D, la Repubblica 1/11/2014, 1 novembre 2014
GOAL IN BORSA
Che il calcio europeo faccia gola agli investitori stranieri non è una novità. Ha atto scalpore il Paris Saint Jermain, passato nelle mani di una società d’investimenti araba (la Qatar Sport Investments dell’emiro Al Thani). In Italia, invece, la Roma è stata acquistata dall’imprenditore di Boston James Pallotta (come “americane” sono oggi Cagliari e Bologna), l’Inter dal tycoon indonesiano Erick Thohir. La novità più dirompente è un’altra: la pratica, importata dagli Usa e già diffusa in America latina e proprio in Qatar, di comprare singole quote di un giocatore. Come si farebbe con una società quotata in Borsa.
Tecnicamente l’operazione è un Tpo, da third party ownership: consiste nell’acquistare una parte dei diritti di uno sportivo, meglio se giovane e talentuoso, sperando di ottenere una plusvalenza nel momento in cui verrà ceduto sul mercato. La negoziazione segue il modello cosiddetto win win: la società che cede una parte rimpingua subito le sue casse, il fondo o l’investitore privato si assicura la possibilità di trarre un profitto dal lievitare del suo cartellino. Così, per esempio, è già avvenuto con Neymar, Radamel Falcao o il baby fenomeno James Rodriguez. Oggi però le cose sembrano complicarsi. La Francia ha vietato la novità (così i qatarini, si è detto, hanno comprato l’intero Saint Germain) e altrettanto ha fatto la Polonia. L’Italia per ora non ha una legge ad hoc. In Inghilterra, dopo il caso di Carlos Tevez (trasferito in poche stagioni da un club all’altro), la Federazione britannica ha deciso di tenere a distanza i fondi terzi accusati di speculare ai danni degli sportivi. Spesso dietro ai fondi, infatti, si nascondono società registrate nei paradisi fiscali e c’è chi parla di riciclaggio di denaro. L’Uefa, per voce del presidente Michel Platini, ha chiesto ufficialmente di vietare la cessione in quote di giocatori a terzi, mentre la Fifa di Sepp Blatter ha alzato solo un cartellino giallo, che per ora non prevede l’espulsione.