www.cinquantamila.it/fiordafiore 2/11/2014, 2 novembre 2014
A Milano tre case popolari su quattro sono occupate da stranieri • Ilaria Cucchi farà causa al ministero della Giustizia • Oltre 13
A Milano tre case popolari su quattro sono occupate da stranieri • Ilaria Cucchi farà causa al ministero della Giustizia • Oltre 13.300 dipendenti pubblici in meno di due anni hanno provocato una voragine nelle casse dell’Erario di 5 miliardi e 700 milioni di euro • Obama vuole eliminare la differenza nei compensi sul lavoro fra le donne e gli uomini • In Italia a un anno dalla laurea gli uomini guadagnano il 32% in più delle loro colleghe • Il vaso cinese battuto all’asta a 7 milioni di euro Case occupate 1 L’ultimo dossier degli ispettori Aler (l’azienda degli alloggi popolari) dice che a Milano, nella settimana dal 20 al 26 ottobre, ci sono stati 54 tentativi di occupazione (16 riusciti, gli altri sventati). Scorrendo quell’elenco si scopre chi ha rubato gli ultimi alloggi popolari: nel quartiere San Siro, «donna cingalese con tre minori», «coppia romena con minori», «donna marocchina in gravidanza», «donna bosniaca con tre minori»; al quartiere Calvairate, «donna romena con tre minori», «coppia georgiana con un minore»; in altre zone: «due donne italiane con minori», «donna italiana con minore». Quando Aler e forze dell’ordine intervengono per un’occupazione, dentro trovano quasi sempre donne con bambini. C’è un motivo: senza una rete di assistenza sociale, non si possono allontanare. Gli uomini agiscono prima (per sfondare le porte) e dopo: portano i mobili, cambiano le serrature. Case occupate 2 Da gennaio a ottobre 2014, i tentativi di occupazione abusiva a Milano sono stati 1.278 , circa il doppio rispetto al 2010 (erano 667). In quegli appartamenti, in 3 casi su 4, c’erano cittadini stranieri, tra cui 256 egiziani, 205 romeni, 143 marocchini. Gli italiani che hanno occupato o tentato di occupare sono stati 324. Case occupate 3 Per sfondare una porta le bande criminali di zona chiedono 500 euro. Case occupate 4 Sulle case popolari occupate illegalmente interviene il governo con il ministro Lupi, che parla di «soprusi e abusi inaccettabili» e chiama in causa i prefetti invitandoli a staccare luce e gas: «La legge 80 in vigore dallo scorso maggio prevede in modo molto chiaro che chiunque occupa abusivamente un immobile non può chiedere né la residenza né l’allacciamento ai servizi, luce, acqua e gas. Le leggi non sono editti, bandiere che sventolano. La stessa legge, che prevede misure drastiche di contrasto all’abusivismo, dà poi risorse ai Comuni e alle Regioni per aiutare l’inquilino regolare che non riesce più a pagare l’affitto» (D’Amico, Cds). Cucchi Dopo che la sentenza in appello sulla morte in carcere di Stefano Cucchi, con il viso e il corpo pieno di tumefazioni e lividi, ha detto che non c’è stato pestaggio delle forze dell’ordine e, inoltre, ha assolto tutti i medici e gli infermieri condannati in primo grado per omicidio colposo (vedi Fior da fiore di ieri) Ilaria Cucchi annuncia nuove battaglie: «Chiederò al procuratore Giuseppe Pignatone che assicuri alla giustizia i colpevoli della morte di mio fratello». E più tardi, dallo studio di “Che tempo che fa”, su Raitre: «È stato un processo alla vittima, per cinque anni si è cercato di negare il pestaggio». Annuncia Fabio Anselmo, l’avvocato dei Cucchi (come già degli Aldrovandi): «Oltre al ricorso in Cassazione, intraprenderemo un’azione legale nei confronti del ministero della Giustizia, perché si possa riconoscerne la responsabilità rispetto alla morte di Stefano». [Sull’argomento leggi anche il Fatto del giorno] Sprechi, truffe e corruzione 1 Sono oltre 13.300 i dipendenti pubblici - medici e operatori sanitari, funzionari ministeriali e lavoratori di primo livello, manager e impiegati - che in meno di due anni hanno provocato