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 2014  novembre 09 Domenica calendario

L’ARTE È DI MODA

«Ma lei ha una marcia in più, un gusto personale sicuro e sa cogliere davvero il meglio, come il cardinale Bellarmino nei primi anni del ’600». Lei è Miuccia Prada, e lo dice Paolo Baratta, presidente della Biennale, impegnato nella chiusura della 14° Biennale architettura e nella preparazione della 56° Biennale d’arte contemporanea affidata al nigeriano Okwui Enwezor, che si aprirà a maggio, in concomitanza con l’Expo 2015 di Milano. Parla del rapporto tra il mondo della moda e l’arte contemporanea. «Chi apre a Venezia spazi di arte come Prada a Ca’ Corner della Regina e François Pinault che ha lasciato al figlio François-Henri la guida del gruppo Kering (Gucci YSL, Alexander McQueen, Bottega Veneta) ha acquistato Palazzo Grassi e affittato la Punta della Dogana, per la sua immensa collezione, approfitta della presenza della Biennale che attira una folla da tutto il mondo, mentre Venezia si avvantaggia dei restauri apportati ai palazzi. L’aristocrazia ha sempre collezionato l’arte del suo tempo e i signori della moda sono la nuova aristocrazia, e quindi collezionano il contemporaneo, soprattutto da quando ha perso il suo carattere ostile e aggressivo».
Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, che collezionano ed espongono grandi artisti contemporanei dal 1993, stanno però riflettendo su altre strade. Infatti la mostra che inaugurerà il prossimo maggio la nuova sede della Fondazione Prada a Milano e quella di Ca Corner della Regina a Venezia, non sono state affidate come sempre a Germano Celant, del resto impegnato con la mostra “Arte e cibo” per l’Expo, ma a Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte. Che dice che «sarà un’esposizione di arte romana e greca ma col concetto attuale di serialità, cioè di statue antiche e delle loro copie più o meno eseguite nello stesso tempo. Vengono dai musei di tutto il mondo come le opere della mostra gemella a Venezia, che sono le riproduzioni cinquecentesche, in formato piccolo, di statue grecoromane, che arricchivano i palazzi del Rinascimento ». Per Miuccia Prada questa svolta data alla Fondazione «è un gesto politico, un modo per ritrovare il nostro immenso patrimonio. Non ci sarà un direttore, ma voglio giovani di tutto il mondo che producano idee. Prima deciderò quali idee concretizzare, e poi ne cercherò il miglior curatore».
Il nuovo centro d’arte della Fondazione Prada occupa una vecchia distilleria primo Novecento, integrata con nuove costruzioni, tra cui una torre di nove piani, un cinema anche all’aperto, una haunted house preesistente, per installazioni fatte espressamente, ricoperta di lamina d’oro: in tutto 11.146 metri quadri espositivi. Il progetto è stato affidato all’architetto Rem Koolhaas, 70 anni, curatore tra l’altro della Biennale Architettura che sta chiudendo adesso. Per le loro fondazioni le grandi firme della moda ricorrono alle archistar, come Bernard Arnault, (Vuitton, Fendi, Dior, Kenzo, Givenchy, Donna Karan e altri), l’uomo più ricco di Francia e grande collezionista, che alla fine di ottobre ha aperto al Bois de Boulogne parigino la Fondazione Louis Vuitton, un immenso palazzo che artnet News ha paragonato a «un preservativo pieno di noccioline», opera di Frank Gehry, l’architetto americano (85 anni) che riempie il mondo di costruzioni che spaventano i piccini come antri di streghe. Esposte opere di Gerhard Richter, Olafur Eliasson, Christian Boltanski e altri. In maggio, in uno spazio per ora segreto il gruppo LVMH di Arnault aprirà a Milano un altro luogo espositivo, per cui vari curatori stanno preparando mostre di arte contemporanea. Sfrenato, Arnault ha acquistato a Venezia, finora luogo privilegiato del rivale Pinault, il Fondaco dei tedeschi, destinato, anch’esso, ma nessuno conferma, all’arte contemporanea.
Oggi i grandi acquirenti che fanno la fortuna degli artisti arrivando ad acquistare alle aste a prezzi vertiginosi, sono i ricchissimi del Quatar e i cinesi. E certo i signori della moda, collezionisti da un paio di decenni potranno fare anche ottimi affari rivendendo i loro tesori. Come dice Miuccia Prada, non ci deve essere alcun legame tra produrre moda e collezionare arte, anche se è la fortuna della moda a consentire di acquistare arte. Il parere della giovane Alice Selicato che sull’argomento fondazioni di moda e arte ha scritto una ponderosa tesi di laurea, ha una sua idea: «Sarebbe ingenuo credere che queste mostre non generino un solido ritorno commerciale per le vendite del settore moda. Così come non sono da escludere aspetti economici legati alla valorizzazione di talenti emergenti e delle loro quotazioni. C’è da scommettere che gli investimenti oculati di queste fondazioni siano alquanto fruttuosi».
La fabbrica di abbigliamento Max Mara a Reggio Emilia, nel 2003 ristrutturata dall’inglese Andrew Hapgood, divenne la sede espositiva della collezione del suo fondatore, Achille Maramotti. Delle centinaia di opere almeno 200 sono in esposizione permanente, mentre alle più recenti vengono dedicate mostre tematiche. Se tante fondazioni legate all’abbigliamento, come le Fondazioni Carla Fendi, Anna Fendi, Salvatore Ferragamo, Gianfranco Ferré e molte altre si occupano saltuariamente d’arte dedicandosi ad altre attività culturali, la Fondazione Trussardi è appassionata di arte contemporanea senza volere un suo museo firmato da qualche megarchitetto. La collezione di Nicola Trussardi, morto tragicamente nel 1999, era privata. Sua figlia Beatrice studiava a New York gestione d’arte. «Tornai subito, e mi resi conto che a Milano non c’era grande consapevolezza dell’arte contemporanea. Decisi che dovevo far inciampare i milanesi nell’arte, e infatti al centro dell’Ottagono mettemmo una installazione, un camion che pareva uscire dal mosaico del pavimento ». Nel 2002 Beatrice scelse un curatore per la Fondazione, ed era Massimiliano Gioni, non ancora trentenne. Da New York dove vive e dirige il New Museum, Gioni - che ha anche curato la Biennale d’arte di Venezia, e per la Fondazione ha fatto scandalo a Milano nel 2004 con i finti bambini di plastica appesi a un albero vero, invenzione di Maurizio Cattelan - dice che «Beatrice ha sviluppato insieme a me e alla Fondazione una nuova idea di museo, un museo nomade che cambia sede ad ogni mostra, scegliendo ogni volta luoghi speciali, magari dimenticati o in disuso. Per esempio per Pipilotti Rist abbiamo scelto un vecchio cinema, per Allora e Calzadilla un circolo ufficiali, sedi che ci sembrano perfette per un certo artista». Cosa pensa del connubio arte-moda? «Sono un sostenitore entusiasta di questo legame che mi ha dato la possibilità di fare mostre bellissime e di lavorare con grandi artisti. Però è importante ricordarsi che non si può ridurre l’arte a una moda. L’arte deve puntare all’immortalità, la moda a vendere e conquistare un nuovo pubblico, a creare nuovi desideri e nuovi look ogni sei mesi. L’arte, anche quando costa tanto, è il regno del gratuito, è lo spazio della libertà. La moda deve aiutarla ad essere libera, e non trasformarla in una brutta copia di sé stessa».
Natalia Aspesi, la Repubblica 9/11/2014