Liana Milella, la Repubblica 2/11/2014, 2 novembre 2014
LA LEGGE SEVERINO CAMBIERÀ ECCO LE MODIFICHE MA SOLO PER I CONDANNATI IN PRIMO GRADO IL GOVERNO: IL RESTO NON SI TOCCA
ROMA.
Colpo a sorpresa sulla legge Severino. Il caso De Magistris, e la sua sospensione da sindaco poi bloccata dal Tar di Napoli che è ricorso alla Consulta, fa riflettere la maggioranza sulla disparità di trattamento tra chi resta fuori dagli organi elettivi dopo una condanna definitiva (vedi Berlusconi) e chi invece viene sospeso anche per una condanna in primo grado (vedi De Magistris). Nel primo gruppo ci sono i parlamentari italiani ed europei. Nel secondo gli amministratori locali. Sarà un’iniziativa parlamentare, e quindi non un intervento diretto del governo, a correggere quella che suona come una discrasia, da una parte a casa solo chi ha sulle spalle una condanna passata ingiudicato, dall’altra sospeso chi invece è stato solamente condannato in primo grado, ma magari poi può essere definitivamente assolto. A palazzo Chigi la futura correzione viene condivisa e commentata positivamente: «Si tratta di una norma di civiltà». Su Repubblica , giusto ieri, ha sostenuto questa stessa tesi il vice presidente del Csm Giovanni Legnini.
Matteo Renzi, in più di un’occasione da quando è premier, ha detto che non può bastare un avviso di garanzia o una condanna in primo grado per mettere fuori dalle istituzioni un esponente politico. Ma chi sta per presentare la modifica al decreto legislativo del dicembre 2012 — comunemente noto come legge Severino perché “figlio” della famosa legge anti-corruzione approvata ad ottobre dello stesso anno e seguita dall’allora Guardasigilli Paola Severino — ci tiene subito a chiarire che non cambierà nulla per i condannati definitivi come Berlusconi. Chi conferma la notizia insiste sulla sottolineatura: «Non cominciamo a fare fantasie sul patto del Nazareno e su un intervento che avvantaggia Berlusconi, per lui tutto resta uguale».
L’ex premier è decaduto dal Senato il 27 novembre del 2013, dopo un voto a larga maggioranza e dopo la condanna a 4 anni nel processo Mediaset del 2 agosto. Resterà incandidabile, come prevede la stessa legge, per sei anni. Forza Italia, da quando è esploso il caso De Magistris e soprattutto dopo la pronuncia del Tar che ha mandato la Severino alla Consulta, parla di due pesi e due misure, uno cacciato l’altro sospeso, e si augura che qualcosa possa cambiare anche per l’ex premier. Ma il capitolo della legge in cui rientra Berlusconi — le regole sull’ineleggibilità per i candidati e gli eletti in Parlamento — non subirà alcuna modifica.
Chi sta per presentare la nuova proposta ci tiene subito a sottolinearlo per evitare che la modifica venga vissuta come «un regalo a Silvio». È destinata a cambiare «solo» la regola per gli amministratori locali, per i quali oggi basta solo una condanna in primo grado per incappare nella sospensione del prefetto, proprio com’è avvenuto per il sindaco di Napoli dopo la condanna per abuso d’ufficio a un anno e tre mesi.
La prima conseguenza della modifica, che accoglie in pieno proprio la tesi di De Magistris (si deve essere sospesi solo a seguito di una condanna definitiva), è che la Consulta, pur officiata dal Tar, potrebbe non doversi più occupare della vicenda perché se la legge viene cambiata proprio in quel punto cade la presunzione di incostituzionalità. Una tutela questa per la legge Severino che altrimenti avrebbe potuto rischiare una pronuncia di parziale incostituzionalità in un punto molto importante che avrebbe potuto anche terremotare l’intera legge.
Va detto però che la decisione del Tar investe anche un altro capitolo delicato, quello della retroattività della stessa legge. Un caposaldo delle norme sull’ineleggibilità che sia De Magistris che Berlusconi contestano, seppure in modo differente. Il sindaco sostiene che quando lui è stato eletto la legge ancora non c’era e quindi l’abuso d’ufficio non era tra i reati che precludevano una candidatura. Berlusconi invece, dopo la decadenza, è ricorso alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, sostenendo che la legge Severino non c’era quando lui ha commesso la frode fiscale per cui è stato poi condannato. Quindi, per lui, la Severino non dovrebbe valere. Avrebbe voluto andare anche lui alla Consulta, ma la giunta per le autorizzazioni del Senato non ha accolto la sua istanza non ritenendola ammissibile. Chi sta per presentare la modifica alla legge, in queste ore, riflette anche sull’opportunità di inserire una norma transitoria, oggi mancante, che chiarisca una volta per tutte che le norme si applicano per il presente e per il passato, nel momento in cui c’è una candidatura oppure c’è una verifica sulle condizioni di possibile decadenza di un componente delle istituzioni.
Ancora da decidere come “camminerà” la modifica. Un intervento autonomo, abbastanza improbabile, oppure un emendamento in una legge in via di approvazione? Questa seconda via sembra la più semplice e soprattutto la più rapida. Soprattutto per evitare una gara rispetto al cammino che farà alla Consulta il ricorso del Tar di Napoli.
Liana Milella, la Repubblica 2/11/2014