Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  novembre 09 Domenica calendario

WALL STREET BRINDA AL FLOP DI OBAMA

Tra chi oggi in America ha più motivo di esultare per i risultati delle elezioni del 4 novembre scorso ci sono coloro che hanno causato la grande recessione i cui rigurgiti economici hanno contribuito alla sconfitta del presidente Obama e dei democratici. Parliamo dei big della finanza. Che come tutti gli altri grandi finanziatori del partito repubblicano si trovano nella felice posizione di pretendere il proprio «ritorno sull’investimento» elettorale. Per ottenerlo non dovranno neppure torcere il braccio ai repubblicani. Perché la repulsione per norme e regolamenti è assolutamente condivisa. Basti pensare a Richard C. Shelby, il senatore dell’Alabama destinato a diventare presidente dell’importantissima Commissione Finanza. Shelby è da sempre uno dei grandi oppositori della Legge Dodd-Frank, la riforma finanziaria con la quale i democratici hanno tentato di ristabilire regole che frenassero gli eccessi della «finanza creativa» all’origine della crisi del 2008. Ed è anche nemico number One del Consumer Financial Protection Bureau, o Cfpb, l’agenzia di difesa dei consumatori finanziari creata dalla Dodd-Frank, da lui definita «la più potente e incontrollabile burocrazia del governo federale».
Quello che molti si aspettano adesso è che, come minimo, Shelby imponga la creazione di una "Commissione di vigilanza" del Cfpb, composta da figure politiche e controllata dal suo partito, che da gennaio avrà la maggioranza in entrambi i rami del Congresso. Il che porterà chiaramente a un’edulcorazione della mission della nuova agenzia.
In ogni caso, una cosa è certa: il trend verso regolamentazioni più severe per il settore finanziario ha fatto il suo corso. Da gennaio si potrà soltanto tornare indietro.
La notizia non è buona per chi ritiene che la Dodd-Frank non abbia ancora messo le briglie a un settore così incontinente ma così vitale per l’economia.
A pensare che tra i big di Wall Street la cultura dell’esuberanza e della sregolatezza finanziaria sia tuttora dominante non sono soltanto economisti schierati politicamente a sinistra come Paul Krugman. Sono anche figure dell’establishment che negli ultimi anni si sono trovate a far fronte alla più grave crisi economica mondiale del dopoguerra.
Parliamo dell’ex presidente della Federal Reserve di New York e ministro del Tesoro Timothy Geithner. E del suo successore alla Fed, William Dudley.
«La risposta normativa e punitiva è stata più lenta (…) e meno energica di quanto non fosse appropriato», ha scritto Timothy Geithner in alcune annotazioni personali che ha preferito non inserire nella sua autobiografia ma sono recentemente divenute pubbliche nell’ambito di un procedimento giudiziario riguardante il salvataggio del colosso assicurativo Aig.
Ancora più severe sono state le critiche che Dudley, l’ex partner di Goldman Sachs oggi presidente della Federal Reserve di New York, ha rivolto alla comunità finanziaria in un discorso fatto il 20 ottobre scorso durante un workshop intitolato Riformare la cultura e il comportamento dell’industria dei servizi finanziari.
Il capo della Federal Reserve newyorkese ha denunciato «un problema di cultura», facendo riferimento a quell’insieme di atteggiamenti e prassi dominanti nel settore: «Negli ultimi anni le istituzioni finanziarie hanno ripetutamente dato dimostrazione di comportamenti poco professionali, di carenze etiche e di infrazione delle regole. E quei comportamenti non sono cessati con la crisi finanziaria, bensì sono continuati nonostante tutti gli interventi normativi».
Dudley ha proseguito dicendo di «rigettare l’idea che l’attuale stato delle cose sia semplicemente il risultato delle azioni di singoli trader o di poche mele marce… perché in un’organizzazione i problemi etici non derivano dalle mele andate a male ma da come si conservano le mele. In altre parole dalla cultura dominante, cioè da quelle norme implicite che guidano i comportamenti in assenza di regole scritte, e a volte addirittura a dispetto di esplicite regole… Come una brezza leggera, la cultura aziendale può essere difficile da vedere, ma la si sente».
Dudley non si è limitato a questa lavata di capo. Ha avanzato proposte specifiche per porre rimedio alla «bancarotta culturale» di Wall Street all’origine della più grave crisi economica mondiale dal 1929.
Per "responsabilizzare" banchieri e trader, ha detto che occorrerebbe fare pagare anche a loro le sanzioni comminate per violazioni normative fino a oggi pagate soltanto dalle istituzioni. Insomma, chi ha preso le decisioni scorrette ne dovrebbe pagare il prezzo. Questo, a suo dire, spingerebbe i banchieri a fare di tutto per evitare o fermare le cattive condotte. E se si considera che dal 2008 a oggi le sanzioni imposte ai colossi bancari hanno superato i 100 miliardi di dollari, si è portati a concordare.
Sul fronte dell’eccesso di rischio, Dudley ha invece proposto di cambiare le modalità di remunerazione con una dilazione di ben dieci anni nell’incasso dei premi contrattuali previsti. Ciò al fine non soltanto di verificare eventuali responsabilità in caso di comportamenti o azioni illecite, ma anche di disincentivare comportamenti troppo aggressivi intesi a produrre profitti di breve termine. Dudley l’ha definita una «garanzia di buona esecuzione».
Ma se fino al 4 novembre le probabilità che tali misure venissero adottate dalle banche oppure imposte dal Congresso erano ridotte. Adesso sono praticamente trascurabili. Ringalluzziti dalla "vittoria" elettorale, i colossi della finanza non avranno infatti alcun incentivo ad accoglierle, mentre i repubblicani non sono ideologicamente portati a sposarle comunque.
http://gradozeroblog.it
Claudio Gatti, Il Sole 24 Ore 9/11/2014