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 2014  novembre 02 Domenica calendario

CONDANNE E POI ASSOLUZIONI: QUEI VERDETTI CHE SPIAZZANO


ROMA Delitti senza colpevoli, processi infiniti, la verità che manca. Non solo per Stefano Cucchi. «La gente ormai non sa più a che grado di giudizio siamo arrivati, noi del delitto di Perugia — confessa Giulia Bongiorno, che difende Raffaele Sollecito nel processo per l’omicidio di Meredith Kercher —. A marzo 2015 torneremo un’altra volta in Cassazione».
Per il delitto di Mez, Sollecito fu condannato a venticinque anni in primo grado (insieme ad Amanda Knox), poi assolto in appello per non aver commesso il fatto e condannato di nuovo a venticinque anni il 30 gennaio 2014 nel processo-bis, dopo che la Cassazione aveva annullato il verdetto.
E intanto sono passati sette anni da quel primo novembre 2007.
«Ma ben vengano i ribaltamenti degli esiti — chiarisce la Bongiorno —. Anzi atterrisco quando sento parlare di eliminare un grado del processo. Qui stiamo parlando della vita delle persone, non ci si può accontentare di qualunque verità per fare presto».
E così anche il giallo di Garlasco, a sette anni dall’omicidio di Chiara Poggi, è arrivato all’appello-bis, dopo che la Cassazione ha rimandato a processo Alberto Stasi, assolto in primo e secondo grado. Colpevoli o innocenti? Raniero Busco, l’ex fidanzato di Simonetta Cesaroni, uccisa il 7 agosto 1990 in via Poma a Roma, viene riconosciuto colpevole ventuno anni dopo. Ma poi, in appello, è assolto per non aver commesso il fatto. La Cassazione, il 26 febbraio scorso, conferma il proscioglimento. «Si noti — chiosa la Bongiorno — che alla fine di questo tortuosissimo iter il soggetto, assolto o condannato che sia, è completamente cambiato, è un’altra persona, anche la sanzione così finisce per avere uno svuotamento di significato».
Pure il caso del piccolo Alessandro Mathas, morto a soli otto mesi, ucciso in un monolocale di Nervi la notte del 15 marzo 2010, è ancora in cerca di verità. La madre Katerina assolta dall’accusa di omicidio e condannata solo per abbandono di minore. Il suo compagno, il broker Giovanni Antonio Rasero, condannato a 26 anni e poi assolto in appello, ma la Cassazione ha da poco annullato e si riandrà in aula a Milano.
«Forse — conclude amara la Bongiorno — si dovrebbe tornare ai vecchi metodi investigativi. Calma, pazienza, ponderazione. Spesso, infatti, sulla spinta mediatica si va a processo con uno spezzatino d’indizi e alla fine non ci sono le prove. Ecco perché tanti ribaltamenti. Si vuol per forza completare un puzzle anche quando le tessere non coincidono...».