Roberto Fabbri, Il Giornale 4/11/2014, 4 novembre 2014
LA CACCIA AI CRISTIANI. NON SONO GLI UNICI A SUBIRE PERSECUZIONI PER LA LORO FEDE, MA SONO QUELLI CHE NE PATISCONO DI PIÙ. LA LIBERTÀ RELIGIOSA È OSTACOLATA IN 81 PAESI DEL MONDO SU 196, E IN 20 ESSA È PRATICAMENTE ASSENTE...
L’ultimo rapporto sulla libertà religiosa nel mondo conferma una verità amaramente già nota: i cristiani non sono gli unici a subire persecuzioni per la loro fede, ma sono certamente quelli che ne patiscono di più. E purtroppo questa preoccupante tendenza non fa che accentuarsi.
I dati presentati dall’«Associazione Aiuto alla chiesa che soffre» sono inequivocabili. La libertà religiosa è ostacolata in 81 Paesi del mondo su 196, e in 20 essa è praticamente assente. E non è un dato marginale il fatto che di questi venti, 14 siano Paesi a maggioranza musulmana, dove intolleranza e violenza - in troppi casi anche omicida - dilagano.
L’integralismo islamico, documenta il rapporto biennale della fondazione vaticana, strangola la libertà di professare liberamente altre fedi in Paesi come l’Iran, l’Afghanistan, il Sudan, lo Yemen, la Somalia, la Libia, l’Iraq e la Siria: in alcuni di questi Paesi il fatto stesso di dirsi cristiani implica il rischio della vita. Non a caso il Papa, nella giornata di domenica dedicata al ricordo dei defunti, ha voluto ricordare «coloro che nessuno ricorda» e fra loro «i fratelli e le sorelle uccisi perché cristiani».
Ma la vita per i seguaci di Cristo (e non solo per loro) è resa dura dall’elevata intolleranza verso di loro che si manifesta anche in Paesi islamici considerati meno difficili: è il caso dell’Egitto, del, della Nigeria infestata dai fanatici di Boko Haram, del Pakistan, delle Maldive erroneamente considerate un paradiso in Terra solo per la loro eccezionale bellezza, della Repubblica Centrafricana.
In altri Paesi, sono regimi totalitari spesso di impronta comunista a soffocare la libertà di religione. È il caso della Cina - che non perseguita solo i cristiani fedeli alla Chiesa di Roma, ma anche i buddhisti tibetani leali al Dalai Lama -, della Corea del Nord dove come sanno certi turisti americani che vi sono finiti dietro le sbarre è molto pericoloso presentarsi con Bibbie al seguito, della Birmania in mano a una giunta militare paranoica, della repressiva Eritrea e di qualche altro poco raccomandabile Paese asiatico.
La Fondazione constata qualche miglioramento in Paesi come Cuba, dove il regime comunista ha allentato le maglie dell’ateismo di Stato consentendo «perfino» la costruzione di qualche chiesa, gli Emirati Arabi e il Qatar, ma anche della stessa culla dell’integralismo islamico nella sua versione moderna, l’Iran. Questi quattro Paesi, peraltro, vengono tuttora definiti «luoghi di alta repressione religiosa».
Il rapporto non manca di puntare il dito contro intolleranze verso la fede che si manifestano anche nella libera Europa occidentale. Viene menzionata la Francia, ormai più laicista che laica sotto la guida del socialista Hollande, e la «intolleranza preoccupante» che dimostra a giudizio di «Aiuto alla Chiesa che soffre» la legalizzazione del matrimonio e delle adozioni da parte di coppie omosessuali. E si ricorda pure l’aumento delle violenze nei confronti degli ebrei in Francia e in altri Paesi occidentali, «che provoca un aumento dell’emigrazione verso Israele». Anche queste, a ben vedere, da mettere in conto in prevalenza agli integralisti musulmani che pullulano nelle inquietanti periferie delle metropoli francesi e non solo.