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 2014  novembre 02 Domenica calendario

CON L’AVVENTO DI DRAGHI, FRANCOFORTE MOSTRA SEGNALI INCORAGGIANTI PERÒ LE RESISTENZE DELLA GERMANIA PESANO ANCORA ECCESSIVAMENTE


II messaggio che lancia Silvio Berlusconi, nel libro intervista di Bruno Vespa, con le tre condizioni di politica monetaria per rimanere nell’euro e, potrei aggiungere per far sì che l’euro sopravviva, sono chiare e condivisibili: la Banca centrale deve combattere le crisi con politiche di credito non convenzionali, come quelle che ha fatto con successo la Fed degli Usa e ora sta praticando la Boi del Giappone, deve immettere nel sistema adeguata liquidità per riportare l’euro alla parità naturale del suo cambio con il dollaro onde evitare dannose sopravvalutazioni, che si riflettono aggravate verso monete asiatiche che vengono artificiosamente deprezzate sul dollaro mediante controlli valutari e commerciali per manipolare il cambio. E infine la Bce deve garantire che impedirà la crisi finanziaria di Stati dell’euro sotto attacco per il loro debito pubblico, intervenendo a comprare tale debito in circostanze estreme, anche in cambio di emissione di liquidità.

AL’intervento sul debito
Quando Berlusconi fece la sua intervista queste tre condizioni non erano state rese esplicite per l’euro. Insigni giuristi ed economisti poco esperti di analisi economica del diritto sostenevano che la Bce non è creditore di ultima istanza, perché tale clausola non c’è nel suo statuto ed essa non può finanziare il deficit di bilancio dei governi degli Stati membri. Inoltre, la Germania appariva tenacemente contraria alla attuazione di queste regole. E la Bce governata dal predecessore di Draghi, Jean-Claude Trichet, non le aveva fatte proprie. Fu così che, fra la metà e l’autunno del 2011, durante il governo Berlusconi, il debito pubblico italiano, sul mercato secondario (quello dei titoli già emessi e già circolanti) venne fatto oggetto di massicce azioni concertate di trading finanziario allo scoperto precedute da vendite effettive che ne facevano ribassare le quotazioni con un divario crescente dei tassi di rendimento rispetto a Bund tedeschi: lo spread che saliva verso i 500 punti.
Ciò grazie anche ad agenzie di rating, che degradavano il nostro debito sulla base di valutazioni cervellotiche. Lo spread sui nostri titoli superò quota 500 e il governo Berlusconi fu fatto cadere in novembre. Grandi banche operanti sul mercato di Londra avevano scommesso che l’euro sarebbe crollato, nel 2012. Ma non avevano previsto che Draghi nuovo governatore della Bce dichiarasse che avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvare l’euro perché ciò era nel suo mandato. Esso infatti consiste nella stabilità monetaria: e la caduta dell’euro è il contrario.

BIl nodo del dollaro
Draghi a fine 2011 e nel febbraio 2012 attuò misure di finanza non convenzionale, per rafforzare l’euro. Berlusconi: nelle trame italiane, doveva cadere subito per evitare che se ne giovasse. Ma Monti fece la riduzione del deficit con la tassazione degli immobili e generò una caduta del Pil del 2,5 per cento. L’Italia non è peggiorata ancora, perché Letta e Renzi hanno inasprito la tassazione degli immobili e delle rendite finanziarie e dei fondi di investimento. La Germania si è opposta alle misure di Draghi per combattere la deflazione, che è l’opposto della stabilità monetaria. È venuta la gelata. Ora la Bce adotta nuove misure come quelle degli Usa e del Giappone e ciò fa abbassare il cambio dell’euro col dollaro, che si sta riportando al suo livello naturale.

CL’esempio di Usa e Giappone
Ma tutto ciò per essere efficace per la nostra crescita va accompagnato dall’economia liberale che è la prima condizione perché l’area monetaria sia benefica per tutti. Prima dell’euro l’Italia aveva un Mezzogiorno depresso pur avendo la propria moneta, perché il mercato del lavoro era centralizzato e rigido e non c’era abbastanza economia di mercato. Nell’eurozona si può stare con successo solo se facciamo quadrare i conti col taglio delle spese, non tassando i risparmi e gli immobili che sono la garanzia del credito e che fanno parte dei coefficienti patrimoniali delle banche.
L’economia liberale prevede l’unione bancaria e le banche si reggono sul risparmio e sui patrimoni. Il mercato del lavoro deve esser flessibile con i contratti aziendali diversificati e orientati alla produttività. Le spese correnti vanno ridotte, quelle di investimento aumentate. Così si ha più crescita e questa a parità di debito riduce il rapporto debito-Pil. La teoria monetaria di Berlusconi presuppone l’economia liberale, che gli fu impedita e poi stravolta, non il populismo di Renzi e le sue tassazioni illiberali.