Paola Jadeluc, Affari&Finanza – la Repubblica 3/11/2014, 3 novembre 2014
CATHERINE L. MANN UN’AMERICANA A PARIGI DA HARVARD E FED AI NUMERI DELL’OCSE
La sua prima importante apparizione pubblica sarà il 6 novembre, quando presenterà al mondo, in webcast, un Preliminary economic outlook pre-G20, un’introduzione al summit dei leader che si terrà a Brisbane, Australia, il 15 e 16 novembre. Catherine L. Mann, il nuovo Capo economista dell’Ocse, Organizzazione per la Cooperazione economica e lo sviluppo, è arrivata a ottobre. Prende il posto di Pier Carlo Padoan, il ministro dell’Economia del governo Renzi, che ha dovuto cedere il suo incarico a Parigi per accettare questo nuovo compito. Catherine L. Mann è la seconda donna a ricoprire questo ruolo nell’organizzazione che ha sede a Parigi. Prima di lei c’era stata Sylvia Ostry, una canadese che oggi ha 88 anni. Una pioniera, visto che quando è volata da Winnipeg al Vecchio Continente, nel 1979, nessuno si sognava di parlare di “quote rosa” e il riconoscimento del lavoro femminile era ancora in piena discussione. Dall’83, quando Ostry ha lasciato l’Ocse, ci sono stati solo uomini Capi economisti a dirigere il dipartimento economia. E sì che è proprio l’Ocse a passare ai raggi X Stati e imprese per misurare i tassi di occupazione femminile, le donne in carriera, e a bacchettare i governi che non prendono misure per sanare le situazioni in cui si registrano “discriminazioni” di sesso. Laureata in economia ad Harvard, Mann ha conseguito il Ph.D, philosophy doctor, al Massachusetts Institute of Technology e successivamente ha avuto una carriera accademica, ma anche di economista alla Federal Reserve, poi consulente economico della Casa Bianca. E’ stata anche alla World Bank. Adesso è docente di Finanza globale presso la Brandeis University, cattedra che sicuramente lascia per immergersi a tempo pieno nelle attività dell’Ocse. Una carriera tappezzata di titoli e pubblicazioni di altissimo livello, la sua. Cosa che l’ha resa particolarmente competitiva rispetto ad altri candidati. Ma c’è chi sostiene che a dare la spinta decisiva sia stato un altro fattore, non meno importante: è americana, la prima americana a ricoprire l’incarico di Chief Economist all’Ocse. Un dato che salta agli occhi. Gli Usa sono stati storicamente una fucina di cervelli e premi Nobel proprio per l’economia. E i campus Usa, ancora oggi, secondo il Fondo monetario internazionale, sono in cima alla classifica dei giovani talenti destinati a influenzare l’economia globale. Possibile che finora non ci sia stato un economista americano adatto a questa posizione? Domanda spontanea. Che rimbalza tra i più maligni. Secondo i rumor, infatti, il nome della Mann è stato individuato dal segretario dell’Ocse, José Angel Gurrìa, nel tentativo di ricucire buoni rapporti con il governo Usa. Lo strappo, passato ai più inosservato, ma non agli addetti ai lavori, è avvenuto in merito al conflitto Russia-Ucraina. Gli Stati Uniti, dicono sempre i ben informati, si sarebbero aspettati dall’Ocse una presa di posizione frontale e aggressiva. L’Ocse, in realtà, si è mossa in modo soft. Ha sospeso i negoziati di ammissione della Russia, certo. Ma l’impressione è che sia stato solo un modo per prendere tempo. Gurrìa, che tutti descrivono come un personaggio dal grande Ego, vorrebbe passare alla storia come il segretario che ha aperto le porte ai Bric, in particolare proprio alla Russia. «L’ingresso della Russia dovrebbe esser un processo win-win», ha sempre dichiarato. E sta lavorando in questa direzione. D’altro canto Gurrìa ha anche un’altra ambizione: vorrebbe ottenere il terzo mandato. Sarebbe il primo caso nella storia dell’Ocse. Nessuno ci scommetterebbe sopra. Ma lui ci prova. Il suo mandato scade nel 2016, ma la decisione dell’eventuale rinnovo va presa entro l’estate del prossimo anno. E Gurrìa, ora, ha tutto l’interesse ad accattivarsi le simpatie