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 2014  novembre 06 Giovedì calendario

PERISCOPIO

Paghi mille euro, ti tocca cenare con Renzi e magari ti senti pure male. Jena. La Stampa.

(mfimage) Nostalgia del Renzi che non cercava scuse né alibi e si assumeva preventivamente ogni responsabilità: «Se falliremo sarà soltanto colpa mia». Otto mesi a Palazzo Chigi sono bastati a trasformarlo nel suo contrario: izneR oettaM, l’Ogm di se stesso, una via di mezzo fra un ducetto e una macchietta che ogni giorno si fa nuovi nemici e, se non li trova, se li inventa. Il tutto per cercare di frenare una crisi di consensi che comincia a notarsi pure nei sondaggi, conseguenza inevitabile di promesse al vento, logorrea smodata, arroganza rancorosa, ignoranza al potere e risultati catastrofici. Marco Travaglio. il Fatto.

Stasera vado a vedere l’ultimo film di Olmi sulla prima guerra mondiale. Penso che mi darà un dispiacere. Giuliano Ferrara. Il Foglio.

Chi ha avuto il coraggio di dire ai nostri grandi intellettuali, filosofi, giornalisti, scrittori e comici, difensori della «costituzione più bella del mondo», che in realtà sono superati e stonati? Chi ha osato, prima di Renzi, sfidare il presidente della Repubblica e poi farne un suo seguace? Chi ha osato prendere di mira i magistrati, i sindacati, i governatori, i funzionari dell’alta amministrazione, ricordando loro che la politica viene al primo posto? Chi ha trasformato i malumori euroscettici in posizioni tanto ferme da guadagnarsi, se non il rispetto, la preoccupazione della cancelliera Merkel? Marcello Pera, ex presidente del Senato. Libero.

Emblematica la genesi di Rai Vaticano. Nel ’97 una decina di dipendenti occupavano due stanze per preparare gli eventi di Giubileo 2000. Senza budget, il team si relazionava con la Santa Sede per agevolare le reti nella produzione di programmi da trasmettere e vendere in tutto il mondo, e doveva essere operativo per 2 anni. Il Giubileo è finito da tempo, ma la piccola squadra si è trasformata in una struttura con i suoi funzionari e dirigenti per continuare a fare le stesse cose. Milena Gabanelli, Corsera.

Si può «non» pagare l’Iva a Caltanissetta o a Reggio Calabria, ma non a Milano o a Firenze. A Roma il semaforo è guardato con sospetto, ma ancora rispettato; a Napoli è già irriso, a Palermo ignorato. A Trento o a Torino si può rischiare un ricovero ospedaliero, ma non è consigliabile affrontare lo stesso rischio a Catania. I musei sono chiusi la più parte del giorno, dovunque. E dovunque i treni funzionano male. Saverio Verdone, Ultimo manicomio - Elogio della repubblica italiana. Rizzoli, 1992.

Dovremmo insegnare ai nostri ragazzi e bambini che non si può dar niente di scontato e che la ricchezza futura è tutta da creare, non c’è nulla che si eredita. Abel Alinares Palacios, ad di Telefonica America. Libero.

Il primo stadio della scrittura è quando credi che tutti siano buoni. Il secondo è quello del cinismo, quando credi che nessuno sia buono. E poi, l’ultimo, quando capisci che tutti possiamo essere capaci di qualunque cosa, di essere degli inetti o degli eroi, o codardi, o gentili, o crudeli. E probabilmente è a questo stadio che si deve arrivare. William Faulkner in Il gioco dell’apprendista di Alessandro Carrera. Medusa.

Le femmine a quattro ruote: Mercedes, per i più, resta Mercèdes, per qualcuno diventa un premio, mercede, i vecchi la chiamano ancora (tutto d’un fiato) mercedesbènz e solo qualche purista trova il coraggio della zeta: merzèdes. Anche restando a casa nostra, non si rinuncia alle variazioni sul tema: la Lancia Trevi fa pensare alla celebre fontana, eppure c’è qualcuno che si dà un tono e dice Trevì, come i tre volumi. Si può concludere che la tendenza a personalizzare la propria auto ha contagiato anche il suo nome: non c’è niente di più personale di una oraizon o di una volcvago. Luca Goldoni, Viaggio in provincia, Roma inclusa. Mondadori, 1984.

Caporetto. Quel nome dalle sillabe squillanti acquisito invece, dall’infanzia, come un cupo brivido (il latrato stesso del disonore), lo aveva sempre soggiogato. Una macchia terrosa. Uno schianto, un buco buio slabbrato nell’integro arazzo della patria. E subito la gran pioggia di quel declinante ottobre, un fluttuar di elmetti opachi indietro, sempre più indietro, tra il serpeggiare di fiumi dal nome dolce e infido incontrato sulle cartine del ginnasio: Isonzo, Natisone, Livenza, Tagliamento... Luigi Santucci, Orfeo in paradiso. Mondadori.

Nell’estate del 1980 un longianese che abita a poca distanza da Egisto era andato in gita con tutta la famiglia, in macchina e con i finestrini aperti. Oltre alla moglie erano con lui un figlio di 5 anni e una bambina di 3. Tutti e due ignoravano che il padre portasse il parrucchino. Improvvisamente, per lo spostamento d’aria di un gigantesco Tir che li aveva superati, il parrucchino volò in mezzo alla strada. I due figli gridarono pensando che al babbo si fosse scoperchiata la testa e che stesse per morire. Maurizio Ferrini, L’ultimo comunista. Mondadori, 1992.

Anni fa ero sull’equipaggio di Luna Rossa nella Coppa America di vela. Non dovevo far niente: essendo pesante 200 kg, dovevo spostarmi sullo scafo dove mi ordinava lo skipper. Durante una regata, Luna Rossa andava tutta di traverso, io mi sono messo a saltare come uno scemo, di mia iniziativa, e ho deformato lo scafo. Era il primo scafo di titanio. Come danno ho fatto, c’erano ancora le lire, 4 miliardi. Mi hanno licenziato giustamente. Hanno ingaggiato un altro grandissimo obeso, che ha fatto peggio: una cima in movimento gli ha preso il piede, è volato in mare e ha spaccato in due lo scafo di carbonio. Danno: 10 miliardi, e sponsor fuggiti per oltre 200 miliardi. Maurizio Milani. Il Foglio.

L’Italia è un interno arido, arso da un sole impietoso e non innaffiato. Cosa fa la terra quando si secca? Si spacca in mille pezzi. Su ogni pezzo un individuo, su ogni pezzo stiamo noi, ma non ci sono catalizzatori che colleghino un’isola all’altra. Io, nel mio angolino, ci sto bene, e non mi piace essere disturbato. I politici? Comincino a pensare. Dicono che devi avere speranza, fiducia. Cazzate. La speranza ognuno ce l’ha dentro, è quella che ti fa alzare la mattina dal letto. Non c’è bisogno di politici per avere speranza. Giancarlo Giannini, attore. Il Fatto.

Io, con Vittoria, mi sento in colpa solo quando faccio il mio dovere, che lei scambia per i miei comodi. Roberto Gervaso. il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 6/11/2014