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 2014  novembre 02 Domenica calendario

LA MOSSA DI TOKYO E LA LEZIONE DIMENTICATA

Devo ammettere una cosa: a volte mi sembra che economisti e policymaker abbiano passato gran parte degli ultimi sei anni a procedere a tentoni per capire cose che avrebbero già saputo se avessero letto il mio Brookings Paper del 1998 (bit.ly/1uDT2jO) sulla trappola della liquidità del Giappone. C’è grande confusione se l’equivalenza di Ricardo renda o meno inefficace la politica di bilancio, e meraviglia per il fatto che gli incrementi della base monetaria non abbiano prodotto inflazione o consistenti incrementi dell’offerta di moneta in senso ampio. Era tutto chiaro sedici anni fa, se si ragionava sulla trappola giapponese.
Vedo le stesse dinamiche per il ruolo delle banche in difficoltà: l’Europa ha condotto i suoi stress test, che non sono andati troppo male, eppure leggiamo editoriali allarmati che dicono che forse (ma solo forse) questo certificato di sana costituzione del settore bancario non fermerà lo slittamento verso la deflazione.
È un film già visto. Negli anni 90 tutti pensavano che il problema in Giappone fossero le banche zombie, e che una volta risolto quello tutto sarebbe andato per meglio. Ma nel mio saggio (pp. 174-177) ho analizzato logica e dati a supporto di quella tesi, e non stava in piedi. Lo so, mi incenso da solo. È frustrante vedere tante persone che si mettono a reinventare teorie sballate già confutate tempo fa.
Il deficit è sceso e nessuno lo sa. L’Ufficio bilancio del Congresso ha detto che il disavanzo del Governo federale è sceso, sotto il 3% del Pil. L’economista Jared Bernstein ha osservato che apparentemente nessuno ha fatto i complimenti a Obama. Anni fa molti opinionisti sostenevano che il presidente avrebbe avuto un ritorno politico se avesse fatto la persona adulta e responsabile che fa-quello-che-deve-essere-fatto. E la cosa ancora peggiore è che secondo alcune fonti nella squadra politica del presidente c’era pure chi ci credeva. Erano sciocchezze. Gli opinionisti amano scrivere psicodrammi sulle percezioni dell’elettorato, ma le percezioni reali vanno in altra direzione: molti elettori pensano che il deficit sia aumentato sotto Obama, mentre solo una piccola minoranza sa che è diminuito.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
Paul Krugman, Il Sole 24 Ore 2/11/2014