Stefania Peveraro, MilanoFinanza 8/11/2014, 8 novembre 2014
TORTA DA 170 MILIARDI
A fine giugno c’erano 63 miliardi di euro di sofferenze nette nei portafogli dei primi 12 gruppi bancari italiani, pari al 4,6% dei crediti netti alla clientela. Mentre il valore delle attività deteriorate nette era addirittura di 147 miliardi, cioè il 10,8% del totale dei crediti, contro rispettivamente 59 e 141 miliardi a fine 2013, pari al 4,27% e al 10,2% dei crediti. I dati, elaborati da MF-Milano Finanza sulla base delle semestrali delle banche, saranno presto aggiornati con quelli delle trimestrali, in occasione dei quali però non ci si aspetta grandi cambiamenti, visto che gli ultimi calcoli dell’Abi relativi allo scorso agosto indicavano che la rischiosità dei prestiti in Italia è ulteriormente cresciuta: le sofferenze lorde sono risultate pari a quasi 174 miliardi dai 172,4 miliardi di luglio, mentre le sofferenze nette sono aumentate a 79,5 miliardi dai 78,2 di luglio, con un rapporto del 4,41% sugli impieghi totali dal 4,3% di luglio 2014 e dal 3,93% di agosto 2013. Gli istituti più virtuosi risultano Unicredit (con un rapporto dell’8,42%), Intesa Sanpaolo (8,69%) e Cariparma Crédit Agricole (8,17%), ma soprattutto il Credem con un rapporto tra attività deteriorate nette e crediti alla clientela pari al 3,92%. Per contro, la maglia nera va al Banco Popolare (17,37% includendo Italeas), seguito da Mps (16,9%) e Banca Popolare di Vicenza (16,61%). Il trend peraltro è europeo. E non a caso già da tempo molte banche del Vecchio continente hanno iniziato a cedere sofferenze a fondi specializzati, dotati di strutture in grado di recuperarli, a differenza delle banche che sono abituate a fare un altro mestiere e che per cultura non sono in grado né vogliono adottare un atteggiamento troppo aggressivo nei confronti dei clienti. Uno studio di PwC dello scorso aprile prevedeva che in Europa ci sarebbero state compravendite di non performing loans (npl) per 80 miliardi di euro quest’anno, ma già lo scorso luglio questa previsione era stata portata a 87 miliardi, con l’Italia che nel primo semestre aveva registrato compravendite per 3 miliardi e ora punta a quota 8,5 miliardi per fine anno. Se le banche italiane hanno infatti iniziato a svalutare in maniera pesante in bilancio i crediti dubbi, passandoli appunto a sofferenze, è diventato più semplice per loro anche liberarsene e accettare prezzi a forte sconto. Già, perché questi fondi in genere non pagano più del 10% del valore nominale dei crediti e la percentuale offerta può anche scendere sino al 2-3%. «Il prezzo diminuisce soprattutto in presenza di crediti chirografari di vecchia data», spiega a MF-Milano Finanza Antonella Pagano, partner di PwC. «Le percentuali invece salgono se nei portafogli sono compresi crediti ipotecari. Negli ultimi mesi si sta registrando un crescente di interesse nei confronti dell’Italia da parte dei fondi specializzati in questa tipologia di asset class. Tale circostanza, unita alla rinnovata disponibilità da parte di alcune istituzioni finanziarie internazionali a finanziare la parte senior del portafogli, consente agli investitori di essere più competitivi e offrire prezzi più elevati pur preservando la possibilità di ottenere ritorni a doppia cifra sull’equity».
