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 2014  novembre 03 Lunedì calendario

RENZI & LANDINI, I DUE MATTEO CHE DA GEMELLI DELLA SINISTRA SI SONO TRASFORMATI IN ANTAGONISTI. DOPO UN LUNGO SCAMBIO DI CORTESIE FATTO DI INCONTRI, TWEET E BATTUTE, TRA IL PREMIER E IL LEADER DELLA FIOM ORA È SCONTRO APERTO – Anche in tempi di post-politica renziana, la fisica del potere non ammette vuoti e così, forse per la prima volta a sinistra, si intravede la figura dell’antagonista

RENZI & LANDINI, I DUE MATTEO CHE DA GEMELLI DELLA SINISTRA SI SONO TRASFORMATI IN ANTAGONISTI. DOPO UN LUNGO SCAMBIO DI CORTESIE FATTO DI INCONTRI, TWEET E BATTUTE, TRA IL PREMIER E IL LEADER DELLA FIOM ORA È SCONTRO APERTO – Anche in tempi di post-politica renziana, la fisica del potere non ammette vuoti e così, forse per la prima volta a sinistra, si intravede la figura dell’antagonista. Che Landini lo stia diventando con un’intervista la domenica pomeriggio o nell’ennesimo soporifero talk-show in seconda serata è probabilmente, per il giovane premier, abbastanza trascurabile. Ma l’effetto-verità che trasmettevano anche su YouTube i tanti video degli scontri dell’altro giorno, la suggestione anche visiva del segretario della Fiom con lo zainetto sulle spalle dislocato in mezzo al parapiglia, con gli agenti anti-sommossa alle spalle e i lavoratori dell’Ast davanti a sé, quella sua sicurezza sulla strada, il megafono con lo scotch in mano e poi “anch’io ho preso le botte dai poliziotti!”, “abbassate i manganelli!” e “basta slogan del cazzo alla Leopolda!”, ecco, sarà anche l’epoca del calore mediatico artificiale e del messaggio preconfezionato, però un vero capo operaio come Landini pone oggi di sicuro a Renzi più problemi di Bersani, Letta e Cuperlo messi insieme. Non solo. Ma il punto singolare e il dato insolito, una specie di ripicca della cronaca, è che lui stesso ha finora sempre mostrato di stimare Landini, il quale da parte sua ha in qualche misura ricambiato e tuttora ostinatamente si guarda dall’attaccare Renzi sul piano personale, né mai lo ha assimilato a Berlusconi. E insomma per una volta si può notare che il duello o il “derby”, secondo il lessico del giovane premier, è partito in modo abbastanza civile e perfino dignitoso, comunque senza scomuniche ed esasperazioni, né — caso raro al giorno d’oggi — sconfinamenti nella volgarità. Si dirà: c’è sempre tempo e di questo passo le occasioni non mancheranno. D’accordo, ma intanto è potuto accadere perché nell’ultimo anno i due personaggi hanno pubblicamente e decisamente flirtato. L’espressione suona intimistica e stucchevole, specie se rapportata a problemi gravi come il lavoro, l’articolo 18 o il rapporto del governo con le organizzazioni sindacali; ma se le parole hanno ancora un senso — cosa di cui peraltro si è spesso portati a dubitare — un testimone per così dire equidistante come il senatore alfaniano Sacconi ha parlato già nell’aprile scorso di “abbraccio”, mentre si deve all’ammirevole immaginazione del capogruppo berlusconiano Brunetta un lancio d’agenzia che testualmente recitava: “Landini miagola e Renzi fa le fusa”. Si può aggiungere che l’immagine di tenerezza felina fu accolta allora nel Giglio magico con qualche sghignazzo deviante e supplementare, se non altro per il fatto che la signora Agnese, moglie del neo premier, di cognome fa Landini, con il che la faccenda trovava una sua legittima collocazione di ordine coniugale. Ma tornando in ambito politico e sindacale, dopo aver evocato miagolii e fusa l’ignaro Brunetta poneva la più classica e sospettosa delle domande: “Che c’è sotto?”. E qui, cioè sotto, ciascuno, nel governo, nel Pd e nella Cgil poteva rispondere dando sostanza a maliziosi sospetti. Il principale era che Renzi usava Landini come sponda contro i dinosauri del Pd; e che Landini si appoggiava a Renzi per mettere in difficoltà la Camusso. Eppure, l’evidente e simmetrico strumentalismo non esauriva la questione perché le cortesie seguitavano, sia pure con maggiore o minore cautela. In un “pensierino della sera” il presidente si compiaceva di utilizzare le stesse parole del sindacalista, che naturalmente in un’altra occasione chiamava “Maurizio”; il quale Maurizio, per quanto più sorvegliato e diffidente rispetto all’idea dell’”uomo solo al comando”, non faticava a riconoscerne la novità del segretario- presidente, il cambiamento che incarnava, gli 80 euro che distribuiva e poi i voti che prendeva. In agosto Renzi, come ovvio con le telecamere al seguito, andò a fare shopping in libreria e ne uscì fuori con alcuni, non troppi volumi tra cui l’ultimo di Landini, “Forza lavoro” (Feltrinelli). Non è chiaro se durante le ferie l’abbia letto o no. A giudicare dal Jobs Act, dalla linea sull’articolo 18, dal ripudio lessicale della parola “padrone”, dall’entusiasmo di Marchionne e dalle sparate della Leopolda, dove non ha parlato un “lavoratore” che sia uno, e al leader della Fiom toscana è stato chiesto in anticipo il testo dell’intervento, ma siccome ha detto no non ha parlato nemmeno lui, insomma, a occhio l’opera landiniana non deve aver troppo influenzato Renzi. E così, anche rapidamente, la figura dell’antagonista, tanto più rispettabile, ha cominciato a prendere corpo. Ma corpo sul serio, nel senso che nel tafferuglio pure Landini ha avuto il suo, cosa che non accadeva da diversi decenni — fra tutti gli errori di comunicazione di Palazzo Chigi il meno rimediabile con un tweet. Poi sì, certo, ieri il segretario della Fiom ha confermato in tv che non farà politica. Ma l’esperienza in casi del genere consiglia di aggiungere: per ora, o non ancora. Del resto annuncia Renzi che il futuro è “solo l’inizio”, un modo quasi brillante per dire che bisogna aspettare. Filippo Ceccarelli, la Repubblica 3/11/2014