto chiamare un altro servitore dello Stato abbandonato nel limbo della giustizia di un Paese straniero, l’ambasciatore Daniele Bosio. Personaggio noto alle cronache per esser finito al centro di una brutta storia di pedofilia che ampia eco ha avuto sui media nazionali i quali, ovviamente, non hanno riportato la notizia che gran parte delle accuse si sono ridimensionate. Bosio (all’epoca ambasciatore in Turkmenistan, ndr), una vita spesa nel volontariato a favore dei bambini tra Italia, Giappone, Stati Uniti e Algeria, è stato fermato nell’aprile scorso nelle Filippine con l’accusa odiosa di traffico e abuso di minore, sulla base di una denuncia della rappresentante di una ONG locale che lo aveva visto in un parco acquatico in compagnia di bambini di strada cui voleva regalare una giornata di divertimento. Basta questo, nelle Filippine, per essere accusati di reati tanto gravi? Sì, la legislazione lì prevede che, salvo vincoli di parentela, un maggiorenne non possa accompagnarsi con un minore se tra i due vi sono più di dieci anni di differenza.
Come la magistratura filippina ha già accertato, non sussistono a carico di Bosio «gravi indizi di colpevolezza», ma le pressioni dell’ONG nei confronti della polizia locale e l’inefficienza della nostra diplomazia in loco hanno aggravato la situazione.
Contattata dal nostro quotidiano, l’avvocato Elisabetta Busuito, che coordina la difesa dell’ambasciatore Bosio spiega: «Per 18 ore, l’ambasciata italiana a Manila è risultata irreperibile al numero di telefono di emergenza e ai numeri personali dell’ambasciatore e del suo vicario e poi ha fornito un avvocato che si è dimostrato successivamente essere esperto in diritto di famiglia e che ha suggerito telefonicamente a Bosio di firmare documenti incomprensibili proposti dall’avvocato di ufficio che assisteva il nostro ambasciatore, in quel momento in stato di fermo, che ne hanno prodotto la carcerazione volontaria. A seguito della firma di queste carte, Bosio è finito in una prigione filippina, in una stanza di trenta metri quadri insieme ad altri ottanta detenuti, in condizioni igienico sanitarie inimmaginabili (Il settimanale Oggi ha pubblicato le foto nei mesi scorsi)». L’avvocato spiega che, dopo oltre quaranta giorni di carcerazione, è stato ottenuto, per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute il suo trasferimento in ospedale e poi un’udienza straordinaria in cui il giudice filippino, decretando l’assenza di gravi indizi a suo carico, ha rimesso in libertà Bosio il quale, tuttavia, è ora bloccato nelle Filippine solo, senza stipendio e con una quantità di spese colossali. Nel frattempo, in Italia si sono attivati in tanti per aiutare il nostro ambasciatore.
Su Facebook ad esempio c’è un «Comitato internazionale di sostegno a Daniele Bosio» che conta oltre 1300 adesioni mentre il senatore Lucio Barani ha presentato un’interrogazione al ministro degli Esteri. Adesso, spiega l’avvocato Busuito, il processo a carico di Bosio è iniziato: «In circa tre mesi si sono svolte due udienze alle quali la nostra ambasciata ha incredibilmente inviato non il numero uno o due della missione diplomatica, ma un attaché filippino. Ma mentre la strategia della difesa, punta a chiarire i fatti rapidamente, l’accusa ha preso tempo e riproposto, per ben tre volte, la ricusazione del giudice e lo spostamento del caso ad altro tribunale. Se ciò avvenisse sarebbe disastroso: i tempi si allungherebbero e aumenterebbero anche le pressioni strumentali di chi vorrebbe condannare Bosio per dimostrare che nelle Filippine la tutela dei minori è assicurata». Molti finanziamenti degli organismi internazionali sono proprio legati alla reputazione del paese asiatico su questo delicatissimo fronte. «Ma a fare le spese di questo gioco – sottolinea Busuito – non possono essere l’Italia e l’ambasciatore Bosio (che rischia l’ergastolo, ndr). La strumentalizzazione locale è chiara e, tenuto conto, dell’inconsistente impianto accusatorio abbiamo presentato una “petition for review”, che consente al dipartimento di giustizia, dunque al governo, di interrompere il processo. Purtroppo la petition è stata respinta e ciò è avvenuto dopo che il ministro Mogherini ha partecipato a Milano al vertice ASEM Europa Asia cui prendeva parte anche il ministro degli esteri filippino».
Ci risiamo, sarebbe bastato un intervento diretto del nostro governo per riportare a casa Bosio, come hanno fatto nelle scorse settimane gli Stati Uniti con un loro connazionale. Ancora una volta il governo italiano appare incapace di tutelare i propri cittadini che si trovano all’estero in condizione di difficoltà.