americane. Considerato che gli Usa coprono un quarto del budget dell’Ocse, che pure conta 34 paesi membri, ci vuole poco a capire quanto la loro approvazione sia fondamentale. In questo clima da nuova guerra fredda è spuntata fuori Catherine L. Mann. Dovrà dirigere un dipartimento con 160 economisti, impegnati a realizzare generali Economic Outlook e pubblicazioni su singoli paesi e singole, specifiche, tematiche. Il prossimo Full Economic Outlook, inclusivo dei report sui paesi, anche l’Italia, sarà presentato proprio da Mann, il 25 novembre prossimo. Il suo è un incarico basato sulle competenze. Ma che richiede anche tanta diplomazia, e capacità di tessere ottime relazioni. L’Ocse fondamentalmente è un’istituzione che manifesta il suo impatto attraverso l’influenza del suo network e degli studi che produce. A differenza del Fondo monetario internazionale, per esempio, che ha il compito di salvare gli Stati a rischio fallimento, l’Ocse non concede denaro né legifera in maniera vincolante. A parte alcune eccezioni, nei casi in cui c’è consenso generale e alcune decisioni si trasformano in trattati. Un esempio è il settore delle tasse, dove l’Ocse, effettivamente, sta svolgendo un ruolo chiave contro l’evasione e i paradisi fiscali. Chateau de la Muette, dove ha sede l’Ocse, è un hub di influenza globale, snodo di riflessioni e valutazioni che si ripercuotono su tutto il mondo. Il capo economista è storicamente il capo di questa power house. Questa istituzione è nata nel 1948, inizialmente per controllare la distribuzione delle risorse del Piano Marshall di aiuti all’Europa subito dopo la Seconda guerra mondiale. Ma è nel 1961, finito il Piano Marshall, che nasce l’Ocse vera e propria, sempre più orientata a piani di integrazione tra i paesi. Nei fatti si è sempre posta tradizionalmente come il contraltare ideologico dell’Atlantismo della Nato, e la divisione affari economici in particolare è sempre stato il santuario della dottrina economica liberista. Nel tempo sono nati altri, innovativi rami di analisi, come l’educazione, gli affari sociali, l’ambiente. Ma il core business resta l’analisi economica. Quella di stampo classico. Il keynesiano premio Nobel Paul Krugman ci è andato più pesante: recentemente ha detto, tra l’altro, che gli economisti dell’Ocse, sono “teste formattate al dogma del libero mercato”. Sarà curioso vedere come Krugman si rapporterà verso la sua ex allieva, Mann, visto che è stato uno dei relatori della dissertazione per il conseguimento del Ph. D. Di fatto, la divisione economica è il polo più “conservatore”. E guarda con grande scetticismo al Naec, New Approaches to economic challenges, un programma lanciato due anni per rivedere radici e principi dell’economia alla luce dello tsunami finanziario globale. Un’idea dello stesso Gurrìa, latino-americano dal sangue caliente, che ha dato all’Ocse una vervepolitica che l’organizzazione non aveva mai avuto. Il progetto fa capo direttamente all’ufficio del segretario generale, che lo stesso Gurrìa ha fatto crescere enormemente. Si racconta che il nuovo programma abbia scatenato un putiferio, anche tra gli Stati membri. Ma soprattutto all’interno dell’Ocse, determinando un tiro alla fune tra il Dipartimento dell’economia e il segretariato. Tutti aspettano di vedere che succederà ora. Catherine Mann, tra l’altro, nel 1990 ha svolto il compito di general economist di confronto per il team di consiglieri economici del Presidente americano George H.W. Bush, Bush senior, e in quella posizione ha dato prova di saper parlare il linguaggio della politica, valutando la possibilità di tradurre visioni governative internazionali in decisione economiche. Ben attrezzata, dunque, per tenere testa allo stesso Gurrìa. Catherine L. Mann in un disegno di Dariush Radpour Il grafico è preso del Preliminary Economic Outlook dell’Ocse, appena presentato
Paola Jadeluc, Affari&Finanza – la Repubblica 3/11/2014