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 2014  novembre 06 Giovedì calendario

MONTEPASCHI DI SIENA DÀ IL VIA A UN PIANO DA 2,7 MILIARDI PER COPRIRE IL DEFICIT DI CAPITALE EVIDENZIATO DAGLI STRESS TEST DELLA BCE, MA CHIEDE A FRANCOFORTE UNO SCONTO. VIA LIBERA ALL’AUMENTO DA 2,5 MILIARDI E A CESSIONI DA 220 MILIONI

Mps dà il via al piano correttivo per coprire il deficit di capitale da 2,1 miliardi evidenziato dagli esami della Bce. Un capital plan che gravita tutto attorno a un aumento di capitale da 2,5 miliardi che permetterà di rimborsare integralmente e in anticipo 1,1 miliardi di Monti bond. A questo, si aggiungerà la cessione di asset per 220 milioni, che portano così a 2,7 miliardi il denaro fresco che andrà a rinforzare i ratio patrimoniale del gruppo. Ma soprattutto, ed è la novità principale emersa ieri da Siena al termine del Cda che ha approvato il piano, Mps chiederà all’Eurotower uno “sconto” di 390 milioni sul deficit di capitale da colmare: si passerebbe così da una carenza di 2,1 miliardi a circa 1,71 miliardi, in virtù di un calcolo più favorevole (e realistico) degli utili attesi per l’anno in corso. Entrando nel dettaglio, la road map approvata ieri da Mps prevede anzitutto il varo di un aumento di capitale da 2,5 miliardi, già assistito da un accordo di pre-garanzia e che sarà sottoposto all’approvazione di un’assemblea straordinaria. A quanto risulta, l’assise dei soci dovrebbe essere convocata contestualmente all’assemblea ordinaria, fissata nell’aprile 2015.
Il via alla ricapitalizzazione potrebbe quindi avvenire tra maggio e giugno 2015, ben prima comunque di agosto 2015, considerato il termine massimo da parte della Bce per realizzare il piano correttivo.

Rimborso dei Monti Bond
L’aumento di capitale permetterà alla banca di rimborsare per intero e in anticipo le tre tranche di Monti bond ancora in piedi: due in scadenza nel 2015 e 2016 per complessivi 750 milioni, e una terza, in scadenza nel 2017, per altri 321 milioni. A quanto si apprende, il rimborso totale di circa 1,07 miliardi dovrebbe avvenire subito dopo l’aumento, presumibilmente in luglio.
Il buon esito dell’aumento da 2,5 miliardi è garantito da un consorzio di garanzia formato dalle principali banche d’affari internazionali. Ubs agirà in qualità di global coordinator e joint bookrunner, Citi, Goldman Sachs, e Mediobanca saranno co-global coordinators e joint book runners mentre Barclays, BofA Merrill Lynch, Commerzbank, Deutsche Bank e Société Générale agiranno in qualità di Joint Bookrunners. Oltre all’aumento la banca prevede cessioni per 220 milioni, derivanti dalla cessione di «partecipazioni non core e attivi del portafoglio», come si legge in una nota: sul mercato dovrebbero così finire tra le altre cose Consum.it e alcune tranche di cartolarizzazioni che la banca ha in bilancio.

Lo “sconto” sul deficit
Il terzo punto del capital plan è rappresentato dalla richiesta di mitigazione della carenza di capitale che Bce ha individuato in 2,11 miliardi. In pratica, la banca chiede a Francoforte – con cui, assieme a Bankitalia, il management ha mantenuto un dialogo costante nel corso degli ultimi giorni – che venga considerata ai fini del calcolo del deficit la parte aggiuntiva di utili operativi stimati per il 2014 – pari a 390 milioni – che invece non sono stati computati nello stress test avverso Bce. Di fatto è come se la banca rivendicasse l’applicazione dell’analisi “dinamica” sul bilancio, alla pari degli altri istituti che hanno sottoscritto un piano di aiuti – come le banche greche, portoghesi e anche alcune tedesche come Commerzbank – e non quella “statica” (o mista) come invece è accaduto per Mps con effetti punitivi. La richiesta di mitigazione del deficit sarà comunque sottoposta al giudizio della Bce: sarà «interamente a discrezione delle Autorità la valutazione in merito alla sua computabilità», si legge in una nota.

Le altre misure
Accanto a tutto ciò, il capital plan di Mps prevede alcune «azioni manageriali» per migliorare la «produttività commerciale». Previste iniziative di de-risking e «vendite di portafoglio, riorganizzazione dei processi e dei team interni, accordi commerciali/joint venture con piattaforme od operatori specializzati». In questo ambito ad esempio rientra la cessione di un pacchetto di Npl pari a 1,2 miliardi per cui si è fatto avanti anche Davide Serra di Algebris.

I soci
«Il capital plan è stato approvato e noi siamo soddisfatti», ha detto ieri il presidente di Mps, Alessandro Profumo uscendo dal cda. Resta da capire cosa accadrà rispetto alla sottoscrizione dell’aumento da parte degli attuali soci. Axa (3,72%) ha già annunciato che aderirà, e lo stesso dovrebbero fare i fondi Btg Pactual (2,5%) e Fintech (4,5%), soci del Patto assieme alla Fondazione Mps (2,5%). Difficile credere che alla fine i soci, che peraltro hanno già contribuito a sottoscrivere l’aumento di 5 miliardi nei mesi scorsi, si tirino indietro.

Lo scenario
Certo è che l’aumento è visto dagli osservatori come una tappa necessaria per arrivare all’aggregazione, soluzione che gli stessi vertici della banca in più occasioni hanno riconosciuto una delle opzioni sul tavolo. Dell’eventuale matrimonio se ne parlerà a questo punto dopo l’aumento di capitale (che tra l’altro non prevede il diritto d’opzione), anche se non è detto che, una volta risanato il deficit, Mps non riesca a rimanere in piedi in autonomia. Questi mesi potrebbero comunque servire ad avviare i contatti decisivi. Nonostante le smentite, Santander rimane il nome più accreditato per un’eventuale fusione. Intesa Sanpaolo e Bnl-Bnp Paribas, altri istituti circolati come possibili pretendenti, ieri hanno messo le mani avanti. «Mi sembra difficile immaginare che ci siano asset di Mps che siano acquisibili da Intesa SanPaolo» ha detto ieri il consigliere delegato del gruppo Carlo Messina, a margine di una conferenza stampa a Milano. Netto il no di Fabio Gallia, ad di Bnl. «No, non siamo coinvolti, siamo concentrati sul nostro piano industriale».
Luca Davi, Il Sole 24 Ore 6/11/2014