Maria Elena Vincenzi, la Repubblica 3/11/2014, 3 novembre 2014
LA PROCURA DI ROMA SI DICE PRONTA A RIAPRIRE LE INDAGINI SUL CASO CUCCHI. GIUSEPPE PIGNATONE: «È INACCETTABILE MORIRE MENTRE SI È AFFIDATI ALLO STATO. IL CASO NON È CHIUSO, MA LA SENTENZA VA RISPETTATA ANCHE SE NON CONDIVISIBILE»
Alla fine, dopo le polemiche iniziate venerdì e non ancora finite, parla anche il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone. Il suo ufficio è stato più volte chiamato in causa in questi giorni, soprattutto dalla famiglia Cucchi, che ha parlato di «fallimento del pubblici ministeri». E ieri pomeriggio, dopo che il presidente della Corte d’Appello aveva parlato in difesa del lavoro dei suoi giudici, il capo dei pm capitolini ha deciso di prendere le parti dei suoi sostituti.
«Non è accettabile, dal punto di vista sociale e civile prima ancora che giuridico, che una persona muoia, non per cause naturali, mentre è affidata alla responsabilità degli organi dello Stato», spiega Pignatone. «La responsabilità penale però è, come vuole la Costituzione, personale (e non collettiva) e deve essere riconosciuta dalle sentenze dei giudici, che tutte meritano assoluto rispetto anche quando, come nel caso di specie, tra loro contrastanti e, a parere della Procura, in tutto o in parte non condivisibili ». I pm che hanno istruito il processo di primo grado, infatti, avevano chiesto (così come ha fatto dopo di loro il procuratore generale) la condanna di tutti gli imputati. Ma la Corte ha ritenuto che non ci fossero elementi. E l’insufficienza delle prove, hanno sottolineato molti, dipende proprio da come sono state fatte le indagini.
Sono accuse che Pignatone non accetta. Precisando che la sentenza di appello «ancora non è definitiva e non se ne conoscono le motivazioni», il procuratore dice: «Incontrerò volentieri, come già altre volte in passato, i familiari di Stefano Cucchi e il loro difensore. Se dalle loro prospettazioni e dalla lettura della sentenza emergeranno fatti nuovi, o comunque l’opportunità di nuovi accertamenti, la procura è sempre disponibile, come in altri casi, a riaprire le indagini e a cercare nuove prove nel rispetto, ovviamente, delle regole dettate dalla legge».
Per la famiglia del 31enne romano morto nel 2009, è un segnale di speranza. «Sono frasi importanti - dice Ilaria Cucchi - Secondo noi vanno azzerate tutte le perizie e le consulenze che hanno fatto solo fumo e nebbia sui fatti». Il tutto mentre anche il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, interviene nel dibattito e chiede giustizia. «Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva e altri non rimangano dei morti senza giustizia. Per loro, per le loro famiglie e per tutti quei poliziotti, agenti di polizia penitenziaria, medici e infermieri che nonostante le difficoltà fanno il loro dovere ogni giorno. È una questione di civiltà. Invito tutti a guardare il viso tumefatto di Stefano Cucchi; i responsabili di questa violenza non possono rimanere impuniti».
Maria Elena Vincenzi, la Repubblica 3/11/2014