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 2014  novembre 08 Sabato calendario

DEL PIERO: «I MIEI PRIMI 40 ANNI»

C’è il nonno che ripensa al gol alla Fiorentina. Il papà che si commuove ancora per la meravigliosa standing ovation dello Stadium, il giorno dell’addio. Il bimbo che si è goduto le ultime prodezze e che cerca quelle antiche su youtube. Ma c’è anche la nonna conquistata dalle pubblicità in tv, la mamma che ne ha sempre apprezzato il comportamento pulito e leale, la figlia che di calcio non sa nulla ma che conosce la storia del campione con il numero 10 che è andato a giocare perfino in Australia e in India. Alessandro Del Piero è il campione di tutti. Domani festeggia i 40 anni. Oggi li racconta alla Gazzetta rispondendo a 40 domande.
1 Ale, dica la verità: quando da ragazzo incrociava un 40enne pensava che era vecchio... Adesso che ci è arrivato, come si sente?
«Come uno che sbagliava a pensare che i 40enni fossero vecchi. Ma è normale che un ragazzino veda un quarantenne come una… persona molto matura, diciamo così».
2 Quando si è accorto per la prima volta che il tempo stava passando velocemente?
«Non soffro di nostalgie e dunque riesco a godermi il tempo che sto vivendo. Ma ci sono momenti della vita in cui quando vai a dormire ti sembra che sia finita un’era, non una giornata. A me è successo quando è morto mio padre. E quando sono diventato padre io».
3 Nei suoi figli rivede l’Ale bambino, anche se i tempi sono molto cambiati?
«I tempi sono cambiati, sì, ma in loro mi rivedo spesso. Stanno vivendo una vita completamente diversa dalla mia, ma nelle piccole cose, quelle più vere e semplici, siamo molto vicini».
4 Se fosse bambino adesso, passerebbe le serate a calciare punizioni in cortile o si dividerebbe tra playstation e iPad?
«Probabilmente sostituirei la sala giochi con l’Ipad o la Play, ma al pallone non rinuncerei mai. Basta metterlo tra i piedi di un bambino, anche oggi, per scoprire che il fascino di quella cosa che rotola è rimasto e rimarrà immutato».
5 Qual è il primo ricordo della sua vita?
«Risale alla mia prima fotografia, probabilmente è un ricordo ricostruito proprio sulla base di quell’immagine. Abbracciavo un pallone».
6 Cosa le direbbe oggi suo padre?
«Non direbbe e mi farebbe capire, con il suo esempio. Come ha sempre fatto».
7 Nel giorno del compleanno numero 40 appena sveglio a chi andrà il primo pensiero?
«Ai miei figli e a Sonia: mi mancano».
8 Cosa è sfuggito a chi l’ha seguita da lontano e avrebbe voluto vivere i suoi 40 anni?
«L’immagine pubblica arriva spesso mediata e non è sempre facile esprimere quello che si ha dentro. Col tempo ho imparato a convivere con questa cosa e oggi credo che la percezione di quello che sono sia piuttosto fedele. Forse è merito anche dei Social, che vanno presi con cautela, ma se usati bene sono molto utili».
9 I prossimi 40 anni saranno per forza di cose diversi. Cosa resterà immutabile?
«Le mie radici, la mia formazione, quello che ho imparato dai miei genitori. Mi hanno insegnato cose che – anche se volessi, e mai ho voluto – non riuscirei mai a scordare».
10 Festeggia dall’altra parte del mondo, ma per lei un’altra parte del mondo non esiste.
«Negli ultimi anni ho sposato la grande passione per il mio lavoro con la voglia di conoscere realtà nuove e viverle in totale pienezza. Questo mi ha consentito di sentirmi a casa anche dall’altra parte del mondo. E a dare più valore quando a casa ci torno veramente».
11 E’ stato il calcio a spingerla in giro per il mondo o la voglia di conoscere il mondo a spingerla in campo fino a 40 anni?
«La molla è stata la consapevolezza di dividere il concetto di “giocatore di calcio” da quello di “giocatore della Juventus”. E di non voler provare a rivivere quanto di straordinario, unico, irripetibile avevo vissuto a Torino. Quando ho scelto prima Sydney, poi Dehli ho abbracciato un percorso nuovo. Dentro e fuori dal campo».
