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 2014  novembre 02 Domenica calendario

VENTIMILA LEGHE SOTTO LA COSCIENZA

Il simbolo ɸ (phi greco) è stato introdotto nel XX secolo da un matematico, l’americano Mark Barr, in onore di Fidia. Indica il numero aureo e, come spiega la quarta stanza della mostra Numeri (a cura di Claudio Bartocci e Luigi Civalleri, catalogo edito da Codice Edizioni), aperta al Palazzo delle Esposizioni di Roma, ɸ ha sempre prodotto intorno a sé una atmosfera di misticismo. Nel Novecento ci provò il gruppo francese Section d’Or, cui si riferivano gli artisti della cerchia dei fratelli Duchamp-Villon, e anche Le Corbusier, che lo riprende nel suo Modulor, riprodotto sotto i plinti di cemento che reggono l’Unité d’Abitation a Marsiglia. Non è forse a caso che nella mostra la trattazione di ɸ si trovi nella sezione dedicata ai numeri irrazionali, insieme alla frazione continua di √2 di Euler, il matematico svizzero.
Phi è anche il titolo del libro del neuroscienziato e psichiatra Giulio Tononi (Codice Edizioni, pp 344, €35), che nella copertina reca appunto il simbolo ɸ, e ha come sottotitolo: «Un viaggio dal cervello all’anima». Libro inconsueto, e a suo modo eccentrico, Phi cerca di capire cos’è la coscienza e come venga generata dal nostro cervello. L’autore in obbedienza, forse inconscia, al suo simbolo inizia il suo viaggio parlando dello stato di dormiveglia. Ogni sera, scrive, cadiamo addormentati, e in quel punto la nostra coscienza sembra svanire e con lei l’universo che fino a quel punto ci ha circondato: persone, oggetti, ambienti, pensieri, suoni, dolori, gioie. Ebbene, in quel punto, si chiede l’autore, che ne è della nostra coscienza? Per capire cosa sia questa «cosa» che chiamiamo «coscienza», Tononi, direttore del Center for Sleep and Cosciousness nel Wisconsin, chiama in scena Galileo Galilei, lo risveglia e lo manda in viaggio per scoprire il mistero della coscienza. La sua convinzione è che il sonno sia la condizione ideale per studiare questa «cosa» per cui noi siamo davvero noi. Risvegliandosi bruscamente nel cuore della notte a molti capita di chiedersi: dove mi trovo? chi sono? cosa sto facendo? Un’emersione dal nulla che dura pochi istanti, sufficienti a convincerci che i confini della coscienza sono molto più labili di quello che siamo portati normalmente a credere.
Anche io, che ora siedo al computer e batto sui tasti, credo di sapere con precisione chi sono, cosa so fare, e quali pensieri abitano la mia testa. So che nella mia testa c’è il cervello, ma non l’ho mai visto, salvo in fotografia, ma era sempre il cervello degli altri. Cosa sia la mia coscienza, nonostante una lontana laurea in Filosofia, non lo so con esattezza (salvo forse ricorrere a passi di Cartesio, Spinoza e Leibnitz). Libro in mano, non mi è restato che seguire Tononi nella sua esplorazione lungo le tre strade parallele aperte nel volume.
Nella prima Galileo, accompagnato da Frick, lo scienziato Francis Crick, suo Virgilio, risale dalle profondità del sonno fino al Paradiso della «coscienza che immagina», transitando per stanze buie o luminose, frequentando personaggi inconsueti (artisti, scienziati, donne, uomini, manichini), incontrando altre guide provvisorie: Alan Turing con la sua mela avvelenata e Charles Darwin con la sua testa enorme (al ritorno dal viaggio intorno al mondo sulla Beagle, dove pensò l’ipotesi dell’origine della specie, il padre gli disse: «Guarda, guarda, la tua testa ha cambiato forma»). Strada di racconti e dialoghi è un romanzo d’idee.
La seconda via è invece quella delle note, in cui l’autore dialoga con se stesso: pezzi decisamente saggistici dove fornisce bibliografie, fonti, riferimenti, e riassume le idee che stanno a monte di ogni capitolo. Qui s’incontrano personaggi strani, tutti esempi di come il cervello, anche non funzionando a pieno, continui però a essere la base della coscienza individuale.
La terza, la più curiosa, è invece composta d’immagini: quadri, disegni, fotografie, stampe. Non sono semplici illustrazioni, e rendono il libro davvero attraente. Costituiscono una sorta di controcanto di quello che il libro ci dice in modo quasi assertivo: la coscienza esiste perché abbiamo nel cervello una notevole quantità di cellule nervose; e si tratta di una realtà incommensurabile e tutto sommato geometrica, la cui misura coincide con: ɸ. In realtà, come sappiamo da Bartocci e Civalleri, Phi è un numero irrazionale, quasi come la nostra coscienza. Le meravigliose immagini collezionate da Tononi, e i casi di uomini che perdono parte del cervello (vi ricordate Bauby de Lo scafandro e la farfalla?), e mantengono la coscienza, ci dicono che il centro della nostra coscienza è una frazione continua: ɸ1; 1, 1, 1, 1…ɸ. Affascinante.
Marco Belpoliti, La Stampa 2/11/2014