Cesare Martinetti, La Stampa 9/11/2014, 9 novembre 2014
IL POLITOLOGO LAZAR: “MA SALVINI È DIVERSO DA MARINE LE PEN”
[Intervista] –
Ma davvero Matteo Salvini può diventare la/il Marine Le Pen italiano? Marc Lazar ha qualche dubbio: «Per il momento sono più numerose le differenze di quanto non lo siano i punti in comune». Lontani dai sassi di Bologna contro il leader della Lega, nella settimana in cui Salvini ha posto la sua candidatura a leader della destra italiana deberlusconizzata, proviamo a guardare con la freddezza del politologo i due partiti e i loro capi, alleati al parlamento europeo.
Professor Lazar, lei insegna a Parigi e Roma, SciencesPo e Luiss, si trova quindi nell’osservatorio migliore. Quali sono i punti in comune tra Marine Le Pen e Matteo Salvini?
«Hanno la stessa posizione sull’immigrazione e nel denunciare la minaccia islamica, criticano duramente l’Unione europea, vogliono l’uscita dall’euro, si pongono contro l’establishment usando l’argomento classico dei populisti: il popolo è buono, la classe politica orribile. E qui mi fermerei. Le differenze mi sembrano molto più forti».
Cominciamo dalla prima: il Front National e Marine Le Pen non sono mai stati al governo.
«Infatti, la Lega invece è stata alleata per anni di Forza Italia e non può mettersi nella posizione del Front che attacca la classe politica unendo destra e sinistra in una stessa entità chiamata UmPs e cioè Ump, il partito del centrodestra, e Ps, il partito socialista di Hollande. Questo Salvini non può farlo e credo che sarà sempre cauto nei confronti di Berlusconi».
E per quanto riguarda il Dna politico dei due partiti?
«Il Front insiste molto sulla nazione, difende una certa idea della Francia, in primavera ha ottenuto un successo elettorale diffuso su tutto il territorio, anche in zone dell’Ovest dove non aveva quasi mai preso molti voti. La Lega invece è stata fondata sul fatto che non esisteva una nazione italiana e Salvini ancora in primavera voleva fare un referendum per l’indipendenza della Lombardia».
E che differenza c’è tra Marine e il padre Jean-Marie, fondatore e duce del Front per tanti anni?
«La differenza fondamentale è che Marine vuole governare e la ragione del suo successo è che contrariamente a lui, si presenta come una grande repubblicana e difende lo stato sociale purché riservato ai francesi, critica il liberismo ed è questa una delle ragioni del successo nelle vecchie zone industriali, dove la crisi si sente di più e dove un tempo vincevano i comunisti. Qualche giorno fa ha persino detto che il suo Front ha valori comuni con il Front de gauche».
Sul piano dei costumi e dei valori che posizioni ha Marine?
«È ormai una sostenitrice della laicità e il suo discorso non contiene alcun riferimento religioso. Non difende la tradizione nei costumi, lei stessa è due volte divorziata, nel grande movimento contro i matrimoni gay è stata silenziosa perché sa di avere un elettorato giovane che non ha interesse a quei temi. Difende le conquiste femminili contro la così detta minaccia islamica. Invece, se non sbaglio, Salvini è un grande difensore delle tradizioni ed è contro i gay».
Come e quanto ha rinnovato il partito Marine?
«Moltissimo, un po’ come Renzi nel Pd. C’è una nuova generazione alla guida. Il personaggio più emblematico è Florian Philippot, classe 1981, passato dalla famosa Ecole National d’Administration (l’Ena) che si occupa di arruolare giovani del suo livello. Si definisce “gollista” ed è veramente incredibile perché l’estrema destra in Francia è sempre stata nemica di De Gaulle. Insomma, è un partito che si prepara a governare».
E può farcela? Secondo un sondaggio recente il 60 per cento dei francesi ha un’opinione positiva sulle idee di Marine.
«Stanno passando in tutto il Paese, ma bisogna dire che in Francia la crisi politica è molto forte, colpisce la sinistra al governo ma anche la destra, dove il ritorno di Sarkozy non ha prodotto effetti positivi, anzi, ha aumentato le divisioni. È un Paese che soffre sul piano economico, le paure sono diffuse, prima fra tutte quella della globalizzazione e dove quindi si tende a pensare che la soluzione sia il ripiegamento nei propri confini».
E lei vede molte differenze con l’Italia?
«In politica la grande differenza si chiama Matteo Renzi. E io sono molto colpito dal fatto che, nonostante la situazione economica sia peggiorata, da quando lui è diventato presidente del Consiglio, e le previsioni siano nerissime, la sua popolarità resta stranamente altissima. La vera novità italiana è Renzi, non Salvini».
Lei dunque non crede che Salvini possa diventare un leader nazionale?
«Ha davanti un grande spazio politico immaginando che Berlusconi non abbia futuro, punta a diventare il grande avversario di Renzi e competere con i Cinque Stelle. Ma per riuscire in questa operazione ha ancora molta strada da fare, deve portare la Lega fuori dal Nord dopo che per vent’anni ha fatto la guerra ai “terroni”. Mi sembra ancora troppo leghista classico per presentarsi come il grande rottamatore: è difficile far dimenticare che è stato al governo con Berlusconi».
@cesmartinetti
Cesare Martinetti, La Stampa 9/11/2014