Giuseppe Bottero, La Stampa 8/11/2014, 8 novembre 2014
NEGOZI CONNESSI VIA WEB COL FISCO PER ELIMINARE I PAGAMENTI IN NERO
Incrociare il finanziere all’uscita della pizzeria sarà sempre più complicato. Pensare di nascondere qualche informazione all’Agenzia delle Entrate pure. Meno muscoli e più byte: si muove su queste due strade il «Fisco che cambia verso», quello che si prepara a mandare in pensione gli scontrini. Attenzione, non è un percorso facile: nel 1996, l’allora ministro delle Finanze Vincenzo Visco firmava un protocollo con artigiani e commercianti che prometteva di archiviare per sempre le certificazioni cartacee. Diciotto anni dopo, i foglietti che spuntano dal portafoglio sono ancora qui. Nel frattempo, l’evasione non è diminuita.
Ecco perché la direttrice dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi spinge forte sull’acceleratore. La parola d’ordine è «tracciabilità totale», concetto affascinante ma anche complicatissimo da raggiungere in un Paese in cui la moneta elettronica (eufemismo) fatica a decollare: con una media di 31 operazioni all’anno per abitante l’Italia guarda da lontano la Spagna (52), la Francia (130) e soprattutto i Paesi del Nord, che superano quota 220.
Gli ostacoli
Per chi tenta di vivere una «giornata a contante zero» il primo ostacolo si presenta un’ora dopo il risveglio. Archiviata la lettura dei quotidiani - due ditate sul tablet, e il giornale è scaricato, pagato e fatturato - al caffè sotto casa le cose si ingarbugliano parecchio. Perché pure incrociando un barista «digitale» dotato di Pos, in questo momento, le commissioni da pagare per il commerciante restano piuttosto alte, e il contante continua ad essere il sistema di pagamento preferito degli esercenti. Il 92% delle transazioni, calcola l’Abi, avviene in «forma cartacea». Per informazioni rivolgersi ai benzinai, che per mercoledì 12 novembre hanno indetto un «no card day» per protestare contro l’introduzione dell’obbligo di accettare pagamenti con moneta elettronica, introdotto da un decreto del Ministero dello Sviluppo Economico a partire dal 30 giugno scorso. «È uno dei temi su cui bisogna intervenire», ammettono dal Fisco, dove i tecnici confidano nello sviluppo dei pagamenti via smartphone, pronti a decollare dopo l’ingresso nel settore dei colossi del web, da Apple in giù.
I vantaggi per gli esercenti
Il sistema su cui si sta lavorando alle Entrate punta a trasferire negli esercizi l’infrastruttura già sperimentata nella Pubblica Amministrazione. Dunque trasmissione costante dei dati dal negozio all’Erario, sfruttando il web e dribblando i sostituti d’imposta. I costi della riforma, va da sè, dovrebbero essere coperti dallo Stato, che in quest’operazione ha tutto da guadagnarci. In realtà - è il ragionamento della Orlandi - potrebbero esserci meno spese anche per i commercianti, che ormai hanno «metabolizzato» la filosofia dello scontrino: un registratore di cassa si paga almeno quattro-cinquecento euro, lo studio del commercialista, tappa obbligatoria a fine anno, non fa di certo volontariato.
Gli incentivi al cliente
Il punto è che per dare una scossa andrebbe incentivato anche il cliente. Se la commessa della boutique propone uno sconto robusto in cambio del pagamento in contanti, quali vantaggi - archiviato il senso civico - ci sono per chi rifiuta? A dare il buon esempio dovrebbe essere lo Stato, spiega Geronimo Emili, presidente dell’associazione «Cashless Way». «Siamo davanti a un paradosso: in negozio puoi scegliere di pagare con la carta, o almeno litigare per farlo. Versare le tasse universitarie in questo modo, invece, è ancora impossibile». Gli esempi virtuosi, tra le grandi aziende, non mancano. Enel, per le bollette, accetta pagamenti via Paypal, i sistemi di Trenitalia sono digitalizzati. «L’Italia è il Paese con la più alta penetrazione di tessere pre-pagate - dice Emili -. È il segno che le banche sono state brave a commercializzarle. Adesso qualcuno può insegnarci ad usarle?».
Il nodo privacy
Il paradosso della vita senza scontrini, temono gli ultrà della riservatezza, è una rinuncia quasi totale alla privacy: se i dati corrono sul web, come evitare che non vengano usati a scopi commerciali? In realtà il rischio già esiste, quando si parla di e-commerce. Il Garante della Privacy, dunque, ha «blindato» il settore: dallo scorso giugno le informazioni non possono essere utilizzate per altre finalità, come l’invio di pubblicità o analisi delle abitudini, senza lo specifico consenso degli utenti, e devono essere adeguatamente protetti dai rischi di uso fraudolento.
Giuseppe Bottero, La Stampa 8/11/2014