Roberto Scafuri, Il Giornale 1/11/2014, 1 novembre 2014
LA SCALATA DEL CONTE GENTILONI DA FIGLIOCCIO DI RUTELLI AGLI ESTERI
Roma Una trattativa estenuante, con pochi paletti fissi. Anzi, forse solo uno: andata a vuoto la campagna per una giovane inesperta vestale alla Farnesina, in virtù dell’altolà di Napolitano, almeno che la poltrona non finisse all’antico mentore fiorentino Lapo Pistelli, attuale viceministro e candidato naturale. Nei conciliaboli della notte è maturato il nome che a metà mattinata ha sbloccato l’ultima delle grane di governo. Una telefonata in corsa, nel perfetto stile di Matteo Renzi: «Paolo, tocca a te. Ci vediamo alle 17 al Quirinale per il giuramento».
È Paolo Gentiloni a prendere il posto di Federica Mogherini al ministero degli Esteri. Una pedina fondamentale, l’ex ministro della comunicazione di Prodi, per uscire dal cul de sac nel quale il premier si era cacciato e dagli esiti imprevedibili. Un politico ormai di lungo corso, Gentiloni, con pochi nemici all’interno del Pd e non sgradito neppure a Berlusconi. Già fedelissimo sanculotto di Francesco Rutelli è riuscito a diventare negli ultimi due anni devoto cantore della scalata di Renzi verso il potere, abbandonando al proprio destino Letta jr e i teo-dem di cui lui rappresentava l’anima candida. Cattolico sempre misurato nei modi, con salde amicizie Oltreoceano (è presidente della sezione Italia-Usa dell’Unione Interparlamentare), ma anche in Vaticano e nella comunità ebraica, il nuovo ministro è convinto assertore delle ragioni di Israele, chiamato perciò a riequilibrare i sospetti di filo-islamismo e filo-putinismo alimentati nella Ue dal curriculum della Mogherini. Nella sua seconda gioventù, saprà conciliare le direttive di Renzi con quelle del Quirinale.
La biografia del nuovo ministro sta lì a rassicurare. Discendente della famiglia dei conti Gentiloni Silverj (non imparentata con Vincenzo Ottorino Gentiloni, quello dell’omonimo «Patto»), gli spettano i titoli di Nobile di Filottrano, Nobile di Cingoli e Nobile di Macerata. Il prossimo 22 novembre Paolo festeggerà sessant’anni, vissuti nel modo esemplare di certi rampolli romani. Cresciuto in istituto montessoriano, insegnava con Agnese Moro religione ai bimbi. Finché, nel novembre del ‘70, partecipa all’occupazione del liceo Tasso di Roma, che finirà con uno sgombro della Celere. La famiglia non gradisce, anche perché il giovanotto gioca sempre meno a pallavolo e tennis, e ha preso a frequentare attivamente un giro di cultori della marijuana. Il 12 dicembre organizza una fuga di casa, ma sempre a modino, perché passo passo tiene informato dei suoi spostamenti il prete gesuita del Tasso, affinché informi la famiglia (andrà a Milano per una manifestazione). Entra in contatto con il Movimento studentesco di Mario Capanna. Dopo la confluenza in Democrazia proletaria, rimane nel Movimento Lavoratori per il Socialismo (Mls) sino alla sua unificazione con il Partito di Unità Proletaria per il comunismo. I suoi amici inseparabili (ancora oggi - tennis e gastronomia) sono Ermete Realacci e Chicco Testa, che nell’84 gli affidano la direzione di Nuova ecologia, mensile di Legambiente. Ci resterà per otto anni, legandosi sempre più all’ex radicale-arcobaleno Rutelli. Ne diventerà il portavoce quando nel ‘93 viene eletto sindaco. Il sodalizio non s’è mai sciolto, nonostante le tristi vicende della Margherita che hanno rottamato anzitempo il re dei Piacioni.
Così lui, Franciasco, oggi festeggia con mesta letizia il traguardo che aveva sempre immaginato per sé, la Farnesina. E il quieto portavoce, il postrivoluzionario Paolo, sulla scrivania di certo troverà posto anche per una foto del suo ex capo.