Varie, 4 novembre 2014
Gonna per Sette – Il parroco di Gesico, provincia di Cagliari, ha affisso sul portone della chiesa un disegno in cui la sagoma di una donna con la gonna sopra al ginocchio è cancellata con una ics
Gonna per Sette – Il parroco di Gesico, provincia di Cagliari, ha affisso sul portone della chiesa un disegno in cui la sagoma di una donna con la gonna sopra al ginocchio è cancellata con una ics. L’etologo Desmond Morris disse esistere una correlazione tra l’andamento dell’economia occidentale e la lunghezza dell’abito femminile, gonna in particolare. Negli anni Venti erano corte, durante la recessione degli anni Trenta erano lunghe. Durante la Seconda guerra mondiale, con l’economia di guerra in crescita, tendono a diventare corte, per poi allungarsi nel corso dell’austerità postbellica. Le minigonne appaiono negli anni 60, durante il boom economico: sono appena corte nel 1960, cortissime nel 1968-69, per allungarsi di colpo nel 1970 e diventare molto lunghe nel 1971. Il costumista Corrado Colabucci creò il personaggio di Mina in minigonna e tacchi altissimi quando, vedendola ballare con una gonna da cancan, notò per la prima volta le sue gambe. La minigonna di banane con cui, nel 1926, Josephine Baker esordì alle Foliès Bergeres. «Mi auguro di non diventare mai una ridicola carampana in minigonna» (Alba Parietti). Un sondaggio commissionato dalla catena di grandi magazzini Harvey Nichols e condotto su 3.500 consumatori rivelò che la minigonna è l’indumento più amato di tutti i tempi. Al secondo posto i jeans. I grandi magazzini inglesi Debenhams hanno osservato che le ragazze comprano la loro prima minigonna intorno a 16 anni. Con il passare degli anni la indossano sempre più corta: 46 centimetri la prima, 36 centimetri a 19 anni, 32 centimetri a 23 anni. A 27 anni torna intorno ai 37 centimetri, si riaccorcia da 27 a 34 anni. A 40 anni misura 35 centimetri, dopo scende fino a coprire le ginocchia (42 centimetri). «Minigonna vuol dire libertà, grandi falcate e salute» (Camilla Cederna). Gianna Nannini ha messo la minigonna per cantare con Sting nell’Opera da tre soldi di Brecht-Weill: «Mi andava di fargli vedere le gambe. Certi privilegi li riservo a pochi». Dal 2010 in Francia si organizzano «giornate della gonna», contro gli atteggiamenti sessisti dei compagni: in molte scuole, soprattutto in banlieue, una ragazza che indossa una gonna si attira apprezzamenti, insulti e, talvolta, violenze. In molte scuole del Regno Unito alle ragazze è stato vietato di indossare la gonna, perché l’orlo era salito oltre il limite della decenza. Nel gennaio 1968 un barista del torinese sparò una fucilata alla figlia quindicenne in minigonna. Giugno 1969, Napoli: una sedicenne rimproverata per la minigonna si ammazzò saltando dal terrazzo. Marzo 1971, a Bergamo un tizio a bordo di un motorino rosso prese a coltellate sulle gambe tutte quelle che gli capitavano a tiro indossando la mini. Aprile 1972, a Monreale, rimase famoso quel bracciante agricolo che diede fuoco a tutte le gonnelline di sua figlia. Negli anni Settanta un’inchiesta calcolò che il 91% dei poliziotti americani era convinto che la minigonna fosse causa dell’aumento di violenze carnali. Nello stesso periodo una ricerca dell’università di Camden scoprì che le ragazze solite indossare la mini soffrivano di complessi di inferiorità. Per altri sondaggi la minigonna era responsabile del calo di produttività: negli uffici gli uomini sprecavano almeno due ore di lavoro al giorno in «occhiate rapide», «sguardi intensi», «osservazioni attente» verso le gambe scoperte. Nel 1971 il pretore romano Lombardi condannò a una settimana di arresto due donne la cui minigonna «desta per la sua stessa scostumatezza un senso di riprovevolezza». Suor Fiorella che in San Pietro aveva il compito di misurare le gonne alle turiste e, nel caso fossero troppo corte, allontanarle. Capitò anche a Paola del Belgio, colpevole di essersi presentata con le ginocchia nude. Quando in Uganda il dittatore Idi Amin Dada espulse tutte le ragazze in minigonna. Mary Quant, la prima stilista che nel 1964 presentò una minigonna nella sua collezione: «Non siamo stati né io né Courrèges a inventarla, sono state le ragazze». «Mai la gonna se non quando lo richieda il copione» (Katharine Hepburn) Quand’era ministro dello Sport, la francese Chantal Jouanno si presentava al lavoro solo con i pantaloni: «Non potete immaginare tutti i commenti dei deputati dietro di me ogni volta che mettevo la gonna». Uomini e donne della mesopotamia si abbigliavano con kaunakès, gonne a balze sovrapposte, realizzate con pelli di ovini. Pano o pagne, la gonnellina di lino bianco che copriva poco le gambe degli uomini dell’antico Egitto. Quello riservato al faraone e ai suoi dignitari si chiamana skentis, più ricercato, in sottile tela di lino pieghettata. La gonna a campana delle donne cretesi, formata da strati di stoffa sostenuti da cerchi di giunco o legno. In Grecia e a Roma maschi e femmine portavano il peplo, rettangolo di stoffa drappeggiato intorno ai fianchi. Il corpo era poi avvolto nell’himation, un mantello. Nel Medioevo la gonnella era un indumento intero, una sorta di tunica maschile e femminile. Alla fine del Rinascimento la veste femminile si divide all’altezza della vita, dando luogo a corsetto e sottana. I verdugos, cerchi rigidi e imbottiti usati in Spagna per tenere ampia e gonfia la gonna. Si diffondono in Europa e fanno la gonna a forma di cono in Spagna, di ruota in Francia, di tamburo in Inghilterra. Nel 1672 il Dizionario dell’Accademia francese riporta la parola jupe: «Parte dell’abbigliamento femminile che va dalla vita ai piedi». I paniers che nel Seicento si legavano in vita: impalcature o sacchetti che servivano a rendere i fianchi delle gonne voluminosi. Nel Settecento il rigonfiamento va posto sul didietro e si chiama sellino. Nell’Ottocento va di moda la gonna a campana, tenuta larga grazie al sostegno di sottovesti, crinoline e cerchi d’acciaio. Le dimensioni più esagerate si devono a Charles Frederick Worth, dal 1860. Sul finire dell’Ottocento si vuole la donna con silhouette «a colpo di frusta»: la gonna è a calice e a tulipano, con didietro sostenuto da imbottitura. La jupe-coulotte disegnata da Poiret agli inizi del Novecento, antesignana della gonna pantalone. Negli anni Trenta vanno i tagli «a sbieco» di Madeleine Vionnet: le gonne hanno pieghe e drappeggi, sono più corte. Nel 1910 il sarto parigino Paul Poiret inventa la jupe entravée, una gonna lunga e dritta, molto stretta, che veniva serrata con una specie di cintura sotto le ginocchia, costringendo le ragazze a piccoli passi impacciati. Coco Chanel contro le ampie e ingombranti gonne a corolla proposte da Dior: «La moda è diventata assurda, i couturiers hanno dimenticato che ci sono delle donne dentro i vestiti. La maggior parte delle donne si veste per gli uomini e desidera essere ammirata. Ma devono anche potersi muovere, salire su un’automobile senza strappare le cuciture!». La gonna tailleur di Chanel, dritta, lunga fino al ginocchio, da abbinare a una giacchina in tinta.