12 In quale città avrebbe voluto organizzare la festa di compleanno?
«Non importa la città, ma con chi».
13 Qual è il regalo che si farà da solo?
«Mi auguro un bel gol».
14 Quattro tweet per raccontare le quattro decadi della sua vita.
«1-10: Mamma, papà, Stefano, il pallone e un’infanzia che auguro a qualsiasi bambino. 11-20: San Vendemiano-Padova, Padova-Torino. Correndo dietro a un pallone, si avvera il sogno. 21-30: Il mondo in bianco e nero: sono un giocatore della Juventus, sono il capitano della Juventus. 31-40: I migliori anni… Campione del mondo, cittadino del mondo. E soprattutto marito e papà».
15 Quale anno vorrebbe rivivere?
«Il 2006, per il Mondiale e non solo».
16 Per cos’altro?
«Perché sono rimasto alla Juventus in serie B, anzi senza sapere dove avremmo giocato. E non cambierei nulla, perché abbiamo dimostrato chi eravamo. E ci siamo rialzati».
17 Quale campione le sarebbe piaciuto essere?
«Michael Jordan».
18 Ha ancora un sogno?
«Si. Spero di non smettere mai di sognare, allora sì che mi sentirei vecchio».
19 Giochiamo un po’ con il numero 40. Alì Babà e i 40 ladroni: le hanno mai dato fastidio le allusioni sulla Juve?
«Io so quello che abbiamo vinto e come abbiamo vinto. Sudando e meritando tutto: dal primo all’ultimo punto, dalla prima all’ultima coppa».
20 Il diluvio universale durò 40 giorni e 40 notti. Qual è stato il suo “diluvio universale”, il periodo nero che sembrava non finire più?
«Quando penso al diluvio non riesco a non pensare a Perugia... Ma se parliamo in senso figurato, di certo la risalita dopo l’infortunio è stata molto dura. Mi sono preparato per una sorta di seconda carriera. Che è stata, se vogliamo, ancora meglio della prima».
21 Nella smorfia il numero 40 rappresenta la noia. Una partita di Serie A la annoia?
«Sinceramente no. Il calcio e lo sport non mi annoiano mai. Tutto questo clima negativo intorno alla A, anzi, comincia un po’ a stufarmi».
22 Si è mai annoiato in allenamento?
«Si. Però alla fine ha sempre prevalso la voglia di migliorarmi sul campo. E poi il pallone mi regala sempre un sorriso».
23 Con i numeri romani 40 si scrive XL: taglia abbondante. La sua Juve in Europa era XXL, formato super quasi come Real e Bayern ora. Adesso la Juve in Champions al massimo è una M. Quando crescerà la taglia?
«Difficile fare una previsione, spesso è una questione che sfugge ai pronostici troppo facili, che in questo momento ci porterebbero a dire che siamo distanti anni luce dalle più forti. Faccio due esempi: 1993-94, la mia prima stagione alla Juve. In Coppa Uefa perdemmo contro il Cagliari, tra i fischi. Un anno dopo finale di Uefa, l’anno dopo ancora vinciamo la Champions. Aggiungo: due anni fa chi avrebbe detto che l’Atletico Madrid sarebbe arrivato in finale? Insomma, non ci piangiamo troppo addosso e lavoriamo per tornare a vincere».
24 Il gol alla Fiorentina sta per fare 20 anni. Se ne parla ancora. E’ il gesto per eccellenza della carriera ancor più dei gol alla Del Piero?
«Non so se è il più bello, forse non è il più importante, ma ho imparato che conta davvero ciò che resta nel cuore della gente. E quel gol, insieme con quello di Dortmund contro la Germania, rimarrà il più amato».
25 C’è ancora spazio per un’altra avventura da calciatore dopo l’India?
«Davvero non so risponderle».
26 Che effetto le ha fatto ritrovare in campo Trezeguet?
«Un bell’effetto. Quasi dieci anni in attacco insieme non è da tutti. David è stato un grande compagno per me».
27 Disegni una squadra ideale di questi 40 anni: dieci giocatori più Del Piero.
«Mamma mia che difficile! Anzi, impossibile. Ho giocato con e contro campioni straordinari, ho vinto tantissimo con alcuni di loro. Nella realtà. Però nei sogni... qualche volta ho fantasticato, da piccolo e non solo, di giocare con Platini e Maradona... Pensi che avrei addirittura lasciato la dieci!».
