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 2014  novembre 02 Domenica calendario

DA 15MILA EURO A 7 MILIONI LA FOLLE ASTA DI FIRENZE PER IL VASO DEI MISTERI

FIRENZE.
Sembrava un pezzo fra i tanti, un vaso cinese bello ed elegante, fondo giallo impero con raffinati decori e una selva di simboli taoisti e buddisti. È diventato un caso internazionale, l’asta più incredibile degli ultimi tempi, quasi un giallo. Una storia partita da una base di 15mila euro e arrivata alla cifra record «al martelletto» di 6 milioni e 100mila che salgono, coi diritti d’asta, a circa 7 milioni e mezzo, anzi per la precisione a 7 milioni 445mila euro. Il battitore l’aveva presentato così: «Lotto numero 31, vaso cinese della dinastia Qing, secolo diciannovesimo ». Sala d’aste Pandolfini di Firenze, qualche sera fa. Drappi rossi a Palazzo Ramirez Montalvo, va in scena l’asta dei 90 anni della casa, la stanza al primo piano è zeppa di collezionisti e compratori, un’altra decina sono al telefono, altri ancora collegati in rete su Pandolfini Live, la diretta streaming che consente i rilanci online. È il turno dell’arte orientale, sullo schermo appare il vaso giallo «con i fiori ramages», pesci, pipistrelli e altri simboli ben auguranti.
Quello che succede in un quarto d’ora è da film: una raffica di rilanci che lascia di stucco i presenti. Centomila, duecentomila. Un milione. Un milione e cento. Facce paonazze degli addetti ai lavori che dirigono l’orchestra dei rialzi. Decollo verticale, si sale ancora. Due milioni, tre milioni, quattro, cinque, su di nuovo. Si capisce subito che è un affare fra collezionisti e mercanti cinesi, una gara fra di loro, tutti gli altri stanno alla finestra a sgranare gli occhi. «Ci aspettavamo un buon risultato, ma siamo andati oltre ogni previsione », dice Pietro De Bernardi, amministratore della più antica casa d’aste italiana, la Pandolfini. Thomas Zecchini è il loro esperto di arte orientale, quello che ha scritto la valutazione: pentito? «No, in questo campo succedono questi clamorosi rialzi ». Il vaso apparteneva in passato alla collezione Pasini di Milano e nel 1929 era stato battuto dalla Galleria Scopinich per 3mila lire, cifra notevole per i tempi. Era rimasto a un collezionista milanese, pochi mesi fa gli eredi hanno deciso di venderlo e avevano stabilito una cifra «non inferiore ai 20mila euro». La valutazione sul catalogo è fra i 25 e i 35mila e somiglia, col senno dei poi, a un abbaglio. Il sospetto che nasce davanti alla vertigine dei rialzi milionari è che ci sia sfuggito qualcosa, un particolare che fa del vaso un pezzo unico, un oggetto da museo, anzi da cassaforte blindata. Dario Mottola, altro esperto di arte orientale per la casa d’asta Cambi, concorrente di Pandolfini, dice: «Quando ho visto quel vaso ho pensato: è una copia. Poi, visti i risultati, mi sono venuti dei dubbi: l’autenticità è ribadita dal risultato ». Potrebbe essere un vaso della collezione dell’imperatore Qianlong o, come sostengono alla Pandolfini, si tratta di un apocrifo ottocentesco? Il mistero resta e i punti interrogativi sono tanti. Di certo c’è che, quando verrà saldato il conto, nei prossimi giorni, il vaso prenderà il volo di ritorno per il Paese da cui proveniva, la Cina appunto, dove abita il nuovo proprietario. «È un fenomeno ricorrente — spiega De Bernardi — Lo Stato cinese sostiene i mercanti, li incentiva a riportare in patria gli oggetti preziosi. A Hong Kong hanno costruito un museo, anni fa, senza avere una collezione, la collezione è nata acquistando i pezzi dall’estero ». Fra i precedenti al capitolo arte orientale, si ricorda da Christie’s una giada cinese partita 10mila euro e battuta a un milione e 450mila, alla casa Cambi un paravento da 20mila, arrivato a 2milioni e in un’altra casa d’aste internazionale un minuscolo piatto venduto a un milione e 200mila euro.
Laura Montanari, la Repubblica 2/11/2014