Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  novembre 02 Domenica calendario

EFFETTO CRISI, DE BENEDETTI MENO PRODIGO CONTI IN BILICO PER LIBERTÀ E GIUSTIZIA


Milano L’ultimo bagno di folla, a Milano, è stato il 5 febbraio 2011. Erano i giorni del caso Ruby e 10 mila persone, chiamate a raccolta da Libertà e Giustizia, si riunirono al Palasharp per chiedere le dimissioni da premier di Silvio Berlusconi. Per l’associazione, fondata nel 2002 tra gli altri da Enzo Biagi, Umberto Eco e Alessandro Galante Garrone, Milano è un luogo centrale e proprio a Milano tra i sostenitori ora c’è preoccupazione.
I tesserati sono in calo, il quadro politico è cambiato e anche i conti scricchiolano. La sede centrale dell’associazione potrebbe essere smobilitata, disdetti i contratti per storici collaboratori, impegnati sui temi della legalità fin dai tempi di Mani Pulite. Alle origine delle difficoltà ci sarebbe anche un disimpegno economico dell’ingegner Carlo De Benedetti che, con Carlo Caracciolo, fu tra i fondatori e per tanti anni il principale sostenitore e finanziatore dell’associazione. Dalla Cir, la holding che presiede alle attività del gruppo, confermano «un ridimensionamento del contributo dovuto alla congiuntura». Dall’imprenditore ed editore di Repubblica è giunta in questi anni la gran parte dei contributi liberi (l’anno scorso circa 140 mila euro, poco più delle entrate provenienti dal tesseramento), serviti anche per ripianare i conti, e ora il «ridimensionamento» potrebbe portare conseguenze.
Milano non è solo la città dove Libertà e Giustizia è nata, al Piccolo Teatro nel 2002 davanti a migliaia di persone, ma anche delle tante sfide lanciate al centrodestra di Berlusconi. La chiusura della sede avrebbe quindi il significato simbolico di una stagione che si chiude. Ma le preoccupazioni dei sostenitori non finiscono qui. Potrebbe essere vicina all’abbandono anche Sandra Bonsanti, presidente dalla fondazione. L’ultima battaglia è stata contro la riforma del Senato: «Una svolta autoritaria». Tanti gli interventi del presidente onorario Gustavo Zagrebelsky, uno dei «professoroni» irrisi da Renzi nel momento più caldo della polemica. Poi il testo è stato approvato, Bonsanti ha annunciato un referendum ma, a differenza di altre volte, non ci sono state manifestazioni di piazza. Alla base della crisi quindi non solo le casse vuote ma forse anche un quadro politico molto cambiato.