Francesco Alberti, Corriere della Sera 2/11/2014, 2 novembre 2014
PANTOFOLE E GUANTI NELLE CELEBRAZIONI SCARPE FATTE A MANO E VESTI RICAMATE SCANDALI, PEDOFILIA E SFARZO NELLA DIOCESI IPERTRADIZIONALISTA
DAL NOSTRO INVIATO ALBENGA (Savona) Un sospiro e via, nel silenzio solido della cattedrale di San Michele: «Beati i perseguitati perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male di voi per causa mia…». Monsignor Mario Oliveri, il vescovo più discusso d’Italia, sceglie le parole di Matteo nel ponte di Ognissanti e solo un marziano in trasferta da Marte non coglierebbe nella sua omelia il tratto personale.
Non c’è angolo del suggestivo centro storico medievale di Albenga che non sia percorso da spifferi affilati. «Se ne va? Non se ne va?». «È in cima alla lista nera di papa Francesco». «È in arrivo il commissario». Le finestre hanno gli occhi. Nessuno si fida più di nessuno. Troppi scandali, troppi preti a dir poco disinvolti. Episodi boccacceschi, in certi casi da codice penale: preti indagati e condannati per pedofilia, sacerdoti che scappano con la cassa o posano nudi su Facebook o corteggiano le fedeli o fanno i barman in locali notturni. Sentenze, fascicoli della Procura, dossier anonimi. Tutto inevitabilmente ricondotto sulle spalle di monsignor Oliveri, 71 anni, da 24 dominus incontrastato, accusato di aver troppo tollerato, troppo coperto, troppo di tutto.
Fazioni contro. Nessuna possibilità di tregua. Al piano terra del Vescovado, il direttore della Caritas, Filippo Barbino, 46 anni, affonda il colpo: «La verità è che il vescovo ormai ha perso il contatto con la realtà, nega l’evidenza. Come Vicario di Cristo in terra dovrebbe ricercare il bene comune e non il proprio personale interesse: dovrebbe farsi da parte, dare un segno di umiltà». La risposta dello stesso vescovo, raggiunto telefonicamente dal Corriere , è un inno all’incomunicabilità: «Sono sereno. Le accuse ad alcuni sacerdoti? Solo un gran chiasso che non genera alcun bene alla Chiesa…». Se è per questo nemmeno ad Albenga, a sentire il sindaco Giorgio Cangiaro: «La gente è scossa, si rincorrono voci di ogni tipo: non è materia che mi compete, ma spero che tutto ciò finisca».
Sembrerà azzardato, ma tra i planetari problemi che assillano papa Bergoglio la pratica Albenga un posticino se l’è conquistato. «In quella diocesi ci sono problemi seri» è la voce che si rincorre da settimane in Vaticano. E i comportamenti più o meno libertini di alcuni sacerdoti sono solo un aspetto della questione.
La realtà è che questa diocesi, sotto il governo di Oliveri, è da sempre una sorta di ultima ridotta degli ultrà della tradizione preconciliare. Che qui sono tanti, forti e controllano il territorio. Sacerdoti che mal digeriscono (eufemismo) il nuovo corso di papa Francesco. Parrocchie (vedi Loano) nelle quali durante la Messa, anziché la formula «in comunione con papa Francesco», si continua a citare il predecessore Benedetto XVI. E di questa enclave fortemente «tradizionalista» il vescovo Oliveri è il punto di riferimento, lui che non ha mai nascosto simpatie per i lefebvriani, che fu tra i primi a celebrare la messa in latino dopo la liberalizzazione da parte di Ratzinger, che non disdegna vistosi paramenti d’oro e costose scarpe con fibbia d’argento a dispetto degli inviti alla sobrietà di Francesco. Inamovibile e intoccabile, il monsignore.
Lo stesso cardinale Bertone cercò inutilmente di convincerlo a trasferirsi a Roma. Rocciosamente difeso dai suoi come «un uomo di fede dal cuore generoso, un pastore sempre pronto ad accogliere preti scomodi e in difficoltà».
Ma ora sul suo regno sembrano scorrere i titoli di coda. Il recente invio ad Albenga del nunzio apostolico Adriano Bernardini è letto da tutti come premessa di un cambiamento ineluttabile (per la successione si fa il nome del salesiano Antonio Castellano). Dal Vaticano padre Lombardi non si sbilancia: «Non ci sono decisioni». Oliveri può ancora contare su sponde nella Santa Sede (i cardinali Leo Burke, Domenico Calcagno e Mauro Piacenza, oltre al vescovo di Ferrara, il ciellino Luigi Negri).
Ma, come dice un anonimo all’ombra del Battistero, «è sotto assedio, questione di giorni».