Emiliano Liuzzi, il Fatto Quotidiano 8/11/2014, 8 novembre 2014
IL NUOVO DIVORZIO ALL’ITALIANA: LUNGO E TUTT’ALTRO CHE FACILE
Il divorzio breve è diventato facile, almeno così dicono dalle stanze del governo. “Un ossimoro”, secondo l’avvocato Annamaria Bernardini De Pace, la matrimonialista più autorevole d’Italia. “Può essere breve, e questa nuova legge allunga i tempi invece di accorciarli”, spiega al Fatto Quotidiano, “ma facile non può mai essere. Parla una persona che da anni combatte perché la fine del matrimonio diventi lampo, divorzio lampo. La legge che entrerà in vigore quando verrà pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, almeno un mese, mi sembra una di quelle cose all’italiana, un minestrone. Tempi sicuramente invariati, a occhio più lunghi; parcelle da pagare agli avvocati più salate; incertezza sulla competenza. Ma soprattutto la solita discriminazione tra i figli nati nel matrimonio e quelli che invece sono fuori”.
Facile in realtà è un’espressione dei giornali. Ma, anche con l’aiuto dei giuristi, siamo sul terreno delle ipotesi: la legge non può fare ancora il miracolo di prevedere cosa accadrà con i ricorsi delle parti, la costituzionalità, le eccezioni più o meno ammissibili. A intuito si può dedurre che sarà semplice (ma in tempi lunghi) separarsi e poi sciogliere il vincolo se non ci sono figli o grandi beni da spartire. Il resto lo scopriremo per strada.
Le soluzioni promosse dal decreto legge
Le nuove regole sono state inserite nel decreto sulla giustizia civile (lo stesso che prevede la negoziazione arbitrale e il periodo di ferie nei tribunali dal 1° al 31 agosto e non più fino al 15 settembre) trasformato in legge due giorni fa. L’elemento nuovo, e che non piace per niente ai vescovi e all’ala ultracattolica del Parlamento, è quello di poter evitare il passaggio davanti al tribunale dove fino a oggi le coppie che volevano separarsi e, trascorsi i tre anni, divorziare, sono obbligate ad andare. In qualità di pubblico ufficiale lo potrà fare il sindaco. Non cambieranno i tempi del divorzio, che arriverà sempre tre anni dopo la separazione, ma si eviterà il tribunale facilitando la consulenza di avvocati di parte per avviare la procedura di separazione e accompagnarla fino al divorzio. Sempre che nel nucleo familiare non ci siano figli minori, portatori di handicap ed economicamente non autosufficienti: in questi casi le regole sono diventate addirittura più complesse. Nel senso che è possibile avvalersi di un avvocato e presentarsi in prima istanza nel Comune dove il matrimonio è stato celebrato e trascritto, ma l’ufficio deve trasmettere gli atti al Procuratore della Repubblica (novità assoluta) che potrà ricorrere al tribunale.
Un metodo “facile” nella definizione, ma che deve ancora essere metabolizzato e sperimentato dagli stessi avvocati. Sicuramente era e resta congelato in Senato il cosiddetto decreto Moretti, che prevedeva separazioni lampo, da sei mesi a un anno. Ma vediamo cosa cambierà nella sostanza.
Coppia senza prole che vuole separarsi
In questo caso la procedura è semplice. In teoria, in assenza di contenzioso economico e patrimoniale, può essere evitato anche il passaggio dall’avvocato se non esistono questioni aperte. I coniugi si presentano in Comune e vengono riconvocati 30 giorni dopo per la conferma delle loro intenzioni. A quel punto c’è la separazione, ma per il divorzio, dunque lo scioglimento del matrimonio, dovranno presentarsi dopo tre anni come oggi.
La procedura si complica per chi ha figli minori
In questo caso la pratica può essere sempre sbrigata in Comune, davanti al sindaco o a una persona che lui delega, ma l’accordo deve essere trasmesso alla Procura della Repubblica dove, un pubblico ministero, dovrà valutare la situazione nell’interesse dei minori e si dovrà esprimere anche tre anni dopo quando sarà possibile chiedere lo scioglimento definitivo del matrimonio.
Figli maggiorenni disabili o senza reddito
In questi casi i passaggi diventano tre. La coppia si presenta in Comune – sempre che non ci siano controversie – e formalizza la richiesta di separazione. Gli atti vengono trasmessi alla Procura della Repubblica che, a sua volta, se tutto rientra nella norma, si rivolge al presidente del Tribunale civile che si esprime in ultima istanza sulla separazione e, dopo il triennio, sul divorzio. L’accordo raggiunto a seguito di negoziazione assistita da avvocati è equiparato ai provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.
Se c’è conflitto la procedura resta giudiziale
Nelle cause in cui esiste un conflitto insanabile, che numericamente sono la maggior parte, la procedura sarà quella attuata fino a oggi: la separazione e il divorzio si discutono esclusivamente in tribunale davanti al giudice.
E le parcelle degli avvocati?
Aumentano...
Non ci sono dubbi. Oggi uno studio legale con un nome non chiede meno di 6.000 euro per avviare una causa di separazione che all’apparenza si risolve con un accordo. Con la nuova legge – e lo dicono gli avvocati – come minimo la parcella verrà raddoppiata.
Lasciamo le conclusioni all’avvocato De Pace,inattesa, anche lei, di capire cosa accadrà nella vita reale dei tribunali: “Complicazioni ci aspettano. Anche perché non esiste una specializzazione e tutti si improvvisano avvocati matrimonialisti, una tema assai difficile. Il futuro prevede che chi ha competenza possa scontrarsi con colleghi che nel quotidiano si occupano di altro. Per chi ha delle competenze i tempi di lavoro si allungano e di conseguenza anche le parcelle non potranno più essere le stesse applicate in passato, visto che ci impongono anche spese che, in caso di errore e non è detto che sia nostro, dovremo pagare. Gli avvocati chiederanno quella copertura, non possono lavorare e rischiare di rimetterci. Un minestrone. All’italiana, come sempre”.
Emiliano Liuzzi, il Fatto Quotidiano 8/11/2014