Fulmini 5/11/2014, 5 novembre 2014
RIVINCITA
«Sono una razza mista, non la tipica mora. Non mi sento bella: troppo alta e poco magra per i canoni. Però, forse, sono la rivincita sull’ignoranza e sul razzismo. Penso sia un bel passo per l’Italia. Non credevo fossimo così avanti...» (Valentina Diouf).
MAORI «Chi l’avrebbe mai detto che un ragazzo maori di “Whaka” avrebbe giocato per la nazionale italiana? Il rugby a un maori viene naturale, noi giochiamo col “flair”... Come si dice in italiano?» (Kelly Haimona).
ROSICARE «Quando scendo in campo rosico se perdiamo o se magari ci fanno un torto. Mi sento responsabile quando indosso la maglia della Lazio» (Antonio Candreva).
LEADER «Io non ho mai vissuto di rendita, come certi... E poi ho un dono: sono un leader. Ma non lo dico io, no: l’ha detto Preziosi, il presidente del Genoa, ad Agnelli. E pure Thohir, quello dell’Inter, mi sa che ha capito che tipo sono...» (Claudio Lotito).
SCELTE «È una scelta di vita. Il calcio mi ha dato tanto e ho pensato che fosse giusto, ora che ho ancora energie da spendere sul campo, restituire qualcosa secondo le mie possibilità. Mi è sembrato che il modo migliore fosse fare la mia parte in una scuola-calcio di periferia» (l’ex portiere del Milan e della Nazionale Marco Amelia che ora si è tesserato con il Rocca Priora, squadra del suo paese natale).
ESEMPIO «Ho sempre seguito l’esempio di Gattuso. Io ho la stessa mentalità di Rino: dare sempre il massimo per me è la normalità» (Ignazio Abate).
DEFICIENTE «Ho due figli calciatori e ne sono felice: il calcio è una straordinaria palestra di vita, ti permette di incontrare persone di cultura elevata e gente di strada. Un giorno sei un dio in terra e quello dopo un deficiente. È un’altalena continua» (Pierpaolo Bisoli).
DOMANI «Tanti calciatori quando smettono non sanno dove sbattere la testa. Il calcio ancora mi diverte, finché c’è la passione resta un obiettivo unico… Certo è facile parlare così adesso, domani, lo so, quello che farò sarà molto più difficile» (Francesco Totti)
POLLAIO «Effettivamente è come vedere una volpe a guardia del pollaio. Da coach sono inversamente proporzionale a quello che ero da cestista. All’epoca avevo risolto il problema in modo “futuristico”: non difendevo e basta» (Gianmarco Pozzecco).