28 Il futuro si sta avvicinando: ci pensa?
«Sì, spesso, perché la mia carriera di calciatore sta finendo. Il futuro cerco di costruirlo giorno dopo giorno, esperienza dopo esperienza. E’ una cosa strana da spiegare: non so ancora cosa farò, ma sto lavorando per imparare a farlo».
29 Qual è la cosa migliore che ha fatto fuori dal campo?
«Tobias, Dorotea, Sasha».
30 Come mai ancora nessuna autobiografia in libreria?
«Non ho mai voluto misurarmi in qualcosa di così “definitivo” , non l’ho fatto nei libri che sono già usciti. L’idea mi piace, ma deve segnare la conclusione di un percorso, nel mio caso almeno la carriera di calciatore».
31 La canzone della sua vita?
«Queste cose mi mettono in difficoltà. Ce n’è una che caratterizza ogni periodo, ogni situazione… Se devo proprio scegliere, cito un brano immortale: One, canzone simbolo degli U2».
32 Il film?
«Anche qui è durissima. Mi rifugio nell’ultimo che ho rivisto: “Sette anni in Tibet”».
33 La partita?
«Italia-Germania 2-0, Dortmund, 4 luglio 2006».
34 Gli auguri che non si aspetta?
«Spero che mi arrivino nel sogno, quelli di chi non c’è più».
35 Il rimpianto più grande?
«Sportivamente parlando, l’infortunio. E’ vero che mi ha fatto diventare più forte, ma mi ha portato via un anno di gioco».
36 La gioia più intensa?
«9 luglio 2006, Berlino, Campioni del Mondo».
37 Dia un giudizio sui suoi rapporti con i compagni, con Lippi, Ancelotti, Capello, Conte, Boniperti, Andrea Agnelli, i giornalisti e i tifosi.
«I compagni: rapporto unico, in campo siamo come fratelli, è una delle cose di cui vado più orgoglioso. Lippi: siamo legati a ricordi incancellabili, due reduci di avventure straordinarie. Ancelotti: profonda stima e gratitudine, come allenatore e uomo. Capello: due anni difficili, ma vincenti con due scudetti. Conte: non è da tutti vincere da compagni di squadra e da allenatore/giocatore, uno scudetto indimenticabile. Boniperti: è una sorta di papà calcistico per tutti gli juventini, continua fonte di ispirazione per me. Agnelli: amiamo e vogliamo il bene della stessa cosa, la Juventus. E questa è la cosa più importante. Anzi, è l’unica che conta. I giornalisti: rispetto per chi fa bene un lavoro importante per la gente, indifferenza per chi fa il furbo. I tifosi: un legame d’amore profondo e infinito, la più grande vittoria della mia carriera».
38 Come mai in Italia (come ha detto Maldini alla Gazzetta) i grandi club faticano ad affidarsi ai grandi campioni che ne hanno fatto la storia?
«Effettivamente è un’anomalia rispetto ad altri Paesi. Credo che i calciatori, quelli preparati, siano pronti per assumersi grandi responsabilità. Non parlo soltanto a livello di club, ma anche nelle istituzioni, basta pensare al lavoro che sta facendo Platini. Comunque giocatori come Maldini, o grandi bandiere come lui, rimarranno per sempre legate alla storia del club, senza bisogno di alcuna carica o qualifica».
39 Si è emozionato di più il primo giorno di Juve firmando il contratto con Boniperti o l’ultimo, con la meravigliosa festa dello Stadium?
«Sono emozioni diverse. Quella firma è stata l’inizio di tutto. Mi fa quasi paura pensare a quanto ha cambiato la mia vita quel momento magico, quando ho realizzato – di fatto – il mio grande sogno. Ma nulla, davvero nulla, ora e per sempre, è paragonabile a quello che è successo quel giorno allo Juventus Stadium. Lì c’è tutto, e per quanto possa cercare di spiegarlo a parole per i prossimi 40 anni, non riuscirei a trovare quelle giuste. E’ tutto nel mio cuore e lì resterà per il resto della mia vita».
40 Ale, per chiudere ha quaranta parole per dire ciò che vuole.
«Ci ho provato sul mio sito a descrivere 40 anni in 40 parole. Domani le potrà leggere, non mi faccia rovinare la sorpresa... Qui ne scelgo solo tre: grazie a tutti» .