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 2014  novembre 01 Sabato calendario

«IO VOLTO DELL’ITALIA NON CREDEVO FOSSIMO COSÌ AVANTI»

[Intervista a Valentina Diouf] –

DALLA NOSTRA INVIATA BUSTO ARSIZIO Evaporata la sbornia Mondiale (più amore che medaglie, ma non è da tutti), Miss Italia è tornata a farsi le ossa in provincia. Yamamay Busto, 5 mila spettatori a match, favorita al titolo (il campionato da domani) con Piacenza, Modena e Conegliano. Non sarà il sold out del Forum, ma è tanta roba. «L’entusiasmo del Mondiale va alimentato: sarebbe un delitto sprecarlo». Valentina Diouf, da lassù (202 cm), a 21 anni vede il mondo con chiarezza. Mamma di Settimo Milanese, papà senegalese oggi ingegnere informatico a Memphis: «Ho due nuovi fratellini, 1 e 3 anni, che non ho mai incontrato. La prossima vacanza, è deciso, negli Usa». Archiviata l’era dei calendari, pensionate (?) le veterane, è valediouf (una parola) la nuova faccia del volley italiano. «Stranissimo...» obietta lei.
Perché Valentina?
«Perché sono una razza mista, non la tipica mora. Non mi sento bella: troppo alta e poco magra per i canoni. Però, forse, sono la rivincita sull’ignoranza e sul razzismo. Penso sia un bel passo per l’Italia. Non credevo fossimo così avanti...».
Sorpresa. È pronta a rappresentarci dopo Piccinini e Lo Bianco?
«Ho la fortuna di chiamare lavoro ciò che più mi piace. Andare in tv mi diverte. Come mi vedi, sono. Velina no (e chi mi prende?), però un futuro da presentatrice non mi dispiace. Alle Iene, magari, o dove c’è un po’ da ridere».
Dimensioni importanti, leggera dentro.
«Peace and love è il mio motto. Mamma mi ha insegnato a vivere col sorriso. L’ho presa in parola: mi sono fatta tatuare joie de vivre sotto il seno ma poi lei si è arrabbiata!».
Non vale.
«Infatti ho anche una coccinella sull’inguine».
Il colpo di fulmine con il volley?
«A 6 anni, guardando i cartoni di Mila e Shiro».
Anche lei? Ma negli anni 80 non era nata...
«Ho visto le repliche».
Mai provato il basket?
«Non mi piace il contatto fisico. E nemmeno l’invidia di certe cestiste italiane...».
Parliamone: sui blog si è scatenato l’inferno.
«Imbarazzante. Davvero non capisco critiche così cattive da parte di colleghe del basket. Vengano a vedere il mazzo che ci facciamo in palestra, coi pesi, in allenamento. Noi ci trucchiamo? Che si mettano il mascara pure loro! Noi abbiamo pantaloncini attillati? E che chiedano alla federazione di cambiare look! Sono attonita. Forse il loro problema si chiama gelosia».
Certo i record d’ascolto sulla Rai se li scordano.
«Però i diritti della Champions sono ancora invenduti. Non c’è solo il Mondiale. Il campionato è di alto livello, in Europa ci faremo valere: è importante dare continuità all’onda mondiale. Non siamo sparite. E tra due anni c’è Rio».
Ci vediamo in Brasile?
«Speriamo. Bonitta è tosto ma io mi sono trovata bene. Ero riserva, mi sono ricavata spazio».
Modesta: ha chiuso con numeri da cinese.
«E pensare che da ragazzina non la beccavo mai. Crescevo troppo in fretta, anche 7 cm in un mese. A 15 anni, già 2 metri, ero scoordinatissima! Quando mi sono stabilizzata ho cominciato a capirci qualcosa».
Perché la pallavolo femminile ha fatto il boom?
«Perché è uno sport pulito, senza doping né scommesse. Chiunque può riconoscersi in noi: al Forum le ragazzine urlavano come a un concerto rock. Una figata pazzesca».
Idoli da bambina?
«Le Spice Girls. Nessun mito sportivo. Non voglio somigliare a nessuno. Però alla Picci o alla Leo chiedo consigli».
Fidanzato calciatore?
«Per carità: il calcio mi fa venire sonno, mai stata a San Siro. Anzi, sono contro l’invadenza del pallone. I tweet dei calciatori? E chissene... Da 5 anni sto con Maurizio, giocatore di basket, ma siamo in una fase di stallo. Quelli sotto i 2 metri non li vedo nemmeno».
Pare che a fine Mondiale un ammiratore abbia regalato, a tutte, un gioiello.
«Confermo: un solitario. Ero imbarazzatissima...».
Grande lettrice (thriller, tutto Zafòn). E la scuola?
«Ho studiato tra Milano, Roma e Bergamo, seguendo il volley. Sono ragioniera ma mi sento una capra. Chiuso con lo sport studierò economia o marketing. Ora no: meglio fare una cosa, bene, per volta».