Mattia Feltri, La Stampa 8/11/2014, 8 novembre 2014
LA BICI, IL VIGILE E IL SESSANTOTTO IL PERCORSO A OSTACOLI DI MARINO
Ignazio Marino fa bene a preoccuparsi - sempre che si preoccupi - perché per i romani il peggior sindaco è l’ultimo, da che mondo è mondo, ma nel suo caso l’opinione pare straordinariamente diffusa. Un sondaggio di una decina di giorni fa della Swg - e per di più commissionato dal Partito democratico - ha svelato che alla domanda «che cosa funziona bene a Roma?», il 54 per cento ha risposto «nulla». Soltanto il venti per cento degli intervistati conserva fiducia nel lavoro di Marino, il resto per nulla. Il fatto che il sondaggio fosse a beneficio interno, ma sia poi finito sui giornali, dimostra quello che è già noto: il sindaco non è una star nemmeno dentro il suo partito. E tuttavia è piuttosto difficile valutare il lavoro del reggente del Campidoglio, poiché Roma è una città ormai quasi impossibile da governare, e a maggior ragione adesso che i debiti sono tanti e i denari pochi. Lui cerca scampo (ma non è l’unico) in una incessante campagna extra-amministrativa, che ha toccato le vette con la celebrazione dei matrimoni gay. E però è proprio nelle attività collaterali, chiamiamole così, che Marino combina i guai più evidenti. Noi vi proponiamo una hit parade delle dieci più tragiche performance del sindaco in un anno e mezzo scarso di comando.
1. Celebre come sindaco ciclista, Ignazio Marino ha evidenti problemi quando abbandona le due per le quattro ruote. Spettacolare, e appena risolto, il caso della Panda rossa che il sindaco ha parcheggiato per oltre un anno negli spazi del Senato, sebbene senatore non sia più. Se l’è cavata con un po’ di pubblicità negativa ma non può lamentarsi: a chiunque altro avrebbero buttato via l’auto con le chiavi. Sistemata la faccenda, subito è saltata fuori quella delle otto multe mai pagate perché - con la suddetta e disgraziatissima Panda - il nostro borgomastro transitava nelle aree a traffico limitato con un permesso scaduto. In tutto questo passa in secondo piano la vicenda del camper con cui girò i municipi di Roma per la campagna Lo dico al sindaco. Uno entrò e glielo disse: «È un camper euro 1, qui non ci può stare».
2. A proposito di bici, arriviamoci subito. La foto sua più celebre è quella in cui si alza sui pedali, col caschetto a norma, e dietro le due guardie cicliste che arrancano sotto lo scatto dell’apripista. Però, certo, Marino usa bici elettriche, con la pedalata assistita. Una volta è caduto in piazza del Collegio romano mentre andava dal ministro Massimo Bray ma non demorde: persino alle guardie svizzere tocca montare in sella quando arriva in visita in Vaticano, e agli ospiti tocca scortarlo. Ora promette di dotare di velocipede ogni assessore. Siamo ai livelli della coppa Cobram di Fantozzi.
3. Oreste Liporace, con questo bel nome da star gay americana, fu nominato comandante dei vigili urbani e si era già fatto le foto col sindaco, e aveva scherzato sul poco tempo che gli restava per andare dal sarto per farsi la divisa, e poi saltò fuori che non aveva i requisiti. Faccende tecniche su cui non entriamo. Liporace dopo un po’ si è ritirato. Più trascurabile la storia di Andrea Bianchi, capo staff del vicesindaco: lui si è dovuto dimettere perché da controlli è risultato senza laurea. Ma qui siamo già nella routine.
4. A gennaio, a Roma, arrivò un temporalone, o un’alluvione, chiamatela come ritenete meglio, e il sindaco si guadagnò il nomignolo di Sottomarino. In realtà la Capitale è predisposta a essere inondata indipendentemente da chi la governi, ma il nostro subì il colpo e al successivo allarme - quello dell’altro giorno - ha risposto con cautele spettacolose, compresa l’adozione di una moto d’acqua arrivata dai sommozzatori di Santa Marinella. Per fortuna la moto d’acqua non è servita. Ma il bello è che Marino non c’era: era a Milano. Ora lo chiamano Schettino.
5. Per un sindaco le relazioni internazionali non dovrebbero essere così importanti, e invece Marino ci tiene moltissimo. Diffonde comunicati stampa che ragguagliano sulle sue telefonate col sindaco di New York, Bill De Blasio, sulle sue gite a Parigi in sostegno della candidata sindaco Anne Hidalgo («la presenza del sindaco di Roma non è casuale, in quanto Roma è l’unica città con la quale Parigi è gemellata dal 30 gennaio 1956», è stata la brillante spiegazione). Purtroppo nel frattempo c’è stata la lite col sindaco di Londra, che aveva avvertito i suoi connazionali in gita a Roma di tenere gli occhi aperti, un consiglio che cogliamo l’occasione per estendere agli italiani. Il top è stato l’incontro con Barack Obama che, in visita in Italia, non trovò dieci minuti per il nostro sindaco: allora lui si presentò a Fiumicino per salutare il presidente in partenza. Colto di sprovvista, Obama se l’è cavata come facciamo noi coi parenti molesti: «Ora sono di fretta, ma ti chiama presto».
6. La via toponomastica al consenso è la carta segreta di ogni buon sindaco. In un anno e mezzo scarso, lui ha proposto una via Vittime di Hiroshima, una via Salvador Allende, una via Nelson Mandela e una via Enrico Berlinguer - e lì subito è arrivata l’automatica risposta da destra: «Allora anche una via Giorgio Almirante!».
7. Marino sembra un mite orsacchiotto, ma quando s’arrabbia non lo si tiene. Un giorno - quello della decadenza da senatore - Silvio Berlusconi issò un palco in via della Conciliazione senza avere il permesso, con la disinvoltura che gli è classica. Marino riuscì a scavalcarlo in bizzarria minacciando: «Domani, smontato il palco, verificherò danneggiamenti alla sede stradale e alla segnaletica e darò notizia di reato alla procura della Repubblica».
8. Fra le mirabolanti promesse del sindaco (ma magari questa la mantiene, aspettiamo) c’è quella di rendere navigabile il Tevere entro il 2015. È venuto in mente Carlo Verdone, nel film in cui si candidava al Campidoglio: «Ma a noi questo Tevere ce serve o nun ce serve? Perché se nun ce serve, e io penso che nun ce serve...». La promessa migliore è però del 17 luglio: «Entro fine mese Roma sarà pulita». Anzi, «davvero pulita». Persino Renzi è più prudente.
9. È innegabile che Marino abbia idee liberal. E anche che abbia un approccio classico ai problemi (Massimo D’Alema disse di aver lanciato una molotov, ma non esplose; Gianfranco Fine disse di aver fumato una canna, ma non aspirò...): intervistato alla radio, ha detto di essere «fortemente attratto da qualunque sostanza stupefacente», ma si è sempre trattenuto per una sana viltà.
10. Questa è una hit parade particolare, perché non è una classifica. Ma il colpo di genio (di Marino) ce lo siamo tenuto per le ultime righe. A un comizio gli avevano dato un megafono guasto e, mentre cercavano di aggiustarlo, lui lo volle indietro perché sapeva come farlo funzionare: «Ho fatto il Sessantotto!». Però, precoce. Marino nel ’68 aveva tredici anni.
Mattia Feltri, La Stampa 8/11/2014