Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  novembre 03 Lunedì calendario

COLOSSEO, RIPRISTINARE O NO LA PAVIMENTAZIONE VISIBILE FINO ALLA FINE DELL’OTTOCENTO? SI APRE IL DIBATTITO TRA CHI VUOLE RIVIVERE L’ATMOSFERA DI DUEMILA ANNI FA E CHI NON LA REPUTA UNA PRIORITÀ

«Già immagino dentro al Colosseo concerti come la Passione secondo Matteo di Bach, sulla scorta delle rappresentazioni sacre durante il Medioevo». Il professor Andrea Carandini, ex presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, è entusiasta della proposta di restituire al Colosseo l’antica arena, avanzata dall’archeologo Daniele Manacorda.
Il progetto ha già avuto il placet, via twitter, del ministro dei Beni culturali e del Turismo Dario Franceschini. «L’idea dell’archeologo Manacorda di restituire al Colosseo la sua arena mi piace molto. Basta un po’ di coraggio» ha scritto il ministro, postando poi sul social network anche alcune foto Alinari per mostrare «come i visitatori vedevano e vivevano il Colosseo sino a poco più di un secolo fa».
L’ipotesi è già al vaglio della Soprintendenza speciale per i Beni archeologici di Roma, guidata da Mariarosaria Barbera. Che precisa: «Stiamo lavorando agli approfondimenti per un possibile progetto di ricostruzione dell’arena, inclusa l’individuazione delle migliori soluzioni tecniche rispetto all’ampliamento del settore già ricostruito anni fa».
L’argomento è di quelli destinati a suscitare dibattito e già ora c’è chi non è d’accordo. «Purtroppo ci sono molti Catoni - osserva ancora Carandini, archelogo noto per le scoperte negli scavi sul Palatino - ma io non sono un censore e auspico che davvero si possa ripristinare la pavimentazione dell’Anfiteatro Flavio. Sono contento quindi che il ministro Franceschini abbia accolto favorevolmente l’ipotesi. Tanto più che non si tratta, come ritengono alcuni, di una rivoluzione, di un’innovazione, ma di una conservazione e valorizzazione dell’esistente». A partire dai sotterranei che sarebbero sì coperti ma «potrebbero essere apprezzati dai visitatori per quello che rappresentavano duemila anni fa. Si potrebbero, ad esempio, ripristinare gli ascensori di legno per gli spostamenti delle belve o il collegamento sotterraneo al Ludus Magnus, la caserma dove i gladiatori si allenavano».
Siamo dunque pronti alla possibilità di rivivere l’atmosfera delle lotte tra i gladiatori o a sfruttare la suggestiva cornice per rappresentazioni teatrali? Gli esperti si dividono, il confronto è aperto e destinato ad alimentarsi di spunti, riflessioni e passi burocratici concreti per quella che più che una trasformazione è un ritorno al passato.
Non lontanissimo, basta srotolare il nastro del tempo fino all’Ottocento, quando l’arena non era ancora stata scoperchiata per consentire gli scavi archeologici nei sotterranei. Daniele Manacorda - che ha lanciato la proposta dalla rivista Archeo - è convinto che «i labirinti attualmente in vista debbano essere ricoperti per consentire al visitatore di godere di una visione più rispondente alla realtà originaria» ed è propenso a sfatare il mito di un «approccio feticista all’archeologia che vieta di intervenire sui resti antichi».
Ma c’è anche chi boccia categoricamente il progetto. Lo storico dell’arte Tomaso Montanari è tranchant: «È un’idea povera culturalmente, banale e banalizzante, che confonde conoscenza e intrattenimento». Montanari si spinge addirittura a paragonare la novità avallata dal ministro Franceschini alla «presenza dei gladiatori che si aggirano intorno al Colosseo e che suscitano tanto scandalo: ma questa idea a me pare la stessa cosa, appena un po’ pulita». E chiosa: «Con tutto quello che c’è da fare, con tutto l’enorme patrimonio d’arte in pericolo, con le tante, tantissime cose sconosciute dei nostri tesori, è giusto che il ministro si concentri sul Colosseo e sul suo uso spettacolare?».
Alla motivazione economica, per esprimere la sua contrarietà, si appiglia Salvatore Settis, ex direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa nonché ex presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali. «Questo è un momento drammatico per la tutela del patrimonio culturale - stigmatizza -. Lo Sblocca-Italia contiene norme devastanti, e intanto la funzionalità del ministero cala di continuo per mancanza di fondi e di personale. In questa situazione, non credo proprio che l’eventuale restituzione dell’arena del Colosseo sia una priorità ragionevole, anche perché dettata da un’ipotesi di riuso per forme varie di intrattenimento».
Un’idea «coraggiosa», che punta a rendere il Colosseo «più comprensibile e fruibile, in un modo diverso, restituendolo appieno alla cittadinanza»: così viene invece definita da Giuliano Volpe, docente di Archeologia e attuale presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali e paesaggistici del Mibact. «Basta con i feticismi - incalza -. Dobbiamo smetterla con l’idea che i monumenti parlino da soli. Il Colosseo è il monumento simbolo di Roma e dell’Italia, ogni anno lo visitano 5 milioni di persone: certo, bisogna procedere con cautela e rispetto, senza però considerarlo un feticcio, bensì un luogo in cui il visitatore riesca a capire che cosa è stato quel monumento quando è stato costruito. Gli ambienti ipogei potrebbero piuttosto tornare sotto terra e diventare visitabili, con percorsi guidati, mentre il ripristino dell’arena consentirebbe di ospitare iniziative come concerti o gare di lotta greco-romana».
L’obiettivo è quello di ripercorrere le varie tappe dell’anfiteatro che nei secoli è diventato fortezza, cava di pietra (nel Rinascimento fu anche «spogliato» dei marmi, utilizzati per la costruzioni di Palazzo Venezia, palazzo della Cancelleria, il porto di Ripa Grande, Palazzo Barberini), luogo sacro. Recentemente, com’è noto, ha brillato anche al cinema in due film da Oscar: Il gladiatore di Ridley Scott e La grande bellezza di Paolo Sorrentino.
Grazia Longo, La Stampa 3/11/2014