Claudia Guasco, Il Messaggero 4/11/2014, 4 novembre 2014
DELITTO DI GARLASCO, IL GIALLO DELLA BICI. LA UMBERTO DEI BORDEAUX DI STASI NON HA I PEDALI ORIGINALI
I pedali della bicicletta su cui sono state trovate tracce biologiche di Chiara Poggi non sono quelli del modello originale. Chi li ha cambiati? E per quale motivo? Le bici di casa Stasi sono il giallo del processo di Garlasco: due vicine ne videro una nera appoggiata al muro di cinta della villetta dei Poggi, la mattina del 13 agosto 2007, ma sette giorni dopo l’omicidio viene sequestrata la Umberto Dei bordeaux. Che, si scopre ora, non ha i pedali originariamente in dotazione.
LA TERZA BICI SCOMPARSA
A confermarlo è stato ieri, nell’udienza del processo d’Appello bis, l’amministratore delegato dell’Atala Massimo Panzeri. «La Umberto Dei è un prodotto di nicchia, molto esclusivo, tanto che negli ultimi anni ne sono stati venduti solo 32 esemplari. Su nessuna di queste sono stati montati i pedali presenti sulla bici bordeaux di Alberto Stasi», ha detto nella sua testimonianza. Sono stati per primi gli avvocati della famiglia Poggi a sostenere la possibilità di uno scambio di pedali: poiché fin dalle prime battute dell’inchiesta si è parlato di una due ruote nera, ipotizzando il sequestro Alberto li avrebbe invertiti, è la tesi dei legali. I tecnici del procuratore generale Laura Barbaini hanno però dimostrato che la bici nera ha i suoi pedali originali, basandosi sulla «data di fabbricazione» dei pezzi e in particolare analizzando i catarifrangenti: per l’accusa i «componenti» della bicicletta nera «hanno date tra loro congruenti», quindi «non è mai avvenuto alcuno scambio». Resta da capire dove sia finita una terza bicicletta nera, che dalla contabilità aziendale della ditta di autoricambi degli Stasi risulta sia stata regalata nel 2005 al padre di Alberto da un fornitore.
GRAFFI MISTERIOSI
Altro punto cruciale, i graffi che il giorno del delitto Alberto aveva sulla parte interna del braccio sinistro. Pareva che se li fosse appena procurati, ma i carabinieri non li fotografarono e neanche verbalizzarono la spiegazione che fornì il fidanzato di Chiara. A ribadirlo davanti ai giudici sono i due brigadieri che nelle indagini integrative svolte dall’accusa hanno messo a verbale, sette anni dopo la morte di Chiara, di avere visto quei graffi sul braccio del ragazzo. «Li hanno descritti come graffi freschi, sotto la manica della maglietta - spiega Paolo Reale, consulente informatico dei Poggi - Erano graffi senza croste. Hanno chiesto a Stasi come se li fosse procurati e lui ha risposto che era stato il cane». I due militari fecero la domanda ad Alberto fuori dalla villetta, subito dopo il ritrovamento del corpo di Chiara, e si confrontarono sulla necessità di scattare una fotografia, rimandando però l’operazione a un momento successivo, quando il giovane sarebbe andato in caserma.
E invece non è accaduto nulla di tutto ciò: i due militari hanno fatto notare ai loro superiori gerarchici, che coordinavano le indagini, i due segni «rossi» sull’avambraccio di Stasi e hanno segnalato la necessità di fotografarli. Ma nessuno ha provveduto. E agli atti è finita solo un’immagine dell’esterno del braccio sinistro di Stasi con presunte tracce di capelli.