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 2014  novembre 09 Domenica calendario

“L’OBIETTIVO DI RENZI È ANDARE AL VOTO PRESTO”

Al nostro canonico «come sta?» ci risponde con un «non benissimo» che non è proprio nelle sue corde tradizionali. Ma, come vedremo, Silvio Berlusconi è tutt’altro che dimesso.
Da Arcore ci racconta come sta vivendo questi giorni - «giorni non facili», dice - e ricorda quelli passati, insomma quelli degli ultimi tre anni, che sono stati ancora più difficili. Eppure, al futuro guarda con fiducia: è convinto che la sua Forza Italia non sia affatto fuori dai giochi. E quando, alla fine del colloquio, gli chiederemo se non teme, invece, che il Pd stia tentando di tagliarlo fuori mettendosi d’accordo con i 5 Stelle, risponderà con una sicurezza assoluta.
«No, non temo un patto tra Renzi e Grillo. E sa perché? Perché non converrebbe a nessuno dei due. Perderebbero entrambi la faccia davanti ai propri elettori». Insomma se il premier pensava di averlo spaventato dicendo che «il patto del Nazareno scricchiola», s’è dimenticato che anche l’ex premier sa come si sta al mondo.
Ma cominciamo dall’inizio. Giorni non facili, dicevamo. «L’occhio mi fa tribolare», ci confida, facendoci tornare in mente un fatto di cui da un pezzo ormai non si parla più, perché nella politica di oggi quello che è successo ieri è già paleozoico: «La statuetta che mi tirarono quella sera in piazza Duomo, si ricorda?». E come no: eravamo lì anche noi. «Ecco, quella statuetta mi fa ancora male. Ho rischiato di perdere un occhio, sul quale bisogna intervenire continuamente. Ma mi fa male anche nell’animo, e lei capirà benissimo perché». Fa male l’odio ricevuto, e fa male anche il modo in cui tutto si è risolto in tribunale: «Quell’uomo che mi ha lanciato la statuetta non era affatto matto, eppure non ha pagato nulla».
Altro trattamento quello che ha ricevuto lui nelle aule di giustizia. È un tormentone, lo sanno tutti, che gli ha segnato la vita. Adesso poi è venuto fuori il confronto con Luigi De Magistris, il sindaco di Napoli. L’hanno condannato a un anno e tre mesi. Quindi lo hanno sospeso in base alla legge Severino. Ma in men che non si dica il Tar l’ha rimesso al suo posto. Potete immaginare che cosa deve aver pensato Berlusconi: il minimo è che la legge Severino vale solo per lui. Ma l’ex Cavaliere, sui giudici, tace. Al massimo ripete che è assurdo che lo abbiano condannato per frode fiscale «perché in Italia nessuno ha pagato più tasse di me»; e che è sicuro che «la Corte europea cancellerà le sentenze di condanna». Per il resto, sa che ogni parola potrebbe costargli cara. Ecco, questo è uno degli obblighi che lo fanno star male: non poter dire tutto quello che pensa. Altra cosa che, per usare un eufemismo, non lo mette di buon umore: «Lo sa che alle undici di sera i carabinieri vengono a controllare se sono in casa?».
Gli chiediamo che cosa pensi delle contestazioni che colpiscono Renzi da sinistra. Insomma gli chiediamo se crede che ci sia un mondo che ha sempre bisogno di un nemico: la Dc, poi Craxi, quindi Berlusconi e adesso Renzi. Ma «sono storie diverse», ci dice: «Craxi e la Dc caddero per una serie di inchieste giudiziarie. Io ho subìto sessantun procedimenti, che fanno più di tremila udienze e che mi sono costati cinquecento milioni di euro in avvocati e consulenze. Contro Renzi non c’è alcuna iniziativa della magistratura». Non che la auspichi, ovviamente: ma insomma, chi vuol capire la differenza, la capisce.
E poi sul governo Renzi siamo lontanissimi da quel che si pensa comunemente, e cioè che a Berlusconi tutto sommato le cose vanno bene così come stanno. Lo pensano forse alcuni suoi oppositori interni, che gli rimproverano di essere troppo accondiscendente. Ma lui il governo di oggi lo considera - addirittura - un governo abusivo: «Oggi non siamo in un sistema democratico. La maggioranza di sinistra è frutto anche di brogli alle urne. Gran parte dei deputati sono stati eletti con una legge elettorale dichiarata incostituzionale. Al Senato si governa con 32 cittadini che erano stati eletti per opporsi alla sinistra e che ora, invece, sostengono la sinistra. Una situazione assolutamente anomala».
Eppure, con questa sinistra è venuto a patti. Patti che ora scricchiolano. Ed eccoci alla domanda cui facevamo cenno all’inizio, se crede che Renzi stia cercando di metterlo fuori gioco: «Sinceramente non vedo, in quel che è successo in questi giorni, un attacco a me. Il fatto è che Renzi mi ha chiesto di cambiare gli accordi per la decima volta. Vuole introdurre una variante - il premio alla lista e non alla coalizione - che favorirebbe lui e penalizzerebbe il centrodestra». L’impressione di Berlusconi è questa: «Che tutta questa fretta di Renzi, il quale vuol far passare la legge elettorale prima di cose più urgenti come i provvedimenti sul lavoro e sull’economia, sia figlia di una volontà chiara: andare a votare presto». Insomma se il patto scricchiola «non è per una nostra inadempienza», ma per una strategia del premier. «Noi non vogliamo rompere il patto», assicura Berlusconi. Che giura di non essersi preoccupato nemmeno dopo l’elezione del giudice costituzionale targata Pd-M5S. Perché, appunto, «un patto tra Renzi e Grillo non converrebbe a nessuno dei due, lo pagherebbero caro alle urne». Se non altro per interesse, quindi, Renzi non tradirà, secondo il rivale e un po’ alleato Berlusconi.
Michele Brambilla, La Stampa 9/11/2014