Il Post 1/11/2014, 1 novembre 2014
L’UOMO CHE USA TWITTER PER RICORDARSI LE COSE
Il 22 novembre del 2010 Thomas Dixon, statunitense oggi di 29 anni, fu investito da un’automobile mentre correva vicino alla casa dei suoi genitori, nei dintorni di Philadelphia. Rimase una settimana e mezzo in terapia intensiva: i medici non sapevano se sarebbe sopravvissuto o meno. Il suo cervello non aveva perso sangue né si era gonfiato: nonostante questo, come ha raccontato lo stesso Dixon, i medici si accorsero abbastanza velocemente che non tutto era a posto. Dixon aveva subito dei danni alla propria capacità mnemonica: tutt’oggi non riesce a ricordare cosa sia successo due giorni prima: «Non posso nemmeno dire con certezza di sapere cosa mi sia successo ieri».
La patologia di cui soffre Dixon, come spiega un articolo del magazine online NewsWorks, è differente dalla costante perdita di memoria a breve termine rappresentata in film come 50 volte il primo bacio o Memento: la memoria di Dixon non viene “resettata” ogni giorno. Ad essere danneggiata è la sua memoria episodica: cioè, come spiega lo stesso Dixon, «paragonando la propria vita a una serie televisiva, è la capacità di ricordare cos’è contenuto in ogni singolo episodio», quindi fatti precisi accaduti anche solo alcune ore prima.
Nei giorni successivi all’incidente, quando i medici dell’ospedale in cui era ricoverato capirono che la sua memoria poteva essere rimasta danneggiata, i medici diedero a Dixon un blocco per prendere appunti e una penna: per diverso tempo Dixon si svegliava alla mattina e trovava al proprio fianco «il blocco di appunti con scritte cose come “Hai avuto un incidente. Ora sei in convalescenza. La tua famiglia verrà a visitarti alle 17″».
Dixon racconta di avere utilizzato il blocco degli appunti per circa un mese. Poi, un giorno decise di cambiare sistema: «notai quanto fosse assurdo che mi era stato detto di scrivere a mano quando tutti noi ci portiamo in giro lo smartphone». Dixon decise così di provare a twittare la sua stessa memoria. Aprì un account Twitter privato, vale a dire un account che non è visibile a nessuno a meno che il suo titolare non decida diversamente. Oggi da lì Dixon twitta tutte le cose che gli capitano durante il giorno: per avere un’idea di cosa abbia fatto il giorno precedente, scorre semplicemente la timeline del proprio profilo. Per cercare una cosa precisa fra tweet meno recenti, scarica l’intero archivio dei tweet – finora ne ha fatti circa 22mila – e compie delle ricerche con parole chiave.
Dixon si appunta le cose che sta leggendo, che tipo di caffè ha ordinato – la parola “caffè”, come racconta un articolo pubblicato ieri dal magazine FastCoLabs, ricorre 240 volte nel suo archivio – e con quali persone ha chiacchierato. Dixon annota anche alcuni particolari della propria vita sessuale: in coreano, così da evitare che qualcuno li legga per sbaglio quando si trova in pubblico.
Dixon non utilizza solo Twitter per ricordarsi della cose: per testi lunghi e materiale da lavoro utilizza la mail. Il calendario del suo iPhone è pieno di promemoria. Inoltre preferisce scriversi con le persone via mail o in un’altra forma scritta, piuttosto che parlare al telefono: in questo modo gli è più facile ricostruire il contenuto di una certa conversazione. Prima dell’incidente Dixon non aveva mai usato Twitter, nemmeno nel modo “tradizionale” (ancora oggi segue solo tre persone, e non è seguito da nessuno). Lo considera perfetto per ospitare le informazioni riguardo la propria vita, spiegando che «funziona allo stesso modo della memoria episodica».
Dixon ha spiegato a NewsWorks che si considera molto fortunato ad aver subito l’incidente in un epoca in cui esistono Twitter e altre applicazioni che hanno contribuito a migliorargli la vita: «se non avessimo raggiunto il livello tecnologico di oggi, se insomma fossi vissuto vent’anni fa, avrei avuto dei seri problemi». Parlando con FastCoLabs, Dixon ha detto di disporre «allo stesso tempo di una migliore e di una peggiore memoria rispetto a quella di qualsiasi persona che abbia mai incontrato».
Dixon – che si è laureato a maggio in psicopedagogia – ha inoltre cominciato a pensare di sviluppare un’unica applicazione in grado di aiutare altre persone che soffrono di problemi di memoria, che spesso vengono incoraggiate dai medici a utilizzare sistemi simili a quello adottato inizialmente da lui. L’applicazione si dovrebbe chiamare MEmory e Dixon ha contattato alcuni sviluppatori per aiutarlo a realizzarla. Nel frattempo spera di trovare lavoro come consulente per strutture che si occupano di pazienti con disturbi simili al suo, poiché, sostanzialmente, «non vengo assunto in giro perché non riesco a ricordare cosa è accaduto ieri».