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 2014  novembre 03 Lunedì calendario

Il tema di questa edizione nasce da una riflessione dell’economista Giulio Sapelli. Il principio ispiratore dell’edizione 2014 del Festival delle Generazioni è rovesciare l’assunto che oggi sia in corso una lotta tra generazioni e che lo strumento che i vecchi hanno per fare pressione sui giovani sia il debito pubblico

Il tema di questa edizione nasce da una riflessione dell’economista Giulio Sapelli. Il principio ispiratore dell’edizione 2014 del Festival delle Generazioni è rovesciare l’assunto che oggi sia in corso una lotta tra generazioni e che lo strumento che i vecchi hanno per fare pressione sui giovani sia il debito pubblico. Lo stato accumula debito sia attraverso l’imposizione fiscale, sia attraverso i risparmi frutto dei sacrifici delle generazioni passate, presenti e future. La realtà è un’altra. E’ impossibile che esista uno Stato in costante pareggio di bilancio. Lo Stato è un’entità in continua evoluzione e il pareggio di bilancio è o un’illusione o uno strumento ideologico per distruggere la spesa pubblica e gli investimenti pubblici. Invece del conflitto tra generazioni va posto in evidenza il principio di cittadinanza conquistato, dopo decenni di lotte, dai lavoratori e dalla cultura solidaristica di molti segmenti della borghesia internazionale, consapevole che non può esservi crescita senza pace e coesione sociali. Dobbiamo cominciare a smontare la macchina ideologica e menzognera del debito pubblico come lotta tra generazioni. Solo così facendo si può veramente aprire una prospettiva per le nuove generazioni, oggi annichilite dall’altissima disoccupazione e dalla crisi del sistema educativo. Se guardiamo alla spesa pubblica in forma comparata, vediamo che l’Italia è uno dei paesi europei con più bassa spesa pubblica. Questo vuol dire, fondamentalmente, che il debito è un prodotto della bassa crescita economica e che il primo fattore di questa crescita economica inerisce al fattore demografico. Il problema sono i tassi di attività della popolazione, in Italia tra i più bassi al mondo: in percentuale si inizia tardi a lavorare e si finisce più presto di quanto non accada in altri Paesi europei. In questo contesto l’Europa continua ad essere un gigante economico con i piedi di argilla. La decrescita prosegue: i mercati interni continuano a restringersi per un colossale spostamento di ricchezza dal lavoro al capitale. Per questo, il filo conduttore di tutto il nostro discorso politico-culturale è dar vita a un diverso punto di visto sul tema del debito pubblico. Lo spreco pubblico non va confuso con la spesa pubblica che, unitamente all’economia comunitaria e sussidiaria, è oggi l’unico modo per incentivare il rilancio degli investimenti e dell’occupazione. Se così non sarà, l’Europa diverrà una stella cadente e di ciò i primi a pagare il prezzo saranno i cittadini. Occorre, quindi, ripensare a una riforma delle Istituzioni di rappresentanza europea, ridisegnando il profilo di un continente federale e solidale che realizzi il sogno degli Stati Uniti d’Europa con una forte valenza sociale. Giulio Sapelli