Philippe Daverio, Corriere della Sera 06/11/2014, 6 novembre 2014
QUATTRO DIPINTI PER UNA MOSTRA D’ECCEZIONE LE SIGNORE FIORENTINE DEL POLLAIOLO PER LA PRIMA VOLTA TUTTE INSIEME A MILANO. I QUATTRO PROFILI DI DAMA TESTIMONIANO L’ABILITÀ DA INCISORE DI MEDAGLIE CHE FU L’AMBITO DI FORMAZIONE DI ANTONIO BENCI DETTO DEL POLLAIOLO, MA RACCONTANO QUESTE SIGNORE DIVERSE IN ETÀ LA MEDESIMA PASSIONE PER LA CURA DELLE ACCONCIATURE E DELLE VESTI IN UNA CITTÀ ALLORA CONDOTTA DA LORENZO IL MAGNIFICO
Quant’è affascinante vedere una mostra che riempie la testa e non gonfia i piedi! Nel correre a vedere le mostre abituali il pubblico è invitato in un paio d’ore ad analizzare il percorso della vita intera d’un artista. Intere pinacoteche si consumano in un pomeriggio passando dai primitivi agli albori della contemporaneità. Quando va bene si esce con un sapore traversale in una testa confusa.
Consumare tutti i quadri d’una pinacoteca in un giorno è in realtà indigesto quanto lo sarebbero tutti i panini d’una paninoteca in un pomeriggio! Nondimeno questi bagni nell’arte visiva sono raccomandabili: se lasciano il ricordo di quattro opere, vanno già bene. Sarebbe auspicabile il «biglietto di regolarità» con diritto a entrare nel medesimo museo varie volte e aprire un dialogo stabile con le opere.
Le pinacoteche storiche erano nate con questo scopo, il quale era di fruizione e didattica al contempo e prevedeva quel parametro che la museologia moderna auspica con il termine inglese di l ong term relation. E allora perché non immaginare mostre dove si vedono poche opere invitando il visitatore alla riflessione.
È la scommessa del Poldi Pezzoli nel proporre quattro ritratti similari e paralleli dei fratelli Pollaiolo. Da un punto di vista organizzativo l’operazione non è stata facile: ha richiesto un lungo lavoro diplomatico per ottenere prestiti non facili per un’ Italia che si rifiuta di spostare un bronzo da Reggio Calabria a Milano. Tre tavole sono venute a rendere omaggio a quella posseduta dal museo; arrivano da musei diversi su diversi continenti, da Firenze a New York e Berlino.
Il risultato è eccellente. I quattro profili testimoniano l’abilità da incisore di medaglie che fu l’ambito di formazione di Antonio Benci detto del Pollaiolo e che egli trasmise, nella tradizione delle botteghe fiorentine, al fratello minore Piero. Ma raccontano queste signore diverse in età la medesima passione per la cura delle acconciature e delle vesti in una città allora condotta da Lorenzo che s’era fatto Magnifico. Sono apparentemente timorate le signore e si percepisce quanta malizia si possa nascondere dietro i sorrisi garbati. Quanta attenzione nel scegliere le collane che ne esaltano il portamento! Quanta cura nelle ore passate a intrecciare i capelli rigorosamente biondi.
E così il visitatore inizia a giocare con i sogni della Storia, si chiede come mai tutte queste fiorentine, come quelle raffigurate da Botticelli, debbano essere bionde come se fossero parigine. Si capisce che negli stessi anni fosse diventata icona della bellezza giovanile la Simonetta Vespucci della quale s’infatuò Giuliano il fratello del Magnifico, appena ella giunse sposata a Firenze, lei ritratta sia dal Botticelli più d’una volta che, a seno provocatoriamente nudo, da Piero Di Cosimo. E si esce dalla mostra con in bocca il sapore degli anni più gloriosi d’un umanesimo che s’era fatto chic sotto la guida del Poliziano e dei suoi testi sofisticati chiedendosi come mai oggi i fiorentini abbiano i capelli neri.