Sandra Amurri, il Fatto Quotidiano 2/11/2014, 2 novembre 2014
LA LADY D’ACCIAIO DELLA THYSSEN: “SE SCIOPERATE NIENTE SALARIO”
Oggi è la festa dei defunti. “Io non potrò portare fiori sulla tomba dei miei genitori perché non ho soldi. Non ci hanno pagato lo stipendio e con i pochi risparmi debbo sfamare i miei figli”. Scrive su Facebook uno degli operai dell’Ast-ThyssenKroup di Terni. “Sospeso lo stipendio di Ottobre fino a quando non smetteranno di scioperare”, recita la nota affissa in bacheca, stranamente non firmata dell’amministratrice delegata Lucia Morselli. Ma nonostante le manganellate della polizia subite durante il corteo di mercoledì scorso - come quella che ha provocato il trauma cranico al coordinatore Fiom Gianni Venturi che un video di You reporter ora vorrebbe attribuire a un uomo in borghese con caschetto blu e zainetto in spalle e stipendio negato - gli operai continueranno a lottare. “Non cederemo al ricatto per spaccare il fronte come soluzione della vertenza nella speranza che i più disperati, i separati che debbono pagare il mantenimento a mogli e figli, quelli che hanno un mutuo o un affitto sulle spalle, cedano e tornino al lavoro” spiega Massimiliano Catini delegato Fiom, 17 anni all’acciaieria. E come non definirlo ricatto mettere un operaio di fronte alla scelta fra due diritti, lo stipendio e lo sciopero in difesa del posto di lavoro? “Al ristabilimento della necessaria operatività aziendale, l’erogazione delle retribuzioni di ottobre verrà immediatamente effettuata”, afferma l’Ast nella nota precisando di aver “anticipato”, come dire, eravate stati avvisati, “nel comunicato del 24 ottobre scorso che le difficoltà nello svolgimento delle normali prestazioni lavorative avrebbero potuto comportare un ritardo nella normale erogazione degli stipendi del mese”.
State sereni, termina la nota: “Al ristabilimento della necessaria operatività aziendale, l’erogazione delle retribuzioni di ottobre verrà immediatamente effettuata con priorità assoluta”. Ci sarebbe da ringraziare per tanta sensibilità l’ad Morselli soprannominata “lady di ferro” o “lady d’acciaio” arrivata alla ThyssenKroup il 3 luglio al posto di Marco Pucci dimessosi per andare all’Ilva di Taranto come direttore commerciale. La sua fama di tagliatrice di teste era nota. Alla Berco di Copparo, stabilimento ThyssenKroup, da dove arriva, aveva fatto quadrare i conti mandando a casa 438 persone. A Terni, dove il suo piano prevede la chiusura di uno dei due forni elettrici, sull’altare del profitto dovrebbero essere sacrificati 537 esseri umani, 445 operai e 92 impiegati.
Nata a Modena, 58 anni, sposata senza figli, laureata in Fisica è stata assunta a Finmeccanica poi a Telepiù, socia della Franco Tatò e partners, fino a essere stata incaricata dalla ThyssenKroup di tagliare i costi e rilanciare l’azienda. Di lei dicono: “È una donna che non lascia mai trasparire una briciola di umanità” e non arretra neppure di fronte al rispetto istituzionale. Quando gli operai circondarono la Palazzina per chiederle un incontro, ovviamente negato, restò chiusa in ufficio per 15 ore. Raccontano che al Questore che la invitava ad uscire dalla porta secondaria rispose: “Se ne vada, non è casa sua, questo è territorio tedesco”. Lei sa bene che la sola possibilità di “sbarazzarsi” degli esuberi è frantumare l’unità della lotta. Con questo intento all’una di notte, un freddo cane, si è presentata al presidio della portineria centrale chiedendo agli operai: “Che fate qua? Parliamo tra noi, basta a dar retta ai sindacati”. “È stato un miracolo che nessuno abbia reagito prima che arrivasse la Digos” dice Massimiliano. Lei che, come raccontano, poco prima aveva svegliato il Questore così: “Se hai le palle vieni con me al presidio”.
Ora il governo, dopo le manganellate, torna a promettere il suo intervento. Mentre risuonano le parole scritte da Giorgio La Pira, sindaco di Firenze, a Franco Marinotti, Presidente della Snia-Viscosa (che aveva rilevato la fabbrica di armamenti Pignone con conseguente licenziamento di migliaia di operai): “Come può lei abbandonare al loro destino 3.000 lavoratori? Il capitano non abbandona mai la nave... La vita terrestre è un impegno per gli altri e non per noi: in vista di questo impegno ci sono conferiti gratuitamente i talenti spirituali, economici e fisici che possediamo”.
Gli diedero del “pesce rosso nell’acquasantiera”, del “comunistello di sagrestia”. Lui continuò a difendere i diritti degli operai: “Pane e casa non si toccano”. Nessuno fu licenziato. Era il 1956. Altri tempi. Altri uomini.
Sandra Amurri, il Fatto Quotidiano 2/11/2014