Andrea Di Biase, MilanoFinanza 8/11/2014, 8 novembre 2014
LA LINEA DEL FUORIGIOCO
La notizia positiva per il calcio italiano si trova a pagina 5 dello studio sul titolo Juventus pubblicato da Banca Imi venerdì 7 novembre. Secondo le stime degli analisti della banca d’affari del gruppo Intesa Sanpaolo, dalla stagione 2015/16 il club presieduto da Andrea Agnelli potrebbe superare per la prima volta la soglia dei 300 milioni di euro in termini di ricavi caratteristici (diritti tv, stadio, attività commerciali). Un risultato finora mai raggiunto da nessun altro club in Italia (anche se il Milan, così come la stessa Juve, c’è andato vicino in passato) e che, se venisse centrato dai bianconeri, assumerebbe particolare rilevanza alla luce delle difficoltà economiche del calcio italiano e del fatto che finora solo altri 8 club in Europa (Real Madrid, Barcellona, Manchester United, Bayern Monaco, Psg, Manchester City, Chelsea e Arsenal) sono riusciti a superare la fatidica quota dei 300 milioni.
Nel dettaglio, gli esperti di Banca Imi, che incorporano nelle loro stime il rinnovo della sponsorizzazione con Jeep (Fca garantirà ai bianconeri 17 milioni a stagione anziché 13), l’accordo con Adidas (circa 30 milioni l’anno, più del doppio rispetto all’attuale partnership con Nike) e i maggiori proventi televisivi garantiti a tutti i club italiani da Mediaset, Sky e MP&Silva per il prossimo triennio, si aspettano che la Juve chiuda l’esercizio 2015/16 con ricavi per 309 milioni, che dovrebbero consentire al club bianconero di chiudere con un utile vicino ai 2 milioni. Il tutto senza considerare le eventuali plusvalenze legate alla cessione dei calciatori (nel 2013/14 la Juve ha chiuso il bilancio con un rosso di 6,7 milioni nonostante plusvalenze per 36 milioni).
Le notizie positive purtroppo finiscono qui. Se dalla lettura del report della banca d’affari si alza lo sguardo a quello che accade in Europa, appare evidente che il traguardo dei 300 milioni di ricavi, seppur importante a livello nazionale, non è ancora sufficiente a reggere la competizione con i top club che dominano la scena europea. Basta osservare il grafico pubblicato in pagina per accorgersi che il gap in termini di ricavi (e dunque di capacità di investimento nella rosa giocatori) con le superpotenze del calcio europeo è ancora enorme. La soglia rilevante, che ancora fino alla stagione 2012/13 era quella dei 300 milioni di ricavi, si è infatti ulteriormente alzata, con ben quattro club (Real Madrid, Barcellona e Bayern Monaco) ormai sopra quota 500 milioni (il dato è al 30 giugno 2014) e con altri quattro (Psg, Manchester City, Chelsea e Arsenal) ormai ampiamente sopra quota 300.
Si tratta di una fotografia degli attuali rapporti di forza a livello continentale che è ben chiara ad Andrea Agnelli e a tutta la dirigenza bianconera. Non a caso il presidente della Juventus, parlando di fronte ai soci del club nel corso dell’assemblea dello scorso 24 ottobre, ha ammesso che i «principali competitor» europei dei bianconeri hanno distanziato nettamente la Signora e sono al momento «irraggiungibili». Anche perché i maggiori ricavi attesi dalla Juve a partire dalla stagione 2015/16 saranno il frutto di contratti pluriennali, che andranno in scadenza solo nel 2017/18. Fino ad allora è dunque lecito attendersi che i ricavi del club si stabilizzino proprio attorno a quota 300 milioni (a condizione che la squadra centri ogni anno la qualificazione alla Champions League) o che nella migliore delle ipotesi crescano, ma solo marginalmente. Il grande limite che sconta la Juve, così come gli altri club italiani come Milan e Inter, che al di là delle difficoltà attuali hanno le potenzialità (in termini di tifosi in Italia e all’estero) per far crescere i ricavi, è rappresentato dalla mancanza di competitività del calcio italiano nel suo complesso. Su questo punto Agnelli è stato molto chiaro. «La Juventus potrà crescere solo frazionalmente se il prodotto collettivo rappresentato dalla serie A non farà di più», ha spiegato il presidente bianconero. «Io sono convinto che nel calcio italiano le forze conservatrici, che al momento paiono prevalere a tutela di piccoli e grandi interessi particolari e rendite personali, non riusciranno a soffocare quanti sostengono il cambiamento».
Andrea Di Biase, MilanoFinanza 8/11/2014