Michele Ainis, Corriere della Sera 2/11/2014, 2 novembre 2014
VEDI ALLA VOCE RIFORME SMARRITE
Sarà che siamo tutti un po’ nevrotici, volubili, distratti. Sarà che la memoria non è la prima qualità degli italiani. Ma non ci avevano raccontato che le riforme istituzionali devono precedere quelle economiche e sociali? Non si erano impegnati a liquidarle in un baleno? Certo, ammesso che la certezza trovi spazio fra le categorie della politica. E allora perché nessuno più se ne rammenta? Perché giacciono sepolte in una bara?
Proviamo a salire sulla macchina del tempo. Legge elettorale: timbrata il 12 marzo dalla Camera, al culmine d’una maratona notturna
e di molte polemiche diurne. Ma da 7 mesi chiusa nei cassetti del Senato, che non l’ha mai discussa. Riforma costituzionale: promessa da Renzi entro maggio, poi per giugno, infine approvata l’8 agosto dal Senato, con la minaccia di confiscare le ferie ai senatori. Nel frattempo sono andati in vacanza i deputati, perché alla Camera la riforma è ferma al palo. Regolamento della Camera: un anno di lavoro per generare un testo, poi sommerso da oltre 300 emendamenti. La prossima seduta cadrà dopo il 15 novembre, ma i 5 Stelle e Forza Italia non ci stanno. Vogliono attendere il nuovo bicameralismo, per non rischiare incoerenze.
Da qui il dubbio che tormenta la politica: nasce prima l’uovo o la gallina? Da qui la
nostra unica certezza: anche per oggi, non mangeremo l’uovo e non vedremo razzolare
la gallina. Non è affatto vero, però, che nel dubbio la politica stia con le mani in mano. No, su ogni riforma rimugina, riflette, ripensa. E cambia idea come san Paolo sulla via di Damasco. L’ Italicum ? Premio di maggioranza alla coalizione, anzi alla lista. La riforma costituzionale? Licenziata con l’impegno del governo di modificarla su aspetti per nulla secondari, come l’elezione del capo dello Stato. Significa che i mezzi risultati fin qui raggiunti sono in realtà falsi risultati. La revisione della Costituzione richiede 4 letture; ma se la seconda correggerà la prima, ne serviranno 5. Quanto alla legge elettorale, se cambia il suo principio fondativo toccherà riscriverla.
«Ci vorrebbero degli dei per dare leggi agli uomini», diceva Rousseau. Se ci fosse, questo dio legislatore scriverebbe prima le norme costituzionali, poi i regolamenti parlamentari, poi la legge elettorale. E magari con l’ultima riga d’inchiostro detterebbe pure una legge sui partiti. Invece quaggiù c’è al lavoro un diavoletto, che forse ha deciso d’anteporre la legge elettorale a tutto il resto. E forse il resto è un’elezione in primavera, con un sistema che presume l’abolizione del Senato, perché l’ Italicum vale solo per la Camera. Dal paradiso all’inferno, ma dopotutto ci siamo abituati.