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 2014  novembre 05 Mercoledì calendario

TROPPI FRONTI PER UNA DIFESA CON BUDGET SEMPRE PIU’ MAGRI

La nota diffusa ieri dal Quirinale in occasione delle celebrazioni del 4 novembre non ha solo ribadito l’entità e l’attualità della minaccia portata all’Europa e all’Italia da «nuove e più aggressive forme di estremismo e di fanatismo» ma ha voluto richiamare la necessità che le Forze armate siano «pronte a prevenire e contrastare» questa minaccia. Il tema non è certo nuovo e il Presidente della Repubblica, che è anche comandante supremo delle forze armate, ha in più occasioni sostenuto quanto sia prioritario mantenere credibili capacità militari che consentano all’Italia di giocare un ruolo nell’ambito delle iniziative di Difesa e Sicurezza varate dalla comunità internazionale e in particolare da Nato e Ue.
Compiti sempre più ardui da adempiere considerando le crescenti difficoltà che l’apparato militare incontra nel far fronte non solo alle sfide operative in ambito internazionale ma anche alla gestione ordinaria di mezzi, caserme, reparti e infrastrutture a causa dei progressivi tagli al bilancio della Difesa.
In termini reali la spesa militare italiana si è ridotta di oltre il 20 per cento negli ultimi dieci anni e continua a scendere restando al di sotto dell’1 per cento del Pil. L’impressione che l’attuale governo non tenga in gran conto le esigenze dello strumento militare trova conferme anche nell’esame della legge di Stabilità 2015 dove, a fronte di poco più di un miliardo di euro di tagli ai bilanci dei ministeri, ben 504,5 milioni vengano prelevati dalla Difesa. E questo nonostante il ministro Roberta Pinotti avesse dichiarato che la Difesa non poteva essere il «bancomat per prendere risorse per fare qualsiasi altra cosa».
I fondi per la Funzione Difesa caleranno ulteriormente l’anno prossimo a 13,57 miliardi contro i dai 14,04 di quest’anno come previsto dalla legge di bilancio 2015-2017 che include tagli per oltre 600 milioni annui anche nei successivi due esercizi.
Se il taglio previsto di 300 milioni agli investimenti (l’acquisizione di nuovi equipaggiamenti) ha indotto lunedì Guido Crosetto, il presidente dell’Aiad che raggruppa le aziende del settore, a esprimere forti preoccupazioni per le ricadute occupazionali nell’industria del settore, è sulla voce Esercizio (addestramento e manutenzione) che i danni dei tagli si ripercuotono più gravemente. Già oggi molti reparti non hanno fondi per l’addestramento al combattimento mentre numerosi velivoli sono a terra per mancanza di ricambi o manutenzione. Le poche unità che mantengono standard addestrativi dignitosi sono quelle d’élite e quelle destinate alle operazioni oltremare perché possono contare sui fondi ad hoc per le missioni che sono però in rapida riduzione: 1,55 miliardi nel 2011, uno quest’anno, 850 milioni nel 2015). Il crollo dei fondi per l’Esercizio (che l’anno prossimo sprofonderà a 1,17 miliardi contro 1,34 di quest’anno per tutte e tre forze armate) rappresenta il maggiore ostacolo al mantenimento delle capacità di far fronte alle minacce evidenziate ieri dal Presidente Napolitano, che variano da contesti di guerra convenzionali a quelli anti insurrezionali o "asimmetrici". Con i fondi per il Personale che assorbono oltre il 70 per cento della Funzione Difesa il rischio concreto è che forze armate perdano ogni capacità operativa limitandosi a pagare stipendi a soldati sempre più anziani a causa dei tagli agli arruolamenti tesi a ridurre gli organici a 150 mila effettivi nel 2024, quando le forze armate saranno composte in media da 50enni.
Se le valutazioni del Colle possono apparire critiche nei confronti dei tagli apportati anche dall’attuale governo, il richiamo al Libro Bianco indica la strada per invertire la tendenza come sta già accadendo in molti Paesi europei dove, dopo anni di tagli, i bilanci militari danno segni di timida ripresa.
Il documento programmatico atteso in dicembre «dovrà determinare un deciso cambio di rotta», sostiene il Presidente ma è evidente che senza un preciso impegno politico a definire le risorse finanziarie da assegnare nei prossimi tre/cinque anni non sarà possibile mettere a punto le basi per uno strumento militare bilanciato ed efficace.
La penurie di risorse dovrebbe inoltre stimolare una riflessione critica sull’impegno nazionale nelle alleanze di cui facciamo parte e che assorbono ingenti risorse per missioni che non tutelano i nostri interessi nazionali prioritari. La guerra in Libia del 2011 "impostaci" dai nostri alleati dovrebbe avere fatto balenare qualche dubbio. Così come dovremmo chiederci se con la Libia che "brucia" dobbiamo spendere le già scarse risorse disponibili per mantenere altri due anni una missione addestrativa in Afghanistan o inviare aerei e soldati a far parte dell’ambigua coalizione contro lo Stato Islamico. Meglio forse risparmiare truppe mezzi e denaro per gestire guai peggiori alle porte di casa.