Alessandro Bertoldi, Il Giornale 4/11/2014, 4 novembre 2014
UCRAINA, DOMENICA SCORSA NEI SEGGI DELLA REPUBBLICA SEPARATISTI DI DONETSK SI BALLAVA, SI CANTAVA E SI MANGIAVA. LE ELEZIONI SONO STATE UNA FESTA PER LA GENTE, MENTRE PER LE STRADE, FUORI E DENTRO LE CITTÀ SI SPARAVA E BOMBARDAVA. DIARIO DI UN OSSERVATORE ITALIANO
Si ballava, si cantava e si mangiava domenica nei seggi elettorali, le elezioni sono state una festa per la gente, mentre per le strade, fuori e dentro le città si sparava e bombardava. Anche in questo momento prosegue la guerra civile. Anche in questo momento prosegue la guerra civile. È in questo clima un po’ irreale che si è svolto il voto nell’est dell’ Ucraina, precisamente nella Novarossija o Donbass, quella zona controllata dall’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk.
Da una parte ci sono i proclami delle cancellerie europee, tra cui Berlino che ha evocato nuove sanzioni, quelli del presidente ucraino Petro Poroshenko, che ha parlato di consultazione farsa, e infine quelli del Cremlino che ha riconosciuto il voto delle regioni separatiste, ripudiando «il linguaggio delle sanzioni condannate dalla storia». Dall’altra c’è la gente che ha riempito i seggi.
I cittadini ucraini, in grande prevalenza russofoni, residenti nelle zone di Donetsk e Lugansk sono stati chiamati alle urne per eleggere i rispettivi presidenti e parlamenti. La risposta è stata massiccia, in alcune località ancor prima della chiusura dei seggi ha votato addirittura il 100% degli aventi diritto. Da Donetsk a Mariupol, per una giornata intera è stata festeggiata la libertà di poter scegliere, la speranza che un governo locale indipendente possa risolvere i grandi problemi sociali ed economici, ma soprattutto la speranza di essere rappresentati.
A noi osservatori e giornalisti questo popolo ha regalato un’accoglienza straordinaria, lontana dalla tensione dei rapporti istituzionali. Ci hanno chiesto di controllare la regolarità delle loro votazioni, ma soprattutto di essere la loro voce presso l’Europa e gli Stati Uniti, di far capire ai nostri governanti che loro si sentono russi e vogliono autogovernarsi, perché hanno una identità locale forte e non vogliono essere più i servi di nessuno.
Nonostante le questioni politiche e il conflitto, protagoniste del primo election day di questo nuovo Paese,più che la geopolitica sono state le «babushke», le nonne e mamme con il fazzoletto in testo diventate simbolo un po’ folkloristico della giornata. In ogni seggio infatti, dentro e sulla piazza antistante, le babushke hanno regalato alla loro gente e a noi stranieri, grandi spettacoli tradizionali, cantando e ballando in abiti tipici ogni tipo di canzone, dalla tradizionale Katiusha agli occidentalissimi brani di Mika. Musica, balli e gli echi delle cannonate: ecco la stralunata colonna sonora delle prime elezioni autonome della Novorossia. Intanto nelle piazze camion pieni di frutta e verdura, per l’occasione, intere casse di primizie del posto venivano vendute agli elettori in fila al prezzo fisso di una grivnia, meno di 10 centesimi in euro.
Qui i miliziani del posto hanno costituito un vero e proprio Stato provvisorio, con tanto di istituzioni e Costituzione. Il sistema elettorale per l’elezione del presidente è diretto, a turno unico, mentre per i 100 deputati il sistema è proporzionale con una soglia di sbarramento al 5% per le tre liste in gara. A sera sono arrivati gli exit poll e i primi risultati, ha vinto il capo dei miliziani e attuale presidente Aleksandr Zakharcenko, con oltre il 70% dei consensi.
Noi osservatori internazionali invitati dalla Repubblica popolare a controllare il voto non abbiamo riscontrato irregolarità, le procedure hanno infatti soddisfatto gli standard democratici secondo tutti i 70 osservatori e giornalisti provenienti da ogni parte del mondo. Dall’Italia il senatore di Forza Italia Lucio Malan, l’eurodeputato Fabrizio Bertot, Alessandro Musolino e il sottoscritto. Anche se la zona resta quasi interamente sotto il controllo dei filorussi nella notte passata a Donetsk non abbiamo avuto difficoltà a udire la risposta di Kiev: spari ed esplosioni. Infine il presidente Poroshenko ha parlato di «elezioni sotto la minaccia dei carri armati» e ha annunciato un’inchiesta, mentre i servizi segreti ucraini hanno dichiarato «persone non gradite» tutti coloro che hanno partecipato al voto come osservatori internazionali.
Amen, faremo a meno di andare in Ucraina nei prossimi anni, ma quantomeno sapremo di aver fatto la cosa giusta, osservando, documentando e garantendo la volontà popolare, al di sopra di qualsiasi discorso geopolitico.