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 2014  novembre 08 Sabato calendario

UN GIORNO NORMALE

Nel Paese di Sottosopra, come lo chiamava Giorgio Bocca, è normale che si consideri anormale ciò che è normale e normale ciò che è anormale. È normale che il presidente della Repubblica, dopo aver ripetuto di non aver nulla di nuovo da dire sul periodo 1992-’93 al processo sulla trattativa Stato-mafia, quando è costretto a rispondere ai magistrati riveli un progetto di attentato ai suoi danni (e a quelli del collega Spadolini) subito dopo le stragi del 27 luglio ’93 di cui né lui né l’allora ministro dell’Interno Mancino avevano mai detto nulla per 21 anni. Ed è normale che non avesse mai fatto parola del piano eversivo, anzi di “colpo di Stato”, che i vertici istituzionali dell’epoca avevano ben chiaro da parte della mafia corleonese e non solo di quella (altrimenti che golpe sarebbe stato) per ricattare il governo in cambio dell’alleggerimento del 41-bis, che infatti di lì a poco arrivò. In compenso, è ritenuto anormale quel che è accaduto l’altroieri in Parlamento: e cioè che le Camere, paralizzate da quattro mesi dai veti incrociati fra e dentro i partiti del Patto del Nazareno (Pd e FI), siano riuscite a eleggere uno dei due nuovi membri della Consulta con i voti del Pd e dei 5Stelle, i quali però non hanno votato la candidata di FI per i suoi potenziali conflitti d’interessi. Le vestali del Nazareno, cioè della trattativa Stato-Mediaset che infesta l’Italia da vent’anni, non hanno mai trovato nulla di anormale nel patto occulto siglato dal premier Rottamatore e dall’ex premier Decaduto, Pregiudicato e Detenuto, col plurimputato Denis Verdini nel ruolo di sensale e paraninfo. Ma ora sono in allarme per ciò che ritengono anormale: e cioè che la stragrande maggioranza dei parlamentari, liberi da vincoli di mandato, dopo aver respinto giustamente i diktat del Quirinale, di Palazzo Chigi e di Cesano Boscone su Violante, Catricalà, Indagato Bruno e Caramazza, abbiano eletto alla Consulta una giurista indicata dal Pd ma non “del Pd” provvista di tutti i requisiti formali e morali per quel ruolo di garanzia, e abbiano finalmente completato il plenum del Csm con un ottimo professore universitario indicato in rete dai suoi studenti e designato dal M5S ma non “del M5S”. Il Giornale di Sallusti tuona contro il “Patto dell’Ebetino” e contro l’“inciucio Renzi-Grillo”. Il Foglio non si dà pace e, con l’amorevole impegno che mettono i secondi della boxe a rifocillare il pugile suonato all’angolo, incitano Renzi e B. a restare insieme: “Il patto deve reggere”, “la separazione” sarebbe una sciagura, sennò poi i cittadini rischiano di contare davvero. E anche i giornaloni “indipendenti” tremano all’idea che il patto Renzi-Grillo (peraltro inesistente) si ripeta quando bisognerà trovare un successore a Napolitano. Stefano Folli, su Repubblica, si consola per la gioia dei lettori: tra Silvio e Matteo “non è ancora un addio definitivo”. Ah, meno male. Ancor più affranto, il pompiere gemello del Corriere, Massimo Franco, non trattiene la “preoccupazione” per “quanto potrà accadere di fronte al vuoto che lascerebbe Napolitano” se il nuovo inquilino del Quirinale fosse affidato alla “imprevedibilità di una formazione che segue le dinamiche imperscrutabili della Rete e del suo leader”. Cioè all’eventuale voto decisivo dei 5Stelle. Il grumo di potere che ingrassa da due decenni all’ombra dell’Inciucione fra la sinistra più stupida e ricattabile del mondo e la destra più impresentabile e ricattatrice del mondo non si dà pace all’idea che quello schema tramonti. Sono quei poveretti che periodicamente si domandano, spiritosi, “come camperanno gli antiberlusconiani ora che non c’è più B.”. E intanto sono loro a tremare, in preda all’horror vacui, dinanzi alla prospettiva di veder sparire il piccolo mondo antico e laido che ancora un anno fa tradì il voto popolare e ci rifilò le larghe intese, dal Colle a Palazzo Chigi giù giù fino alle assemblee di condominio. Chissà se Grillo e i suoi si sono finalmente accorti di quanto possono aiutare l’Italia a cambiare, anche dall’opposizione, se fanno politica e la smettono di guardarsi l’ombelico.
Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 8/11/2014