Più nel dettaglio, per avere un’idea dei prezzi che girano sul mercato, spiega Massimilaino Bertolino (amministratore delegato di Fare Npl ed ex responsabile della divisione Npl di Pirelli Real Estate), «bisogna considerare che la valutazione di un portafoglio di soli crediti chirografari può variare tra l’1 e il 5% a seconda dell’età e del tipo di credito, mentre portafogli ipotecari residenziali posso arrivare anche al 25-30% e quelli misti si collocano al 10-15%. Detto ciò, anche per i portafogli ipotecari il valore riconosciuto dipende dal tipo di ipoteca. Se si tratta di ipoteca di primo grado, è come se il fondo si comprasse l’immobile e quindi, se l’immobile è di pregio, si può arrivare anche al 70% del nominale, mentre se si tratta di un capannone in periferia la valutazione crolla. In ogni caso, si tratta di valori puramente indicativi». In quest’ottica, peraltro, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, proprio il nuovo Fondo Immobiliare Turismo appena lanciato dalla Cdp potrà aprire il capitale a banche che vorranno apportare immobili a garanzia di mutui in distress nei loro portafogli.
Divergenze sui prezzi a parte, negli ultimi mesi le cessioni di portafogli di crediti non performing si sono moltiplicate e molte altre sono allo studio, con i fondi esteri specializzati nel credito che, dopo aver fatto una scorpacciata in Spagna, ora sono sempre più concentrati sull’Italia. Peraltro, fa presente Giorgio Fantacchiotti, partner dello studio legale internazionale Linklarers che sta monitorando da molto vicino il settore, «molti di questi fondi in Spagna hanno acquistato non solo portafogli di crediti in sofferenza, ma anche i servicer in grado di gestire e recuperare tali crediti. I servicer quindi potrebbero gestire anche gli eventuali altri portafogli di crediti che questi fondi andranno ad acquistare in Italia». Per esempio, nel 2013 Banco Popular ha venduto la società di servicing di crediti real estate Aliseda ai fondi di private equity Usa Kennedy Wilson e Värde Partners, gli stessi che pochi mesi prima avevano comprato da Catalunya Caixa il servicer Cxi. A sua volta l’altro colosso del private equity Usa Apollo ha acquistato da Banco Santander il servicer Altamira, mentre Tpg Special Situation ha acquistato il 51% del capitale di Servihabitat Gestión Inmobiliaria, servicer immobiliare di La Caixa, battendo l’offerta di Bridgepoint. Quanto a Cerberus, possiede il servicer spagnolo Haya Real Estate, con il quale lo scorso anno ha acquistato da Bankia il servicer Bankia Habitat.
In Italia a breve si concluderà l’acquisizione di Unicredit Credit Management Bank (Uccmb) da parte della cordata Prelios-Fortress, che ha battuto l’offerta del fondo Lone Star e quelle avanzate nella prima fase della gara da altri fondi specializzati come Blackstone, Marathon e Apollo. E se nel 2012 Banca Marche aveva ceduto a Christofferson, Robb & Company (Crc) 127 milioni di euro di crediti insofferenza, oggi è in trattativa per la cessione di un portafogli di sofferenze al nuovo Credito Fondiario (Fonspa), recentemente rilevato da Tages e Harvip. E Crc è lo stesso fondo che l’anno scorso ha comprato 150 milioni di euro di sofferenze da 22 Bcc, mentre pochi giorni fa altre 27 banche di credito cooperativo e casse rurali hanno ceduto 250 milioni di sofferenze. Nel frattempo sono ancora aperte le trattative tra Mps e i potenziali acquirenti di Consum.it, ossia Apollo Management e Deutsche Bank, che potrebbero riguardare solo il portafoglio di crediti di Consum.it oppure l’intera società. Già lo scorso anno Consum.it aveva ceduto l’intero portafoglio di cessione del quinto e delegazioni di pagamento con 551 milioni di euro di crediti al fondo Anacap Financial Partners. Quest’ultimo è lo stesso che nei mesi scorsi ha acquistato da Unicredit un portafoglio di sofferenze da 1,9 miliardi di euro e che in febbraio ne aveva rilevato un altro da 700 milioni di euro sempre dalla banca guidata da Federico Ghizzoni, mentre in precedenza aveva comprato da Fiditalia (gruppo Socgen) 1,5 miliardi di sofferenze e 551 milioni di prestiti in bonis da Mps. Unicredit, inoltre, nel dicembre 2013 aveva invece ceduto a Cerberus 950 milioni di crediti al consumo e prestiti personali in sofferenza.
Stefania Peveraro, MilanoFinanza 8/11/2014