una voragine nelle casse dell’Erario di 5 miliardi e 700 milioni di euro. La maggiore sofferenza riguarda la spesa sanitaria, con 1.176 dipendenti segnalati e un danno pari a un miliardo e 200 milioni di euro. «I dati dei controlli effettuati dalla Guardia di Finanza e dalla Corte dei conti dal 1 gennaio 2013 al 30 settembre scorso, fotografano l’Italia degli sprechi sanitari, delle consulenze false e inutili, degli appalti truccati e delle truffe alla Comunità europea. Ma forniscono, soprattutto, l’immagine di un Paese ancora segnato dalla corruzione. Perché è vero che molti di questi dipendenti pagano per omissioni e abusi, ma sono migliaia quelli che hanno intascato mazzette per sbloccare una pratica, pilotare una gara, sottrarre beni al pubblico per incrementare la propria attività privata» (Sarzanini, Cds). Sprechi, truffe e corruzione 2 Il caso della Asl di Napoli 1 Centro: gli investigatori del nucleo Tributario hanno scoperto che dal 2000 al 2012 tutti i fornitori sono stati pagati due volte, con un esborso non dovuto pari a 32 milioni di euro (ibidem). Gender pay gap 1 In vista delle elezioni martedì, Obama si è giocato la carta dell’elettorato femminile, annunciando che eliminerà la differenza nei compensi sul lavoro fra le donne e gli uomini: «Le donne meritano una giusta paga. Nonostante siamo nel 2014, continuano a guadagnare meno degli uomini per fare lo stesso lavoro. Ma in questo Paese non abbiamo cittadini di seconda classe». Il primo intervento per eliminare queste discriminazioni risale al 1963, quando John Kennedy firmò l’Equal Pay Act, eppure ancora oggi negli Stati Uniti le donne guadagnano 78 centesimi per ogni dollaro incassato dai colleghi maschi. Un “gender pay gap” del 22%, che secondo l’Institute for Women’s Policy Research (Iwpr) si traduce in una paga media annuale di 39.157 dollari, contro i 50.033 degli uomini. In Europa il divario non è così netto, ma si attesta comunque sul 16% di differenza a svantaggio della forza lavoro femminile. Gender pay gap 2 Secondo l’ultimo rapporto Almalaurea, in Italia a un anno dal titolo gli uomini guadagnano in media il 32% in più delle loro colleghe (1.194 euro contro 906). A cinque anni dalla laurea, il divario passa al 31% (1.587 contro 1.211). Vaso cinese Nella Sala d’aste Pandolfini di Firenze, un vaso cinese partito da una base di 15mila euro è arrivato alla cifra record «al martelletto» di 6 milioni e 100mila che salgono, coi diritti d’asta, a circa 7 milioni e mezzo. Il battitore l’aveva presentato così: «Lotto numero 31, vaso cinese della dinastia Qing, secolo diciannovesimo». Il vaso apparteneva in passato alla collezione Pasini di Milano e nel 1929 era stato battuto dalla Galleria Scopinich per 3mila lire, cifra notevole per i tempi. Era rimasto a un collezionista milanese, pochi mesi fa gli eredi hanno deciso di venderlo e avevano stabilito una cifra «non inferiore ai 20mila euro». La valutazione sul catalogo è fra i 25 e i 35mila euro ma vista la raffica di rialzi potrebbe essere non un apocrifo ottocentesco, come sostengono alla Pandolfini, ma un vaso della collezione dell’imperatore Qianlong. Nei prossimi giorni, ad ogni modo, il vaso prenderà il volo di ritorno per il Paese da cui proveniva, la Cina, dove abita il nuovo proprietario. Pietro De Bernardi, amministratore della Pandolfini: «È un fenomeno ricorrente. Lo Stato cinese sostiene i mercanti, li incentiva a riportare in patria gli oggetti preziosi. A Hong Kong hanno costruito un museo, anni fa, senza avere una collezione, la collezione è nata acquistando i pezzi dall’estero». Fra i precedenti: da Christie’s una giada cinese partita 10mila euro e battuta a un milione e 450mila, alla casa Cambi un paravento da 20mila, arrivato a 2milioni e in un’altra casa d’aste internazionale un minuscolo piatto venduto a un milione e 200mila euro (Montanari, Rep).