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 2014  novembre 04 Martedì calendario

CONCORDIA: TROVATA L’ULTIMA VITTIMA. I RESTI DI RUSSEL, IL CAMERIERE INDIANO FINORA DISPERSO, SONO STATI RITROVATI, SUL PONTE 8, IN UNA CABINA FINORA INACCESSIBILE. IL FRATELLO: «ORA LO DIRÒ A SUO FIGLI, LUI PENSA CHE STIA ANCORA NAVIGANDO»


Sulla Sopraelevata sventolano le bandierine bianco e azzurre di Costa Crociere. La strada più trafficata della città è vestita a festa per celebrare la nascita della nuova ammiraglia della compagnia armatrice. Voltare pagina, come è inevitabile che sia.
L’altra nave era sparita dagli occhi di tutti lo scorso 27 luglio, quando aveva imboccato l’ingresso del porto di Pra Voltri, la sua ultima destinazione. Non più metafora di chissà cosa. In quel preciso istante aveva cominciato a diventare un semplice relitto, da pulire, smantellare e tagliare a pezzi, nella speranza che ognuna di queste operazioni generasse qualche centinaia di posti di lavoro. L’ultimo appiglio della Costa Concordia alla cronaca, al mondo reale, era dato da un’assenza. Quella di Russel Rebello, il cameriere indiano, la trentaduesima vittima del naufragio, che mancava da 1.025 giorni. Lo hanno cercato anche nelle acque del Giglio. Avevano studiato le correnti, ipotesi di ogni genere. Niente.
Nel settembre 2013, quando lo scafo venne risollevato, ci provarono i sommozzatori. Ancora nulla. La nave arrivò a Genova e il nome di Russel divenne la premessa a ogni discorso, il freno imposto dal pudore a ogni celebrazione. Là dentro c’era ancora qualcuno. Si diedero quindici giorni di tempo per cercarlo nella nave ormai riemersa prima di cominciare la demolizione dello scafo, e quando trascorsero invano, la sparizione dell’ultima vittima assunse un’aura di mistero.
Lo hanno trovato ieri a mezzogiorno. A bordo c’erano gli operai della ditta incaricata di liberare i locali della Costa Concordia da ogni ingombro, arredamento, rifiuti, tendaggi o tappezzerie. Era dentro una cabina passeggeri esterna del ponte 8, l’ultimo, il più basso. Sul lato destro, quello schiacciato dal resto dalla nave al momento del naufragio.
Qualcuno ricorda la sagoma deformata e sporca della Costa Concordia quando venne risollevata, quella specie di torsione a fisarmonica delle lamiere rimaste per quasi due anni contro uno scoglio, con addosso le centinaia di tonnellate dello scafo. Russel, che aveva 32 anni e un bambino che ancora lo stava aspettando in India, era chiuso lì dentro.
Le ricerche erano ricominciate dieci giorni fa per un ultimo tentativo. Lo scafo era in pessime condizioni. Hanno cercato nelle cavità degli ascensori, nei teatri e nei negozi. Ieri mattina hanno aperto tutte le cabine ancora chiuse, sigillate dalle lamiere contorte.
Il corpo era nascosto da un cumulo di mobili e detriti. Manca ancora il riconoscimento ufficiale, ma ci sono pochi dubbi. Aveva ancora indosso la divisa blu da cameriere di bordo. In una tasca della blusa c’era la targhetta con il suo nome e la foto.
«Non c’è molto da dire. Lo riporterò a casa, dai nostri genitori. Sapevo che era lì dentro. Almeno abbiamo smesso di tormentarci. Ora dobbiamo trovare il modo per dirlo a Nic, suo figlio. Ha appena compiuto sette anni. Lui pensa che papà stia ancora navigando». Kevin aveva abbandonato il suo lavoro in una società di marketing milanese per seguire le ricerche da vicino. Pranzava e cenava con i sommozzatori che stavano cercando suo fratello, partecipava alle loro riunioni, dispensava consigli e incoraggiamenti. Era diventato parte integrante del paesaggio umano del Giglio, uno di casa. «In tutto questo tempo ho visto arrivare tanti familiari delle vittime, li ho conosciuti. So cosa mi aspetta, come ci si sente».
Il capo della Protezione civile Franco Gabrielli ne aveva fatto una questione d’onore. Una volta partito dal Giglio al comando del relitto galleggiante, anche Nick Sloane aveva inviato un sms a Kevin. «Riporteremo tuo fratello a casa». C’era una promessa da mantenere, prima di consegnare la Concordia al suo destino di relitto, ai cattivi ricordi.