Paolo Mastrolilli, La Stampa 1/11/2014, 1 novembre 2014
JONI, LA SOLDATESSA CHE SFIDA OBAMA “IN IRAQ SBAGLIA TUTTO, FACCIA LA GUERRA”
È qui che la giovane Joni castrava i maiali, forse. Comunque sia, questi maiali potrebbero consegnare la maggioranza del Senato ai repubblicani, se il 4 novembre l’Iowa deciderà di eleggere la veterana dell’Iraq, Ernst, che già invita a «riflettere sulla necessità di rimandare i nostri soldati a terra, per correggere gli errori di Obama e fermare i terroristi».
Tutto è cominciato quando il democratico Tom Harkin, per una vita senatore dello Stato che con i caucus avvia la corsa alla Casa Bianca, ha deciso di ritirarsi. All’inizio i repubblicani puntavano su altre regioni, per togliere al partito di Obama i sei seggi di cui hanno bisogno per prendersi anche la Camera alta: Montana, West Virginia, South Dakota, e poi Arkansas, Louisiana e Alaska. Ora però hanno capito che Bruce Braley, il candidato rivale, è vulnerabile, perché la «heartland» si sta ribellando. Il Partito democratico ha conquistato le due coste atlantica e pacifica, e al Sud fa progressi grazie all’immigrazione ispanica. Nel Midwest, però, non è riuscito a sfondare, e qui il Gop cerca di costruire la sua riscossa, anche in vista delle presidenziali del 2016. Basti sapere che Nate Silver, mago nel calcolo delle probabilità elettorali, ha scritto che l’Iowa sarà la chiave delle elezioni Midterm: se perde qui, l’Asinello non ha un’altra strada per conservare la maggioranza al Senato, e dovrà avviare subito un vero terremoto interno se vorrà essere competitivo fra due anni.
La persona che sta cambiando gli equilibri, almeno nell’Iowa, è Joni Ernst, che punta a diventare la prima senatrice donna nello Stato di John Wayne, battendo i democratici proprio sul loro terreno prediletto della diversità di genere. È nata qui, tra le fattorie di Red Oak, il paese che vanta più caduti pro capite nella Seconda Guerra Mondiale. Per oltre vent’anni, infatti, ha servito nella riserva dell’esercito e nella Guardia nazionale, diventando tenente colonnello. Schierata in Kuwait all’inizio della guerra in Iraq, gestiva la logistica dei rifornimenti. Nella vita di tutti i giorni, però, fa la politica: senatrice nel Parlamento dell’Iowa. Una famiglia perfetta, col marito Gail ex militare, e la figlia Libby al liceo.
Nessuno l’aveva notata, però, fino a quando ha registrato uno spot televisivo dentro una fattoria: «Da ragazza - diceva - il mio compito era castrare i maiali. Porterò questa mia esperienza a Washington, per tagliare le spese del governo». Da quel momento la sua popolarità è esplosa, seguita da una serie di dichiarazioni sempre più estreme: «L’aborto va vietato in tutti i casi, anche lo stupro, e i medici che lo praticano vanno puniti». E poi: «Io porto sempre nella borsa una Smith & Wesson calibro 9 millimetri. Mi serve per proteggere la mia famiglia dagli intrusi, ma anche per difendermi dallo Stato, se decidesse che i miei diritti non sono più importanti». E ancora: «Dobbiamo abolire il fisco, il ministero dell’Ambiente e quello dell’Istruzione, perché costano e fanno solo danni». Inutile soffermarsi su cosa ha detto della riforma sanitaria di Obama: un altro spot la mostra mentre usa la pistola per abbatterla. Barack secondo lei «è un dittatore», mentre «l’Agenda 21 dell’Onu punta a espropriare la terra agli abitanti dell’Iowa». Così si è guadagnata l’appoggio del Tea Party, e una visita in sostegno alla sua candidatura di Sarah Palin. Ora i sondaggi la danno testa a testa con Braley.
Il suo vicino di casa, però, in giardino ha piantato i cartelli del candidato democratico e racconta tutta un’altra storia. Si chiama Jim Peterson, è democratico, e nei giorni scorsi ha ricevuto una visita dall’avvocato di Harkin, che cercava informazioni compromettenti sulla Ernst: «È una brava vicina, ma mente su tutto. Nel quartiere l’abbiamo soprannominata “Phony Joni”», cioè Joni la falsa. E perché? «Tanto per cominciare, non ha mai castrato alcun maiale: la fattoria era di suo zio, e lei passava le giornate a leggere libri. Anche la storia della famiglia perfetta è una bufala: quando era in Iraq ha avuto relazioni extraconiugali, e la figlia Libby la detesta, perché non era mai a casa e non le ha fatto da madre. L’ha sacrificata alla politica, e ora Libby è una giovane selvaggia piena di problemi. Joni la mandava a scuola a Stanton, il paese qui vicino dove c’era la fattoria di famiglia, perché pensava che gli istituti di Red Oak non fossero abbastanza buoni: ma allora perché non ha cercato di migliorarli? Ha sempre pensato solo ai fatti suoi». Anche il conservatorismo, secondo Jim, è inventato: «Non crede alle cose che dice, ma le ripete perché la fanno salire nei sondaggi. I soldi glieli danno i fratelli Koch, i famosi petrolieri che stanno orchestrando una campagna conservatrice in tutto il Paese, in odio al nero Obama». Se i parenti sono serpenti, i vicini sono killer.
Il Gop però crede in Joni e si è mobilitato per farla vincere: ieri grande cena col senatore Rubio, oggi giro in bus con John McCain. «Abbiamo bisogno di lei in Senato», dice l’ex rivale di Obama alle presidenziali del 2008, durante uno stop nel paesello di Mt. Pleasant, 10.000 anime dedicate all’agricoltura. «Ci serve - aggiunge - per mettere un argine ai pericolosi errori del capo della Casa Bianca».
Joni infatti punta sul tema della sicurezza, oltre alla promessa di riportare in pareggio il bilancio dello Stato: «Sono stata schierata in Iraq con i migliori giovani dell’Iowa, e ora lo abbiamo riconsegnato ai terroristi. Dovremo rimandare i soldati sul terreno, per strapparlo ai terroristi ed evitare guai peggiori». La gente applaude ed esce in strada a firmare i pannelli del bus, per testimoniare l’impegno a farla vincere. Poco importa che il giornale locale, il «Des Moines Register», abbia appoggiato Braley perché lei si è rifiutata di rispondere alle domande dei suoi editorialisti. «Quelli sono i vecchi media compromessi col potere», dice Maureen del Cast Iron Café di Stanton, dove la Ernst va a mangiare il polpettone la domenica dopo la messa: «Joni, invece, è la rivoluzione».
Paolo Mastrolilli, La Stampa 1/11/2014