Federico Rampini, la Repubblica 9/11/2014, 9 novembre 2014
LA SFIDA DI OBAMA PER LA PRIMA VOLTA UNA DONNA NERA MINISTRO DELLA GIUSTIZIA
NEW YORK
Una donna afroamericana come ministro della Giustizia. Non era mai accaduto. Barack Obama non si rassegna al ruolo di “lame duck”, il presidente anatrazoppa a cui vorrebbe relegarlo il partito repubblicano dopo il risultato elettorale di midterm. Fino all’ultimo è deciso a lasciare una traccia nella storia. Guarda lontano, al giudizio futuro sul suo lascito.
Annunciata a sorpresa alla vigilia della sua partenza per la Cina, la scelta di Loretta Lynch rientra in questa strategia: 55 anni, procuratrice federale di Brooklyn (un ruolo che qui include quello di pubblico ministero), la Lynch gode di un’immagine professionale eccellente. Va a riempire una poltrona molto impegnativa. Il dicastero della Giustizia è uno dei più importanti nell’esecutivo americano. E il suo predecessore ha fatto storia, a sua volta. Eric Holder è stato uno dei fedelissimi della squadra di Obama ma anche qualcosa di più: quasi un fratello maggiore per il presidente. Afroamericano anche lui, Holder da ragazzo fece in tempo a vivere le grandi battaglie per i diritti civili, l’epopea di Martin Luther King che Obama ha potuto solo studiare sui libri.
La Lynch arriva in un momento delicato, con un esecutivo oggettivamente indebolito e al tempo stesso eredita dei dossier di grande importanza. «Loretta forse è l’unico magistrato d’America che ha combattuto i boss mafiosi, i narcotrafficanti e i terroristi, e tuttavia ha mantenuto la reputazione di una persona simpatica», ha scherzato Obama annunciando la scelta. A differenza di Holder, la Lynch ha un profilo più tecnico che politico. Non ha alle spalle un’intensa militanza di partito. E’ da magistrato che si è costruita la sua credibilità e la sua forza. Dalla procura di Brooklyn ha guidato, come ricordava il presidente, importanti indagini su organizzazioni mafiose, complotti terroristici. Ancora più significativo è il lungo elenco di politici che sono finiti nel suo mirino per processi di corruzione. Perseguendo in modo rigoroso le indagini per tangenti, conflitti d’interessi, voto di scambio, la Lynch ha dimostrato di non avere rispetto reverenziale per nessuno. In un’area come quella newyorchese dove da decenni i democratici sono maggioranza, anche i politici di sinistra sono finiti sotto inchiesta.
La Lynch eredita da Holder dei dossier che riguardano i diritti civili e in particolare la questione razziale. Non si è ancora spenta la protesta di Ferguson, la cittadina del Missouri dove un giovane nero venne crivellato di colpi da un poliziotto bianco. Holder andò a visitare quella cittadina-simbolo di una nuova forma di apartheid implicito, dove i due terzi degli abitanti sono neri e il 95% dei poliziotti sono bianchi. Il segretario alla Giustizia uscente promise un’indagine federale per accertare abusi sui diritti civili. Ora quell’indagine viene ereditata dalla Lynch che ne firmerà le conclusioni. E a giorni dovrebbe uscire il primo verdetto del Grand Jury di Ferguson che può porre le premesse di un’incriminazione o proscioglimento del poliziotto. Di che innescare nuove proteste.
Un altro dossier relativo ai diritti civili, porta fino all’elezione presidenziale del 2016. Si tratta della cosiddetta “soppressione del voto”. In molti Stati governati dalla destra, sono stati introdotti controlli d’identità ai seggi elettorali che sono di fatto un ostacolo alla partecipazione per le minoranze etniche, afroamericani in testa. Il dipartimento di Giustizia è il primo garante che deve far rispettare la Costituzione, con indagini e processi contro gli stessi Stati se ritiene che stiano calpestando il diritto di voto. E’ una questione scottante, perché i repubblicani hanno interesse a rendere più difficile il voto per le minoranze etniche che votano a sinistra.
Sotto la Lynch arriva a conclusione anche l’iter di riforma dello spionaggio, innescato dalle rivelazioni di Edward Snwoden sulle attività della National Security Agency. Holder era stato un ministro di Giustizia “bifronte”: progressista e liberal sui diritti civili dei neri o sul matrimonio gay; conservatore su ogni questione legata alla sicurezza nazionale e all’antiterrorismo.
La nomina della Lynch non è scontata: deve avere la conferma del Senato. Obama farà di tutto per ottenerla col “vecchio” Senato, prima cioè che s’insedi quello uscito dalle elezioni con maggioranza di destra (a gennaio). Ma il profilo tecnico della Lynch potrebbe aiutarle a superare perfino il test di un Senato a maggioranza repubblicana.
Federico Rampini, la Repubblica 9/11/2014